Come foglie soffiate dal vento

Chi non ricorda l’incipit del film “Forrest Gump”? Una piuma librava tra l’incuranza della gente di una indaffarata città, accarezzata dal vento e dalle note di Alan Silvestri, autore della celebre colonna sonora del film. Vi siete mai sentiti come quella piuma? Avete mai sentito un sottile vento condurvi verso un destino che pian piano prende forma, scritto da un misterioso scrittore che sembra vedere oltre? Vi siete mai abbandonati, con leggerezza e fiducia, alla corrente che spira? Se lo avete fatto siete fortunati.

Sono sempre stato troppo razionale, non credo alla fortuna e alla sfortuna, è solo la nostra percezione del caso, cerco una spiegazione logica a tutti i fenomeni paranormali, se non vedo non credo, e se vedo voglio anche toccare con mano, San Tommaso è il mio santo protettore. C’è una cosa che non mi spiego però: le trame delle nostre vite tessute dal caso, non aggrovigliate e basta, ma rette, quasi, da una sorta di logica … trovare una logica nel caso è pura follia, lo so, ma a volte sono davvero troppe le coincidenze che viviamo per poter trovare una giustificazione razionale. In questi casi, allora, mi lascio cullare, come una barca le cui vele si gonfiano al tiepido vento, e il marinaio la bussola non la guarda neppure. E badate bene, non è segno di debolezza lasciarsi andare al destino, è solo un gioco assecondarlo ogni tanto, voler scoprire cosa abbia in serbo per noi, alleggerirsi dal peso delle innumerevoli responsabilità e le continue scelte che dobbiamo compiere, per compierne una soltanto: seguire il vento.

Mi è successo tante volte di insospettirmi, trovare lo zampino del destino, e tante volte ho giocato con esso, rendendomi suo complice. Ho fatto scelte importanti basate sul caso: l’università, il lavoro, il mio contributo in Abattoir. Per un soffio di vento scrivo oggi, qui, per il vento che ha mostrato, senza apparente motivo, qualche vignetta disegnata in tenera età ad una persona per me importante, e solo perché quest’ultima se n’è ricordata quando io l’avevo dimenticato, e la matita era impolverata da tempo, senza punta. Qualche giorno fa il vento ha soffiato di nuovo.

Ho realizzato la vignetta per l’articolo che parla delle “Little miss America” scritto da Alexia, in una nota si parlava di “Little miss sunshine”, film del 2006 che parla in modo ironico del viaggio di una bambina e la sua famiglia verso la location di un concorso di bellezza per bambine. Non avevo ancora visto il film, ma leggendo la trama e scoprendo che aveva vinto alcuni prestigiosi premi ne fui incuriosito. Qualche giorno dopo ridevo con l’amaro in bocca, cosa che è possibile fare guardando solo un bel film agrodolce, ed in questo caso indubbiamente originale. Le musiche, che catalizzavano le mie emozioni, erano intonate alla pellicola, ipnotiche, variopinte, ma con un unico filo conduttore, “consce” di far parte di un’unica opera. Il giorno dopo cercavo su youtube “little miss sunshine sountracks” e si aprì così un nuovo mondo.  Scoprii che il gruppo principale autore della colonna sonora era “DeVotchKa”, andando sul loro sito ufficiale, cosa che non faccio mai, fui abbagliato da una scritta in mezzo a poche altre, la notai come si noterebbe un papavero in un campo di trifogli, recitava “6/30/11 Sordevolo Biella, Italy”. Il loro prossimo concerto era l’indomani, in un paesino ad un tiro di schioppo da dove abito adesso, equidistante a Torino. Era il vento che bussava dolcemente alla mia finestra, la aprii. C’era un ostacolo però. Avevo preso un impegno con 3 amici e 3 era il numero di settimane che si rimandava l’evento. Non potevo, ancora una volta, rimandare. Sembrava ormai tutto organizzato, non sarei andato al concerto. Scoprii poi che mancava ancora uno degli amici all’appello, quello in genere più disponibile, non rispondeva ai messaggi di conferma. Sperai, con un minimo di senso di colpa, che continuasse a non rispondere ai messaggi, sarebbe stata la conferma che dovevo andare al concerto. Alle 17.15 decisi che non avrei più aspettato, chiamai l’organizzazione del concerto, il “libra festival”, per prenotare 2 posti, mi dissero però che non c’era bisogno, c’era una gran disponibilità di posti, avrei potuto fare i biglietti appena arrivato. Fu così che andai al mio primo concerto appena uscito da lavoro.

Arrivato lì non c’era nessuno, solo gli addetti alla sicurezza, alcuni giovani che distribuivano volantini, e qualche cliente dei bar vicini. Varcati i cancelli rimasi meravigliato dall’imponente copertura della gradinata, veramente bella e innovativa. Trenta minuti prima che il concerto avesse inizio ero seduto in prima fila, posti centrali, a 30-40 metri dal palco, il pubblico era composto da 10 persone. Ad inizio concerto eravamo in 60, seduti in modo sparso tra gli 800 posti a sedere. Ero imbarazzatissimo. Pensavo ai “grandi DeVotchKa” cantare per 60 persone in un luogo che potrebbe ospitare tra posti a sedere e posti in piedi davanti al palco più di 1500 persone. Pensavo al loro imbarazzo una volta saliti sul palco, dopo aver cantato al concerto dei Muse allo Stade de France a Parigi davanti ad 80.000 persone. Avrebbero annullato certamente il concerto di Sordevolo davanti a 60 persone. Così non è stato. Il concerto è stato aperto dai “Depedro”, indie-rock band spagnola, il cantante vedendo così poche persone sedute così lontano disse “Venga aquí, me siento muy solo…”. Al momento dell’entrata dei DeVothKa, qualche ora più tardi, eravamo un centinaio, tutti ai piedi del palco, nessuno seduto. Il gruppo, formato da 4 polistrumentisti, mi ha affascinato per la qualità e la varietà della musica, rock influenzato dal sound messicano, balcanico e arabo. Il cantante del gruppo, Nick Urata, suona diversi tipi di chitarre, pianoforte, tromba, theremin1, bouzouki2. L’unica donna del gruppo, Jeanie Schroder, che ricorderò per il suo perenne sorriso contagioso, accompagna la voce di Nick, suona il sax, tempestato di lucette colorate, il contrabbasso ed il flauto traverso. Il batterista, Shawn King, è anche percussionista, suona la tromba, la fisarmonica e l’organo. Tom Hagerman suona il violino, la fisarmonica, la melodica, a volte con l’archetto ancora in mano, in piedi suona il pianoforte. Se avessi chiuso gli occhi avrei detto che ogni loro canzone è suonata da almeno 7 musicisti.

DeVotchKa al libra festival a Sordevolo

Non so dove adesso porterà il vento. Per il momento mi ha portato al mio primo concerto a cui ho assistito come spettatore pagante, all’acquisto del mio primo CD musicale, come ho scoperto leggendo i credits, proveniente dalla città californiana Ventura, come il mio cognome. Non so neanche se questo vento adesso è il mio oppure il battito d’ali di farfalla3 per qualcun altro. Ma è questo il bello, l’imprevedibilità del geniale autore, il finale a sorpresa.

1. Strumento musicale elettronico che si suona avvicinando e allontanando le mani a due antenne. http://it.wikipedia.org/wiki/Theremin

2. Stumento cordofono di origine greca. http://it.wikipedia.org/wiki/Bouzouki

3. L’effetto farfalla è un fenomeno noto nella teoria del caos. Secondo questa teoria un piccolo evento potrebbe causare “a catena” una serie di modifiche al sistema, paradossalmente il battito d’ali di una farfalla potrebbe produrre un ciclone dall’altra parte del mondo.

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