Revolver

foto di Rossella Vitrano

Domenica è un giorno quasi di primavera. Ma siamo a febbraio e la frescura si fa ancora sentire all’ombra. Per molte questa domenica è un giorno caldissimo.

La sveglia suona alle 9 e mezza ma mi servirà almeno mezz’ora per prendere coscienza.

Colazione e via in bici. Le strade di domenica mattina sono meno prese d’assalto, a parte i fruitori della chiesa e i venditori del pane di paese. Chiuso il traffico in via Roma, scorrazzo godendomi l’ampiezza dell’asfalto e mi dirigo dove dovrebbe trovarsi il corteo, via Ruggero Settimo.

Mischiarsi assieme ad una folla praticamente quasi del tutto femminile, sarebbe l’incubo di qualsiasi uomo qualunquista osteggiato dal pregiudizio maschilista. Molti uomini vedono nell’unione delle donne qualcosa di notoriamente invalicabile, pronte a qualsiasi patto col demonio nella lotta contro l’uomo peccatore. Beh, per me non c’è stato alcun problema. Anzi. Se devo dire la verità, dietro lo striscione rigorosamente rosa vedevo donne, ragazze, bambine, svariati maschietti, e poca retorica. Perché loro, almeno, si dissociano da come vengono trattate. Contentezza e orgoglio, quindi, senza la violenza verbale e degli atteggiamenti che spesso vediamo nei soliti cortei, quelli con il solo retrogusto plasticoso del plagio, senza anima né passione. Praticamente l’apoteosi dell’apparenza.

Ma qui, impigliato con la bici nel corteo, le donne, quanto mi stanno simpatiche le donne, prendono possesso degli spazi dimostrando di sapersela cavare, senza partiti, finanziamenti, sindacati. L’unione sincera, quasi divertita, e sopratutto spontanea fa la vera forza. E se alle donne è riconosciuto il merito, o il demerito a seconda dei casi, di non scordarsi facilmente le cose importanti, allora che ben venga un continuum costruttivo all’insegna dell’evoluzione. Per questo, penso che si possa contare su questa ulteriore parte civile del nostro paese, nuova ed incazzata, che sfila con valori e voglia di riscatto. Perché non è vero, no che non è vero, che i temi qui affrontati, sono vecchi e ormai superati.

Una donna che va a letto con diversi uomini è una troia.

Un uomo che fa lo stesso con le donne, può essere solo un modello per altri uomini.

In piazza Verdi due palchetti sono predisposti ai lati della piazza. Artisti e musicisti da un lato, lettori e chiunque voglia prendere parola dall’altra. Mi posiziono qui e ascolto, come fossi ipnotizzato d’interesse e curiosità le parole di donne che leggono un libro, uno scritto per l’occasione, sfogano gesticolando e senza copione una rabbia, mentre affermano di essere anche solamente vive. Parlano anche tre uomini. Non è una manifestazione privata, anzi. Sono ben accettate le opinioni dell’altro sesso.

Il sole cuoce le pelli, l’organizzazione prevedeva che non venissero fatti nomi dei partecipanti, né fossero sventolate bandiere partitiche. Come possono gli anarchici rispettare l’unica regola imposta?

Una questione naturalmente lontana dalle spinte individualiste che ci inondano il fegato ogni giorno, ma che comunque è stata puntualmente attaccata di mancata voglia di prendersi le responsabilità. Considerato come un corteo di anonimi perché  gli organizzatori non sono parte di nessun rango politico o altolocato? Ma si può sapere chi è che dà queste informazioni, chi possiede il magico misuratore del valore delle persone? La gente è libera di manifestare quanto gli pare, nel rispetto di tutti. Dall’altro lato, il critico di turno imbraccia la penna, va in tv e in radio, propone in ritardo delle alternative, vede il moralismo, come se fossero tutte sante e suore queste donne indignate. Non riuscire a distinguere i motivi urgenti dell’ennesima fetta di popolazione che è scesa in piazza è solo pura cecità.

Fare politica può voler dire rapportarsi in maniera costruttiva con la società. Senza partiti, è chiaro. Senza l’obbligatorio passaggio della compravendita dei voti, e di anime. Fare politica può voler dire tentare di migliorare le nostre disgrazie o quelle del vicino, anche soltanto proponendo una riflessione sulla condizione della donna, oggi, nei palazzi di potere, nelle case, nei media. È per questo, sopratutto per timore, che si parla di manifestazione apartitica. Perché per chiamare le cose con il proprio nome, vecchio di centinaia di secoli, molti troverebbero il capro espiatorio che condannerebbe il solito corteo di facinorosi. Ma tanto le lamentele restano anche se ci si impegna.

Domenica si è fatta POLITICA, anche se i microfoni funzionavano si e no, anche se il palco era piccolo, anche se i cartelli erano fatti a mano, e tutto era praticamente improvvisato.

Si parlava di dignità. Come ha detto qualcuna, finalmente Palermo è apparsa meno mediocre del solito.

Eravamo10000, 20000. Boh! Io ero li in mezzo e vedevo gente ovunque.

Ma davvero in ogni dove.

Poiché vediamo che ogni stato è una comunità e ogni comunità si costituisce in vista di un bene, è evidente che tutte tendono a un bene, e particolarmente e al bene più importante tra tutti quella che è di tutte la più importante e tutte le comprende: questa è il cosiddetto stato e cioè la comunità sociale.

(Aristotele,  Politica)

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