La schiuma dei giorni*: solo due cose contano

Solo due cose contano: l’amore in tutte le sue forme, con ragazze carine, e la musica di New Orleans o di Duke Ellington. Il resto sarebbe meglio che sparisse, perché il resto è brutto. (dalla Premessa a La schiuma dei giorni, Boris Vian)

Istruzioni per l’uso: procuratevi il libro che dà il titolo a questo articolo, chiedetelo in prestito, sperate in un regalo, o compratelo voi stessi, ne vale la pena. L’autore è Boris Vian, un francese nato nel 1920 e morto meno di quarant’anni dopo. Non si può dire che abbia sprecato la sua breve vita, però: è stato scrittore, traduttore, trombettista, ingegnere, direttore del reparto discografico jazzistico della Philips, ha scritto canzoni, romanzi, poesie. E’ stato denunciato per offesa alla pubblica morale e stroncato dalla critica, il che ce lo rende già simpatico, vero? È morto durante la proiezione del film tratto dal suo libro Sputerò sulle vostre tombe, dopo aver imprecato contro la resa cinematografica della sua storia.

Una volta ottenuto il libro in questione, procuratevi il brano “Chloè” di Duke Ellington, magari un disco, un cd, oppure cliccate qui. Ascoltate pure il brano, e aprite il libro. Lasciate che il brano prenda spazio nella vostra mente, mettetelo in loop magari, e immergetevi nelle pagine del libro. Non cercate di capire tutto, non la musica, non le parole, non con gli schemi mentali quotidiani. Non avrebbe senso, altrimenti, la storia insolita del protagonista, tale Colin, giovane parigino dotato di parecchio denaro sonante, i dobloncioni, di una casa dentro la quale il sole, sdoppiato e presente come una fonte liquida, rimbalza sulle superfici, creando pozzanghere di luce nelle quali graziosi topi coi baffi giocano, riscaldandosi. Colin vive da solo, fatta eccezione per i suddetti topi, e per Nicolas, il suo cuoco personale, altro personaggio leggermente fuori dai binari della normalità, tutto preso da formalismi da perderci la testa, e ricette tanto complesse quanto favolose. Colin passa le sue giornate con Chick, amico ingegnere in miseria con la passione per i libri di Jean-Sol Partre (e qui ci sarebbe da chiedersi di che natura è il rapporto tra Vian e gli esistenzialisti, ma la risposta è semplice: Vian era amico di Sartre, e lo stimava molto, ma il suo spirito critico non gli impedì di canzonare anche i grandi pensatori), e con la ragazza di questi, Alise, bella e leggiadra fanciulla, che per un attimo sembra essere contesa tra i due. La verità è che il nostro giovane protagonista è in quello stato particolare di desiderio d’amore, nel quale si desidera l’amore nell’astratto, e nel concreto, ogni ragazza “carina” che capiti nel campo visivo dell’interessato:

“Io vorrei essere innamorato” disse Colin. “Tu vorresti essere innamorato. Egli vorrebbe idem (essere innamorato). Noi, voi, vorremmo, vorreste esserlo. Essi pure vorrebbero innamorarsi…”

e più in là:

Nel giro di cinque minuti Colin si accorse di trovarsi davanti alla casa di Isis Ponteauzanne. Due ragazze gli passarono accanto e penetrarono nell’ingresso del palazzo. Il cuore gli si gonfiò a dismisura, divenne sempre più leggero, lo sollevò da terra e lo fece entrare subito dopo le ragazze.

Ed è a casa di Isis, altra graziosa ragazza, che Colin incontra l’amore, nella persona di Chloè, di fronte alla quale sente “in bocca un solletico, come se stesse mangiando frittelle bruciate” e alla quale dice una “scemenza”: “per caso lei è stata arrangiata da Duke Ellington?”.

Di fronte alla propria inadeguatezza vorrebbe scappare, ma gli amici lo trattengono, e nel corso della serata ha la possibilità di parlare con Chloè ancora una volta. L’amore arriva, non senza imbarazzi, ma si aggiusta tutto, quando nella stanza si fanno spazio le note della versione arrangiata da Duke Ellington di Chloè. (Rimettetela da capo. Iniziate a capirci qualcosa, vero?)

Questa volta aveva scelto un disco davvero appropriato. Era Chloè arrangiata da Duke Ellington. Colin stava mordicchiando i capelli di Chloè dietro l’orecchio. Mormorò: “E’ esattamente come lei”.

L’amore, dunque, come una melodia jazz, imprevedibile e spiazzante, è il centro di questa storia. L’amore, la musica, e la felicità luminosa, non macchiata da quelle “cose brutte” che bisogna rifuggire, se si legge la premessa a questa storia piena di bizzarrie lessicali, accostamenti inusuali di parole, giochi, doppi sensi (e il lavoro del traduttore in questi punti è davvero difficile).

L’amore, dicevamo, e le relazioni, il matrimonio, la vita felice, che ad un certo punto si macchia, si incrina, succede qualcosa, e la grandezza del sentimento, la felicità sfacciata, diventano condanna. Potrebbe sembrare una storia qualunque, se non fosse che è snodata dentro un mondo quasi di fantasia, ma assolutamente logico, nel quale i sentimenti più forti rendono le ambientazioni sfavillanti, l’intimità è una nuvoletta rosa un po’ timida che avvolge gli innamorati, ma non li acceca, e i topi coi baffi sono animali domestici fedeli, pronti a sacrificare la propria minuscola esistenza per i propri umani coinquilini.

Un delirio lucido, quasi psichedelico, se non fosse che è datato 1946, e in questo anticipare di vent’anni il corso degli eventi, sta la grandezza di Vian.

Una storia qualunque, in fondo, ma orchestrata come una sequenza jazz, di quelle che devi ascoltare più volte per capirci qualcosa, e ad ogni ascolto ti sorprende ancora, come la prima volta, come l’amore quando ti capita per caso, e soltanto quando hai smesso di pensare con gli schemi quotidiani, forse… No, rinunciate a capire tutto, in fondo soltanto due cose contano, e quelle, alla fine della lettura, saranno chiare e sfavillanti, e inafferrabili.

Buona lettura.

*Boris Vian, L’ecume des jours, tradotto dal francese di Gianni Turchetta per la casa editrice Marcos y Marcos.

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