Volubili alle abitudini errate

V’è silenzio nel cuore della notte.

Tutti dormono, tutto è fermo, le strade sono deserte, solo dalla vicina arteria di circolazione principale, coperta da manto asfaltoso, che attraversa la città, si sentono di tanto in tanto vibrazioni di motore che sfrecciano lontane, disturbando per pochi secondi il sonno notturno.
Tutto tace; o per lo meno tutto dovrebbe tacere.

Già, perchè dovete sapere, ad un orecchio attento e disciplinato, non sfugge l’ormai normale rumore perenne che, da qualche anno a questa parte, segna l’inevitabile precoce – come un figlio forzato al natale da un cesareo – inizio e fine della stagione estiva. PLIC. PLIC. PLIC. PLIC. PLIC. Perpetuo e insistente PLIC.

È il rumore di quelle piccole gocce di acqua, comunemente detta “distillata” o meglio “demineralizzata”, figlie ultime del processo di scarto del grande macchinario moderno, il motore del climatizzatore, quello che fa “l’aria confezionata”.

Sto fermo sul marciapiede in silenzio per non disturbare la notte e non riesco a fare a meno di pensare e chiedermi – mentre le mie orecchie vengon colpite da multipli PLIC – come è volubile l’essere umano; anche il più ignorante, compreso il più scaltro. Gli vien facilissimo introdurre nel suo quotidiano nuove e sconosciute azioni, input che senza riflettere fa suoi, automaticamente. E così si ritrova per istinto, al primo aumento di temperatura climatica, a prendere il telecomando, solitamente chiaro, e pigiare il pulsante grande, quello col simbolo (|), e finalmente tutto va bene.

Credo che il problema dell’essere volubile sia ritrovarsi immagazzinati in memoria i nuovi input immessi e contemporaneamente rimuovere senza rendersene conto i ricordi del passato relativi alle azioni dello stesso periodo.

Ora, prima di concludere con una domanda di riflessione più utopistica che sulla falsa riga della filosofia, trovo corretto spendere due parole sul lato più pratico ed ambientalista che grava attorno alla questione della condensa del climatizzatore.

Dal punto di vista pratico basti pensare ai problemi condominiali; il più delle volte i regolamenti vietano il gocciolare dal balcone o dalla finestra della condensa. Il gocciolamento inoltre favorisce in minima parte lo spreco d’acqua; per seguire il credo del riciclo, raccogliendo la condensa in un bidone si potrebbe riutilizzare quest’acqua per innaffiare le piante – magari con l’aggiunta di un fertilizzante – o per lavare o ancora per la caldaia del ferro da stiro.

Ma romanticamente e con una dose di critica costruttiva chiedo: come si faceva prima, dieci anni fa, senza aria condizionata? Scaviamo nei nostri ricordi, come si faceva prima di adesso, vent’ anni fa, quando l’aria condizionata non si trovava nemmeno al cinema, quando solo rari e importanti negozi ne erano forniti e il comune cittadino poteva solo sognarla perchè i prezzi e il capitalismo con le sue leggi e tentazioni non era ancora di moda?

Lo ammetto, anche io uso il condizionatore, non sono ipocrita, non lo ritengo un bene di prima necessità, ma vivendo in un’isola dove le estati sono umide e calde, se usato con moderazione, diventa utile. Non indispensabile.

I caldi pomeriggi estivi hanno il loro fascino proprio per quello che sono, estivi e caldi.
Trovi più refrigerio e benessere (fisico, mentale, ecologico) a spenderli all’ombra di un albero, gustando un gelato o una bibita fresca, o al chiuso della tua stanza con un laptop per compagno e l’aria confezionata?

One thought on “Volubili alle abitudini errate

  1. Ci vuole un orecchio sensibile per scorgere il PLIC PLIC dei condizionatori, e un animo altrettanto sensibile per comprendere il valore dell’ombra di un albero in un afoso pomeriggio siculo.
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