Quannu i balati ra Vucciria s’asciucanu*

boucherie

foto di G. Giaramita

testo di Manuela Lino

“Vuccirìa” deriva dal francese boucherie, macelleria, e indica in origine una zona di Palermo in cui, all’epoca della dominazione angioina, si vendeva soprattutto carne. Col trascorrere del tempo, la zona del macello di spostò nei pressi di piazza S.Onofrio, e la Vucciria da macello divenne piazza di grascia (ossia generatore di sporcizia), mercato eterogeneo, teatro delle abbanniate (grida) dei venditori delle merci più diverse, e si estese alle piazze Caracciolo e Garraffello. Vucciria diventò quindi toponimo, sebbene il mercato non fosse più esclusivamente un mercato di carne.

Oggi la parola “vucciria” significa, in dialetto siciliano, “confusione”. La confusione, durante il giorno, è ancora quella delle bancarelle del mercato, che si sviluppa in viuzze e piazze gremite di venditori e acquirenti, e un po’ meno quella delle abbanniate, che è più facile sentire altrove (per assurdo è più facile sentire un venditore di maglioni urlare al mercato rionale, che non un pescivendolo alla Vucciria!). Passare una mattina alla Vucciria significa perdersi in odori e colori inediti, sgargianti, aggressivi e poetici, camminare in mezzo alle bancarelle, guardare le facce dei venditori e delle venditrici, confondersi a contare i sacchi di legumi, o i pesci sui banchetti, tentare di non scivolare sulle balate (mattoni della pavimentazione), rimanere ipnotizzati dalla geometria della frutta, scoprire che il cielo alle volte fa fatica ad arrivare, qua sotto, nei vicoli.

La notte la Vucciria si trasforma. I banchetti si ritirano, le saracinesche si chiudono, ma la vita continua a pulsare nei bpm della dance hall a cielo aperto più grande d’Europa. Piazza Garraffello, infatti, il sabato notte diventa una grossa scatola senza coperchio piena di luci, colori e musica. “Una discoteca en plein air” la definisce qualcuno, ma io non userei la parola discoteca così a cuor leggero. Piazza Garraffello rimane una piazza, ai bordi trovi lo stigghiolaro (venditore di stigghiole) , i cassonetti della munnizza (spazzatura), e dall’altro lato la Taverna Azzurra, e altri localini nei quali acquistare un bicchiere di zibibbo a un euro, o una birra, o un cocktail. Poi c’è la console, e lì dietro giovani dj che scelgono la colonna sonora della serata, reggae di solito, ma anche elettronica e trash. Davanti alla console una folla di corpi, mani-gambe-braccia-teste-pance, in movimento, a ondeggiare a ritmo, a brindare alla propria età, che alle volte fa male, ma il sabato notte un po’ meno, ai propri gusti, che per fortuna ti portano lontano dai soliti giri di soldi, e qui puoi essere felice senza pagare una drink card.

E allora ti ritrovi lì, nel posto più fatiscente del mondo, ma c’è la musica, e l’odore di cibo, e il vino nei bicchieri, e i disegni di Uwe sulle pareti, che almeno uno al mondo ti ama, e ti capisce, anche se viene da altri climi, e ti sembra il posto più bello del mondo, il più vivo.

E già lo senti il monito severo dell’età adulta che arriva, del tuo tempo che passa ed è sempre peggio, della speranza che di telegiornale in telegiornale muore, e senti la puzza dei cassonetti, e li vedi i palazzi crollati, nel cuore del centro. E lo sai che quelli non sono solo palazzi crollati.

Però un’artista ci ha costruito sopra un’opera d’arte. I fumi della carne arrosto coprono tutte le puzze (anche per una vegetariana integralista). Quella musica la puoi sentire solo lì, che andare altrove è come stare in un videoincubo di mtv. La notte è tiepida, e molti attorno a te sorridono, e sono visi amici, anche se non li conosci.

E allora il sabato notte, qualunque cosa sia successa nella settimana precedente, sei lì, a fare vucciria.

*sic. per “quando i mattoni della Vucciria si asciugano”, che è un modo per indicare un fatto dalla bassissima probabilità di accadimento. Pare infatti che a causa dei liquidi fuoriusciti dai banchetti del pesce, la pavimentazione della Vucciria sia costantemente scivolosa.

9 thoughts on “Quannu i balati ra Vucciria s’asciucanu*

  1. Nessun’altro posto è come la Vucciria. Scendendo quelle scale, girovagando per quelle piazze e quelle viuzze che solo apparentemente sono tutte uguali, ci si ritrova in un mondo a parte, una realtà parallela con una doppia vita. Una doppia vita fottutamente affascinante. Forse anche tripla, quadrupla. E la sua magia ti avvolge e tu la lasci fare, perché in fondo ti sta bene così. Almeno per ora.
    Forse fra un po’ di tempo comincerò anche io a scorgere i palazzi crollati, la munnizza agli angoli della piazza, le bottiglie che galleggiano nella fontana e a sentire la puzza camuffata da odore di stigghiole. Forse. Ma comunque non ora.

    ps: mi sembra di aver letto da qualche parte, preparando l’esame di geografia, che Guttuso si facesse consegnare nel suo studio delle mercanzie tipiche della Vucciria per dipingere il suo famosissimo quadro che rappresenta, appunto, il mercato palermitano.

  2. Ma chi è quel cornuto che ha fatto quel graffito con lo spray rosso? Bisognerebbe farglielo cancellare. Ma con la lingua!!!!!!!!!!!!!!

  3. Questa piazza è un monumento del degrado a cui il sig. Renato Guttuso ha contribuito in maniera sostanziale. I turisti vengono in questa piazza solo per constatare quanto Palermo si trovi fuori dal mondo. Il rifacimento di questo palazzo apre effettivamente uno spiraglio di luce in questo posto dimenticato da Dio. Ma la strada è ancora lunga…..

  4. Ma chi è quel cornuto che ha fatto quel graffito con lo spray rosso? Bisognerebbe farglielo cancellare. MA CON LA LINGUA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

  5. Ma chi è quel cornuto che ha fatto quel graffito con lo spray rosso sulla mia macchina????? Bisognerebbe farglielo cancellare!!! MA CON LA LINGUA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

  6. è un artista si chiama renato guttuso, e l’opera fa parte di un’installazione che bisognerebbe vedere come un tentativo di riqualificazione del territorio come la tua macchina.

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