Fermenti artistici vivi: lo stato dell’arte

di Antonio Saporito Renier

Tra le tante cause comuni delle politiche parlamentari degli ultimi quindici anni, la società registra l’ininterrotta lettura dell’arte e della cultura come capitoli di spesa piuttosto che come una risorsa finanziaria e d’investimento. Ciò ha ovviamente causato un progressivo e costante ridursi delle risorse economiche destinate alla Cultura nel Bel Paese, vuoi che si trattasse di teatri, librerie, Gallerie d’arte, musei, piuttosto che scuole e Università.

Probabilmente, nella dorata superficialità di una classe dirigente figlia dell’agiatezza del debito pubblico, si è voluto ritenere che il Paese Italia fosse già in grado, viste le sue bellezze naturali e storiche, di far fronte, autonomamente dalla politica, alle aspettative mondiali sia culturali che turistiche, tra un vibrare di mandolino europeo e una visitina a Montalcino. Ovviamente non è andata così.

Oggi la Cultura boccheggia per asfissia dentro uno yogurt cultural-politico che, a beneficio unico ed esclusivo della grande distribuzione – pubblica o privata? Mah?! – registra il più basso tasso europeo di lettori abituali anche di un solo libro l’anno (il 32% contro l’83% dell’Inghilterra), l’incessante chiudere di librerie indipendenti, dei piccoli editori di grande qualità, delle Gallerie d’arte private, del progressivo ridursi di Mostre d’arte pubbliche di reale spessore, delle produzioni teatrali e cinematografiche di rilevanza internazionale, etc.

In questo tetro panorama sarebbe facile per gli operatori del settore cedere alla tentazione di gettare la spugna.

Se non fosse che l’arte prima dell’italico stivale è quella di arrangiarsi. E dove non ha saputo e voluto arrivare la politica è arrivata la società: non vi è pub o wine bar dove non si trovino mostre estemporanee di artisti contemporanei da gustare tra una bionda, una rossa e una scura; al Sud , e in modo particolare in Sicilia, i reading letterari organizzati da associazioni di volontariato culturale pullulano di piazza in piazza: e dove una volta lo svago era assicurato da signorine gambe lunghe, gonna corta e tacco a spillo ora, non di rado, ci si intrattiene ascoltando o recitando poesie o storie di scrittori che – non avendo più accesso ai canali minimi della distribuzione che non sia quella delle segreterie politiche dei grandi editori – pur di “apparire” ed “esserci” si “prostituiscono”, non in nome del denaro ma di un semplice sorriso e di un applauso.

Viva allora questa prostituzione!

Forse è cogliendo con precoce arguzia questa speciosa forma d’arte spontanea che a Palermo, ma non solo, si è pensato di far valere un antico decreto fascista per cui l’impiego su suolo pubblico di più di due strumenti musicali insieme si configura come spettacolo non autorizzato e quindi reato sanzionabile finanziariemente. “Ma Bruto è uomo d’onore”, mi vien da dire pensando al Senato romano, e noi siamo uomini liberi.

Così a Palermo nascono nuove forme di aggregazione culturale: le Gallerie non restano semplici contenitori dove fruire in religioso silenzio di Arte, ma fucine carbonare di espressione libera, indipendente e partecipativa, ancorché non finanziata, di artisti che si raggruppano spontaneamente, come accadeva già sul web, realizzando esposizioni e performances artistiche di varia natura e, non di rado, di elevata qualità.

Da diversi anni a Palermo è sicuramente emblematica, da questo punto di vista, la Galleria d’arte Garage, sita in pieno Centro storico. Gestito in modo associativo, il Garage è un punto di riferimento sia sul web, che sul territorio (Piazzetta Resuttano) per i fermenti di tutta quella insospettata libera e produttiva contemporaneità artistica che diversamente avrebbe difficoltà a esprimersi in uno spazio deputato esclusivamente all’arte. Ma il sito è anche editore di giovani collane d’inediti sia di narrativa che di poesia, che affiancano un consolidata produzione di edizioni artistiche (Eidos).

Non poche, dunque, le iniziative di questa Galleria che, in sinergia tra la rete e il territorio, hanno avuto grande risonanza ed emulazione sia in Italia che all’estero. Tra tutte, due in particolare: i reading serali a lume di candela sia di poesie inedite che di prosa (alcune di queste di prossima pubblicazione) e l’asta per Haiti; Garage è stato infatti il primo a donare, e a chiedere agli artisti di donare, opere per aiutare l’isola caraibica e Medecines sans frontieres in loco. Da qui, seppure con una raccolta finanziaria modesta, l’iniziativa si è estesa nel mondo e in rete a macchia d’olio e ormai non si contano più le aste d’arte di beneficenza per Haiti. Perfino Hollywood ha registrato la moda, ma invece delle solite minimaliste mutandine e lingerie a caro prezzo, questa volta le dive hanno preferito fare un’asta con le opere d’arte delle loro collezioni.

Non è un bilancio magro per dei semplici fermenti, anche se i vip, insieme ai più, non hanno idea da dove tutto ciò abbia mosso il primo passo. Noi sì.

One thought on “Fermenti artistici vivi: lo stato dell’arte

  1. Evviva le piccole forme di alternativa sociale e culturale che riescono con tutte le loro forze a farsi sentire!

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