Zeta Lab: l’importanza di “essere là dove le cose accadono”

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Scontri durante lo sgombero dello Zeta Lab – un diverso spunto di riflessione

Ho avuto modo di guardare il video dello sgombero del Laboratorio Zeta e, nonostante lo sdegno per le cariche improvvise della polizia e l’immotivata violenza che ne è scaturita, vorrei fare alcune riflessioni, cosciente del fatto che potrebbero risultare impopolari.
Davanti ai miei occhi c’erano poliziotti in tenuta antisommossa, che stringevano nervosamente i loro scudi, tesi…come se fossero in procinto di scontrarsi con un esercito. Dall’altra parte c’era la gente, senza passamontagna, con il volto scoperto. Alcuni di loro cercavano un dialogo con i robocop de no’antri. Un numero sparuto di persone che avrebbero voluto solo le forze dell’ordine dalla parte della giustizia. Che fossero “vicini alla gente”, così come recita un loro motto.
Evidentemente ordini dall’alto, paura di disobbedire per poi ritrovarsi in mezzo ad una strada, una buona dose di fanatismo e smania di onnipotenza, hanno anche questa volta impedito ai poliziotti di essere i paladini della parte lesa.
Ad un certo punto del video però, prima e dopo le cariche, si sono alzati i soliti cori anacronistici, prestampati per queste occasioni: “Assassini!” oppure “ Siete dei servi!” o peggio, “Fascisti!Fascisti!” o “Sbirro coglione!”. Ritengo che certi appellativi siano del tutto fuori luogo. Sono la prima a  condannare gli abusi di potere della polizia, il fanatismo in stile camicie nere, ma sinceramente ormai parole come “fascista” o “comunista” non hanno più alcun significato ai miei occhi. Io aborro queste classificazioni banali, che vengono tirate fuori come un copione, ad ogni corteo, ad ogni protesta. Basta! Tutti siamo andati ai concerti dei 99 Posse, tutti abbiamo sproloquiato di lotte di classe e di servi dello Stato…al liceo. Delle persone adulte, quali credo che fossero i manifestanti, avrebbero dovuto trovare altre cose da dire, senza bisogno di insulti e slogan da ragazzini che vanno alle manifestazioni giocando a fare gli sfasciati, con il Tavernello in mano e le scarpe da 200euro ai piedi.
Gandhi ha liberato una nazione con la non violenza, sia fisica che verbale. Non credo che a quel tempo la polizia ci andasse giù leggera. Non si parlava neanche di diritti umani allora. Manifestazione pacifica significa che le forze dell’ordine si schierano, picchiano e la gente rimane dov’è, seduta, impassibile e ferma. Così gli indiani si sono guadagnati la libertà. Urlando e contrattaccando ci si fa solo del male e si istigano quei pitbull addestrati alla ferocia.
“Chi è il compagno che hanno preso?”, si sente ad un certo punto nel filmato. Siamo tornati al ’68 e nuddu u sapi. Bello.

Vorrei infine ricordare che comunismo e fascismo sono accomunati dal suffisso “–ismo”. Chi ha studiato al liceo classico sa che l’origine semantica di questo suffisso non indica l’ideologizzazione di valori culturali o sociali, come molti credono, ma la loro esasperazione. Questo suffisso è infatti utilizzato per tutto ciò che riguarda l’estremizzazione di un concetto.

Questa mia riflessione magari è un po’ fuori tema rispetto a quelle elaborate dagli altri membri de L’Abattoir. Tuttavia ho ritenuto inopportuno ripetere tutto ciò che era stato detto (e che ovviamente condivido) e ho preferito soffermarmi su un aspetto che spesso si sottovaluta. E che, a mio avviso, è quello che fa andare a puttane tutte le proteste, proprio perché con simili atteggiamenti non veniamo presi sul serio.

6 thoughts on “Zeta Lab: l’importanza di “essere là dove le cose accadono”

  1. Brava Valentina, che fa lavorare il cervello, e soprattutto l’area deputata alla critica. Mi piace il tuo approccio alla cosa.
    Solo su una cosa non sono d’accordo: quando dici che le forze dell’ordine attaccano, e tu rimani seduta e impassibile. Idealmente fila, perchè loro rimangono dalla parte del torto, e noi rimaniamo puliti, soltanto con qualche livido e qualche naso spaccato. Ma penso sia umanissimo reagire a uno bardato come un cavaliere medievale che ti viene addosso con un manganello. Non tenti di picchiarlo, probabilmente, ma scappi, tenti di liberarti. E se prendono la tua amica? E la picchiano? Di certo non stai a guardare, urli qualcosa, allora “Assassini!” magari ti viene in mente, assieme ad altri insulti abbastanza standard.

    Sul resto non ci piove. Spesso ci sono esaltati anche dalla “nostra” parte. Gente che si illude di andare contro il sistema, ma è soltanto un’appendice, e nemmeno infiammata, del sistema stesso. Sono la scusa per i caschi e i manganelli, sono previsti, sono standard anche loro.

    E’ vero che gli “-ismi” sono patologie, ma l’ideale comunista, quello di Marx, o di Lenin, così lontano da quella che è stata l’applicazione pratica, così lontano da Stalin e dai piani quinquennali, così lontano da “Rifondazione Comunista”, e da tutti noi, secondo me merita rispetto. (E al contrario del fascismo, non nasce da una dittatura, ma ne teorizza una, del proletariato, che all’atto pratico dovrebbe essere molto diversa da quello che è stata la Storia). E non mi vergogno di dire che sono comunista, che penso comunista, anche se non lancerei mai sassi sulla polizia, nè vorrei uno Stato che decide dove devo coltivare i miei pomodori.

  2. Per quanto riguarda il discorso di “assiettati e zittuti”, diciamo che era sottinteso l’idealmente parlando…Io non sono per niente come Gandhi,anzi, più come Hulk se m’incazzo :)
    Per il resto,anche io rispetto l’ideale del comunismo ed è ovvio che il mio cuore è a left ideologicamente parlando… anche se, come ben sai(o bon sai ahaha), ho una grande ammirazione per il Nano più alto del mondo e ho una sua gigantografia nella casa di Barbie.

  3. come diceva MIchele qualche post fa, è anacronistico usare manifestare come anni fa, quando i partiti erano fondamentalmente due e allora si poteva parlare di Comunismo Reale Italiano, nettamente lontano dalle sue origini dittatoriali o rivoluzionarie. Quindi, se oggi il Pci o Rifondazione non prendono neanche una degna percentuale di voti un motivo c’è e sarà riscontrabile nella mediocrità degli uomini politici, anche di quella fascia. Comunismo o non comunismo, a me pare che sia troppo semplice affidarci ad ideologie potenti ma che hanno fatto il loro tempo. Preferirei molte volte non vedere nessuna bandiera di partito alle manifestazioni. Sarà che penso che i partiti, secondo me, si fanno vivi solo quando c’è da guadagnarci qualcosa.

  4. Gli atteggiamenti stereotipati e folkloristici non fanno altro che dare ragione ai soliti etichettatori, ma se guardi bene chi chiede chi sia il compagno non è un ragazzino ma una persona grande, di quelli che nel ’77 sognava l’arrivo finalmente del comunismo eterno.
    Io sono troppo individualista per essere un compagno, ma capisco che chi milita nello stesso partito trovi comodo farlo.
    Per quanto riguarda la nonviolenza posso dire che è veramente difficile da capire nelle sue logiche che la sua pratica richiede un continuo lavorare su di sé quotidianamente, per controllare sia la reazione di fuga che quella di attacco, personalmente non credo di riuscire a mentenere la freddezza ma non saprei neanche quale delle due reazioni avrei.

  5. Inoltre per quanto riguarda la polizia, pensiamo alle parole di Pasolini: “Quando
    a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti io simpatizzavo coi poliziotti. Perché i poliziotti sono figli dei poveri”

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