L’irrefrenabile voglia di lasciare il segno

Interno della Basilica di Superga - Foto di Andrea Ventura

Cosa spinge alcuni vandali turisti a lasciare la propria firma sui muri della Basilica di Superga, rubare un frammento del Muro del Pianto o lasciare un lucchetto sul ponte Milvio, crollato per l’eccessivo peso di lucchetti e catene?
Motivazioni probabilmente diverse, che spaziano da quelle religiose a quelle sentimentali, dal voler “lasciare un segno del proprio passaggio” al “marcare il territorio”. Motivazioni così forti e primordiali da non essere per nulla inibite da un cartello di divieto, dal timore di una sanzione o dal rispetto del comune senso civico.
Quello che mi sconvolge non è tanto il cartello che vieta esplicitamente di non calpestare le aiuole, non usare il flash o, in questo caso, seppure ovvio, non scrivere sui muri, quello che mi lascia riflettere è la creazione di un surrogato ad-hoc per sopperire a quella mancanza in cui si incorrerebbe rispettando il cartello: non aver lasciato alcun segno del proprio passaggio.
Quel surrogato si chiama registro dei visitatori, e ne esistono numerose varianti: quelli che trovate fuori dalle chiese che celebrano un funerale, in cui scrivono le proprie testimonianze i conoscenti del caro defunto e che leggono i parenti più stretti; quelli che trovate in un sito web sotto forma di guestbook, registri ormai scomparsi a causa dei numerosi spammers di siti porno, casinò online e viagra resellers, che vi scrivevano abusivamente; ed infine ci sono quelli che trovate in mostre, musei ed edifici monumentali, in cui scrivono i visitatori più o meno appassionati, in cui potete leggere consigli, nomi, cognomi e date, impressioni e quant’altro in tutte le lingue del mondo. Ciò che però ho pensato è questo: leggerà mai nessuno centinaia di commenti al giorno manoscritti e in diverse lingue? Esiste forse una figura preposta a tale scopo che quindi goda di buon intuito (pensate alle più pittoresche calligrafie spesso incomprensibili che la gente sa rispolverare in queste occasioni), conosca almeno le lingue più diffuse sul nostro pianeta (non tutti i visitatori scrivono nella lingua del luogo in cui si trovano o in inglese), e una buona dose di capacità di sintesi in modo da fare un rapporto di ciò che ha letto? Esiste, oppure è verosimile che tali registri, specialmente se relativi ad attrazioni molto gettonate, finiscano in una fossa comune – pardon – in un archivio?

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