Paranoid, non android

“Please could you stop the noise / I’m trying to get some rest?”

Paranoid Android, Radiohead.

Un testo strano, e un cartoon/video altrettanto strano.
Frammenti di parole e di immagini alienati di un ragazzo che forse è paranoico, ma – ci puntualizza – non androide, visto che sente tutto, anche la propria maledetta disperazione.
Un ragazzo però che può essere reso androide dal tutto, da un “fuori”assordante, dalla non-pace della vita, una vita “normale“, forse tutti i giorni depressa, che scorre sul pavimento come sotto l‘acqua, in cui i confini tra ciò che è normale e non lo è si perdono in una straniamento senza fine e puoi fare la doccia col cappello e fare lo shampoo agli occhi come a voler lavare le tue lacrime.
E’ una quotidianità che ti estrania perché non sai come evitare che lo squallore della banalità ti inabissi, che gli uomini ti sopraffacciano con la loro vuota carnalità a pagamento.

Immagini, note, parole sono una sorta di flusso di coscienza, un panta rei sui pensieri dell’uomo moderno, talmente frastornato dalla società da divenire appunto un potenziale “androide paranoico”. Panta rei sulle prostitute, panta rei su un pesce ingoiato dalla voracità politica di un ciccione qualunque che sarà un carnefice qualunque, panta rei sulle visioni salvifiche e su una quotidianità claustrofobica di due realtà contrastanti.
Da una parte c’è il ragazzino ingenuo e depresso, un ragazzino triste e angosciato per un mondo sporco che non ha nulla da offrigli.
Dall’altra, c’è un uomo meschino, e con lui tutta una casta che dovrebbe per definizione cercare di risolvere i nostri problemi: individui pieni di alcool mischiato a impulsi aggressivi, individui tormentati da sentimenti di onnipotenza distruttiva che cercano il loro sfogo nel tormentare gli altri, nell’assumere in pochi secondi la veste di un boia carnefice/carnale che usa la forza sporca del suo grasso per segare le gambe ai tentativi altrui di salvezza.

In un mondo simile, il riscatto e la giustizia, ovviamente, sono solo simbolici e tutti mentali: il ragazzo fugge mentalmente, si estrania dal tutto, scala un lampione come fosse una montagna e lassù, grazie alla sua immaginazione, riesce a ricreare un mondo tutto suo, più felice e più giusto, che compensi le mancanze di quello reale e gli permetta di sopportare il marcio che lo circonda: un angelo in elicottero lo salverà, portandolo dolcemente, infantilmente e semplicemente a giocare a ping pong.

E’ così che il ragazzino trova la pace e la salvezza “from all the unborn chicken voices in my head”, mentre il carnefice carnaiolo si mutila con le sue stesse mani, condannandosi ad una sorta di espiazione dentro fasce infantili di bambini inermi senza braccia e gambe, nutriti come animali di vermi su un albero su cui prima dimorava una prostituta altrettanto carnale e priva di abiti.

Atmosfera claustrofobico-soffocante, immagini scure di una vita frenetica e triste, una vita fredda e meccanica che provoca the panic, the vomit”, straniamento, alienazione, violenza e insensatezza che sfociano nel delirio visionario, nella discesa di un angelo tecnologico dal cielo che come tale non può non essere salvifico, giacché “God loves his children…yeah!”. …L’ironica conclusione forse ci dice che per i figli del Dio del mondo dell’infelicità dominato da “kicking squealing gucci little piggy”, l’unica salvezza è il ritiro primitivo nel mondo fatato della propria immaginazione.

Forse il video, la canzone, sono un’ipotetica visione, il nostro ragazzino non è un androide e mai lo sarà, è “solo” il riflesso di un mondo fragile ed emotivamente isolato che prende le sembianze di un paranoide vulnerabile, sopraffatto e disprezzato da una realtà angosciosa, mortificato da un mondo alienante, distorto e irriconoscente; un ragazzino inerme che proietta fuori di sé le proprie sofferenze e le immagini cattive e minacciose prodotte dalla propria stessa mente impaurita.

Forse è tutta una macroscopica visione, e il nostro carnefice è l’altra faccia altrettanto fragile della medaglia, di questa umanità ferita e delirante: è un volto distruttivo, vendicativo e trionfante, sconfitto, ma fino alla fine pregno di rabbia, risentimento, desiderio di vendetta contro tutti i suoi nemici, ovvero chiunque (…e attenti, quell’uomo potrebbe essere insieme Brunetta, Silvio e la summa di tutti i leghisti!).

Pensiamoci: tutto potrebbe essere fatto e finzione insieme, così reale nella nostra mente, così sofferto, così spinoso, da trasformare in irreale quella che comunemente chiamiamo realtà: un‘irrealtà più vera della realtà con cui difendersi per non morire interiormente.

…In fondo, meglio essere salvato da un angelo immaginario che morire del tutto.

“Off with his head man
[come on rain down on me] off with his head man.”

6 thoughts on “Paranoid, non android

  1. “Un testo strano, e un cartoon/video altrettanto strano.
    Frammenti di parole e di immagini alienati di un ragazzo che forse è paranoico, ma – ci puntualizza – non androide, visto che sente tutto, anche la propria maledetta disperazione.
    Un ragazzo però che può essere reso androide dal tutto”

    in realtà il titolo credo sia una chiara citazione a “Marvin, the Paranoid Android ” il personaggio della guida galattica, che però non è paranoico

    • sì lo so!
      Ma credo (o almeno così ho interpretato io cercando di collegare tutti i punti!) che quello sia stato il punto di partenza e poi il resto nella canzone e nel video (fatto da frammenti del cartone “RobinRobin” trasmesso da tele+) abbia seguito una propria strada.
      O forse la mia è solo un’intepretazione tra le tante, e magari neanche la più giusta (:

  2. Bella interpretazione. Ma tutte queste cose che praticamente apparivano in uno dei più bei album degli anni ’90, non a caso spesso etichettato come manifesto di una generazione alienata, dove le macchine sono quasi più degli uomini (Il libro simbolo di quegli anni dicono sia stato Generazione X di Coupland, ), com’è possibile che si vivano ancora adesso? O meglio, questa generazione post 2000 da cosa sarà affetta? Dobbiamo aspettarci qualcuno( ma forse c’è già stato) che dia una nuova etichetta( Zero, meno X…) senza troppi slanci sociologici o sappiamo già qualcosa di questi ultimi 10 anni?

    Amen.

  3. troppa psicologia per una vita breve come la nostra e per una canzone come “paranoid android”. e troppa responsabilità regalata ai radiohead da tutti noi nel tempo, in perenne ricerca di salvatori della vecchia era, di questa nostra nuova era. la scelta della libertà da regole e oppressioni vivendo liberi e illudendosi di librare alte e veloci le proprie ali è una pralina prelibata e succosa a cui non possiamo, non dobbiamo resistere. esistere, perchè esistiamo – come esistiamo – val la pena domandarselo senza troppa paranoia, senza diventare androidi. [Emi hai una difficile ma interessante critica musicale dentro te]

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