Cristo si è fermato all’uscita di Capaci

Passare sedici anni della propria vita in un funnu i piecuri nuoce gravemente alla salute. Se poi il bucolico eremo a cui ho accennato altro non è che il paese per eccellenza esonerato dall’evoluzione, dove se parli in italiano ti guardano come uno straniero e in cui, per molti, “la mafia è cultura” (come affermò in un’intervista a TeleOccidente il proprietario di un sinistro negozio di frutta, dove, sì, accanto alle banane, ai fedeli/clienti venivano vendute Bibbie… e  riviste sacre di gossip celestiale) la faccenda risulta ancor più degna di compassione/comprensione. Certo, crescere a Bergamo alta sarebbe stata di gran lunga un’esperienza peggiore, penserete voi. Ma posso con fermezza assicurarvi che stare in mezzo a gente che si passa case case una testa insanguinata del Cristo dentro una teca di vetro per pregarci intorno è altrettanto IMG_4671inquietante.

Aspettare il liceo per aprire gli occhi su un mondo nuovo, fatto di cinema, centro città, locali, negozi e… gente che parla la tua lingua. Scoprire che altrove i funerali non sono eventi mondani che interrompono la routine quotidiana, che le processioni non sono l’unica occasione per vedere sbucare fuori da casa la gente, come i babbaluci quannu chiuovi; accorgersi con piacere che non sei un’aliena, ma che ci sono altre persone che come te sanno che Dio non prese il fango ci sputò sopra e nacque Adamo. Ti guardi intorno e non vedi più vestiti della domenica. Non ci sono le pecore per le strade, ma semafori. Non ci si accoppia fra consanguinei per proteggere le proprietà. E Padre Pio non governa la tua esistenza.

Il roussoviano ritorno alla natura, la ricerca della vita tranquilla di campagna lontano dallo smog, i panorami mozzafiato, il costante fetore della merda di vacca (che tuttavia, secondo le nonne, ha il potere magico di guarire la pertosse), releghiamoli alla letteratura. Sempre che Federico Moccia ci lasci lo spazio.

6 thoughts on “Cristo si è fermato all’uscita di Capaci

  1. Non sono cresciuta in campagna, ma posso dirti che la merda di vacca, a 2 anni, mi ha salvato la vita! A quanto pare le nonne non sempre sbagliano!

  2. Non sono un medico,dunque non posso disquisire sulla veridicità o meno di talune credenze popolari. In compenso posso affermare con certezza che mia nonna tentò più volte di combattere la mia proverbiale stitichezza con rametto di prezzemolo inserito nell’apposito antro anale…Beh,non funzionò.

  3. Il rametto di prezzemolo è molto fino, quindi la sua penetrazione è indolore e non causa traumi.
    La sua azione è quella di stimolare fisicamente (e non chimicamente, quindi potrebbe essere sostituito con qualsiasi altra cosa della stessa consistenza) le pareti del retto e stimolarlo a contrarsi e a fare uscire fuori le feci. O almeno così ho capito…
    La vita “paesana” purtroppo però non esiste solo nei paesei, ma almeno a Palermo, anche nei quartieri, soprattutto se periferisci, spesso abbandonati alla loro segragazione sociale.
    All’Albergheria per esempio tutti conoscono tutti, ma non tutti conoscono qualcosa al di fuori dell’Albergheria. Non è difficile trovare in quartieri come questi generazioni radicate negli anni.

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