Guai a col ch’a s’ancaprissia ëd volèi giusta la giustissia!*

Oggi ho voglia di riflettere con voi su quella robaccia caramellata che si mette come guarnizione sulla parola “Stato” e che è ancora chiamata “giustizia”.
Uno degli “eroi” di questi giorni, ovvero quel sito che è stato in grado di infilarla nel ventitré strafatto di Vasco, apre il tema con un acume invidiabile:

Attenzione! Il personaggio o l’oggetto descritto in questa pagina è inesistente.
Proprio come la fatina dei denti, il cervello dei truzzi, Babbo Natale, Pikachu, Dio e il piccolo drago Grisù. Sappiamo che questa sarà un’informazione sconvolgente per molti poveri bambini che credevano fermamente nell’esistenza di una cosa chiamata “Giustizia”, ma è così. (Nonciclopedia)

Direi che, alla luce delle attuali vicende, non si può che concordare con questi paragoni fantasiosi, che anzi meritano un degno approfondimento. Infatti, le letterine che compongono la parola “giustizia” sono esattamente come le ossicina mitologiche che compongono Babbo Natale o consimili: generano una parola-idea-invenzione rassicurante e traumatizzante al tempo stesso, giacché la sua in-esistenza sconvolge ogni preadolescenza ormonata scoppiandoci nella testa come un palloncino afferrato da Edward mani di forbice.

Paradossalmente però (e forse in una disperata risposta compensatoria ad un’epoca disastrosa/disillusa), la gente continua a credere finché può che Babbo Natale esista e che sia buono e giusto, amen e ora pro nobis.
Sì, insomma, nessuno credo si renda veramente conto di che cos’è oggi la giustizia finché non se la prende nel beneamato deretano, ovvero finché non resta (a) monco sul posto di lavoro (b) stuprato dal capo-area (c) disoccupato; finché non-se-la-quasi-coglie in uno famoso ospedale; finché non resta orfano o handicappato a causa di uno pseudo-medico; finché non viene bocciato per 3 anni di fila da un professorone di latino che per promuoverti vuole scoparti dal di dietro; finché non ha come Pres. Del Cons. Mister B. (ormai detto a furor di popolo Mister Bunga).

In molti di questi RARISSIMI casi (che sofisticati studi epidemiologici rivelano essere in aumento, ed è forse questa la nouvelle peste del XXI secolo!) avviene finalmente il miracolo disvelante della lux fuit: la gente anela giustizia, ma non la ottiene, e si ritrova delusa, piangente, con gli occhi sporchi di grasso-da-prosciutto (quello Ferrarini che ricopriva le loro coscienze obnubilate prima della “penetrazione”) e con il solito deretano perforato dalla sorpresona di turno (deretano poi abbandonato all’aggigghio, per terra, e senza mutando reali o metaforiche). …Ahi ahi, que dolor!

Il vero problema è che IL problema insorge nelle coscienze collettive quando di colpo qualcosa ci duole, appunto. E’ solo allora, quando tutto è ormai perduto, che ti accorgi di quanto siamo andati avanti nella catabasi socio-individuale verso gli inferi luciferini, senza ormai poter fare più nulla, perché il tuo Stato si è venduto e ha venduto anche te, la tua etica e il tuo culo, perché la dura lex si è ammorbidita giorno dopo giorno in base alle convenienze/sopravvivenze oligarchiche, perché oggi tutto si compra col denaro, perché Silvio è un uomo libero e il tuo vicino tunisino che coltivava “la maria” in casa sua no.

Lì… Contro ogni convinzione idilliaca di giustizia che ti ha fin’ora sostenuto… Imparerai che Essa è solo un’accozzaglia di lettere dell’alfabeto, appunto, e che lottare è inutile, perché siamo solo esseri anonimi, e le nostre sventure “per noi sono solo pratiche”, come mi disse non troppi secoli fa (due giorni) un avvocato, offrendo un risarcimento di denaro in luogo di un paio di reatini di poco conto.
A quel punto, anche il tuo muso italiota si illividirà come il tuo culone addolorato, perché non potrà che sbattere sui murilisci su cui cerchi di arrampicarti per rimediare qualcosa che abbia anche solo una lieve parvenza di “moralità”, di “etica”, di “ius”.
Infine, ti ritroverai a tacere e ad accettare quattro soldi (“pochi, maliritti e subito”, come si dice dalle mie parti), visto che hai ormai appreso che la giustizie è come un moderno video game pilotato da espertoni in cui tu sei scarsissimo e non potrai che perdere:

  • Per l’esercizio della giustizia deve esistere un codice che classifica i comportamenti non ammessi in una certa comunità umana, e una struttura giudicante che traduca il dettame della legge in una conseguente azione giudiziaria (Wikipedia).
    Game over: Silvio, Ghedini, Vespa, colleghi & predecessori hanno già provveduto a eliminare questo file dal sistema operativo italiano.
  • Al di là dell’azione giudiziaria istituzionalizzata, esiste un senso della giustizia, definito talvolta naturale in quanto ritenuto innato, che impegna ogni singolo individuo a […] usare criteri di giudizio, e di conseguente comportamento, rispondenti a giustizia nel senso di onestà, correttezza e non lesività del prossimo. È in questo senso che la giustizia diventa una virtù morale (Wikipedia).
    Ma…
    Le virtù sono disposizioni, o tratti, non interamente innate. Esse devono essere acquisite, almeno in parte, attraverso l’insegnamento e la pratica continua di tali insegnamenti (Wikipedia).
    Game over: Silvio, Ghedini, Vespa, colleghi & predecessori hanno già provveduto a eliminare questo file dal sistema operativo italiano.
  • Iustitia est habitus animi, communi utilitate conservata, suam cuique tribuens digitate, ovvero: la giustizia è uno stato morale, osservata per l’utilità comune, che attribuisce a ciascuno la sua dignità (Cicerone, De invenzione).
    Ed è ancora game over, perché qui ed ora non esistono più giustizia, né moralità (guardatevi un po’ intorno!), e non esistono più neanche il cosiddetto “bene comune” e la dignità …né quella collettiva, né – attenzione – quella individuale.

Rassegnati: subirai dei torti, ma sarai già fortunato se resterai in vita, giacché mai otterrai giustizia, nonostante  si abbattano i boschi per scrivere enormi manuali di diritto che dovrebbero tutelarla e tutelarci… La nostra condizione oggi? Quella di esseri a cui è stato tolto tutto in silenzio, perfino la garanzia della verità e della dignità dell’esistere.
Per rendervene conto, basta un semplice esempio che ci riguarda tutti: il popolo italiano sta subendo infiniti torti da un governo più marcio di una gamba in cancrena che ucciderà il suo stesso corpo pur di non farsi amputare; e nonostante ciò, due giorni fa Silvio ha ancora ottenuto la fiducia. È chiaro, allora, che il marcio CI viene dall’alto, dove non esiste alcun giusto mezzo, non esista più etica e non esiste più equità, rispetto, responsabilità. Come possiamo allora pretendere che la gente ritenga scorretto anche solo il solo posteggiare in doppia fila stra-fottendosene della libertà dell’altro per intere mezz’ore?

So che ancora non potete accorgervene, ma aspettate e vedrete con i vostri occhi e i vostri dolori-da-assenza-di-vasellina. Statene sicuri: vedrete – eccome se lo vedrete! – che “la legge è uguale per tutti” è solo la fine di una favola arcaica che si racconta ai bambini prima di andare a nanna o una frase da baci perugina alla ciliegia (bleà!) e da biscottino cinese ripieno.

Italiano, rassegnati.

* “Guai a colui che s’incapriccia a voler giusta la giustizia!” (A. Brofferio)

3 thoughts on “Guai a col ch’a s’ancaprissia ëd volèi giusta la giustissia!*

  1. Cara Noemi, la tua analisi è molto puntuale ed è difficile darti torto.
    Vorrei però proporti un diverso punto di vista delle cose, un lieve spostamento laterale della visione d’insieme, solo così per dare un po’ di speranza.
    Ti rispondo brevemente perché mi riservo di estendere meglio il concetto tramite un articolo, caldeggiato da Andrea Ventura, che riguarda l’evoluzione degli stadi di coscienza e la scala di Kohlberg.
    La mia opinione è che possiamo fare molto poco per modificare il pensiero altrui, possiamo però evolvere ed arrivare ad un elevato stadio di sviluppo della nostra coscienza, rimuovendo pregiudizi e paure.
    Cercando di vivere nel modo più sereno e felice possibile, non per egoismo ma per DOVERE verso gli altri, perché, come la tristezza e l’angoscia, anche la serenità e la felicità possono essere contagiose.
    Essere saldi, con i nervi a posto, capire bene le nostre finalità e lottare per raggiungere i nostri obiettivi ed infine, rimboccandoci le maniche, cercare di ESSERCI, essere presenti il più possibile nella vita sociale e comune. Senza giudicare gli altri e senza allontanarli, perché il nostro esempio li può contagiare ad un nuovo modo di pensare, aiutandoli nell’evoluzione verso un grado di coscienza maggiore e nella costruzione di una casa comune più solida ed armoniosa.
    Ci credo molto.
    Un abbraccio

    • Heheheh, era un commento troppo lungo ed interessante per essere solo un commento! Ad ogni modo…
      Cos’è tutto questo catastrofismo? Lo so che il mondo è sporco, che la classe politica è per lo più corrotta, la giustizia è lunga e costosa… ma il marcio non arriva ad essere la metà della gente, non sono io e non sei tu… non siamo soli, siamo armati di carta&penna, tastiere&blog, striscia&iene… nonostante tutto è una battaglia dura dove spesso usciamo perdenti. Non è perdendo la speranza che si otterranno risultati però, è dando l’esempio a chi ci circonda, insegnando ai nostri figli e nipoti a non farsi guidare solo dalla legge, ma ancora di più dalla morale, dall’etica.

      • Avete ragione, e vi stupirà leggere che è ciò che penso anch’io. O meglio: lo penso e lo spero, ma al momento credo che siamo maledettamente perdenti, dominati dallo sporco. Ovviamente la frase “Italiano, rassegnati” era provocatoria :P

        Però, è vero che su certe cose oggi giorno si fa prima a non sperare troppo.
        Non perché sia giusto, ma perché l’Italia è messa veramente male nell’offrire garanzie ai suoi cittadini. Questo non vuol dire necessariamente arrendersi, assolutamente no. Ma guardare le cose con minore illusorietà e spirito di onnipotenza sì. Interessarsi non solo quando il danno ti riguarda direttamente e avviene la catastrofe, beh, assolutamente sì.

        Perché è anche il nostro atteggiamento conveniente e connivente che ha reso questo Stato perdente …e noi dei perdenti!

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