L’eterno che uccide

vignetta di Mario Bochicchio

C’erano una volta i tetti in eternit1, le cisterne in eternit, le grondaie in eternit, i tubi in eternit.  C’erano e ci sono ancora. Sì, perché nonostante questo materiale in fibrocemento o cemento-amianto2 o asbesto sia stato considerato altamente cancerogeno già dal 1962, la produzione di materiale contenente asbesto è stata interrotta in via definitiva solo nel 1994; di conseguenza lo smaltimento di tutte le strutture in eternit è difficile se non impossibile. Ma cos’è l’eternit?

L’eternit è un serial killer tra i più pericolosi e micidiali che possano esistere, perché agisce silenziosamente, protetto dall’indifferenza e dall’ignoranza, e silenziosamente ti condanna a una morte lenta e atroce.  Le cifre sono spaventose: soltanto in Italia i morti per amianto sono più di tremila negli ultimi dieci anni e il numero è destinato a salire. Quella contro l’amianto è una lotta continua contro una bestia infame che sottoforma di microparticelle di polvere invade il corpo, t’invecchia precocemente e poi ti uccide. Chi lavorava l’amianto lo faceva con i forconi o a mani nude, senza alcuna protezione, respirando costantemente queste polveri, portandosele addosso sui vestiti, impregnando le case.

L’esposizione alle particelle di amianto provoca una rara forma di cancro, il mesotelioma pleurico, non facilmente diagnosticabile, che a volte si manifesta contestualmente all’asbestosi, una malattia degenerativa dei polmoni intrisi di polvere d’amianto che si deposita negli alveoli polmonari.

Non esistono cure, se non terapie palliative che rallentano solo l’agonia, ma la cosa più spaventosa è che queste malattie si manifestano anche dopo trent’anni dall’iniziale esposizione all’asbesto o amianto.  Ecco perché siamo qui a parlarne (altrimenti sembrerebbe un discorso anacronistico!).

In Italia, le fabbriche di Eternit furono relativamente poche, la più importante fu quella di Casale Monferrato, in provincia di Alessandria.  In questa e in altre aziende si continuò a produrre amianto fino al 1986. La politica aziendale era quella di nascondere il più possibile gli eventuali danni provocati dalla sovraesposizione alle micro particelle, al fine di prolungare l’attività degli stabilimenti e mantenere i profitti. Intanto, gli operai morivano e muoiono come mosche e chi sopravvive non parla, perché ha paura di perdere il posto.

Il caso di Casale Monferrato è emblematico perché lo stabilimento (aperto fin dal 1906) disperdeva attraverso dei potenti aeratori la polvere d’amianto su tutta la città, un velo leggero e impalpabile come cipria, che tutto copriva, che s’infilava nelle case, nei negozi, che avvolgeva tutto in un abbraccio mortale. Vennero così contaminate le falde acquifere, i fiumi, i raccolti, tutti in paese  respirarono veleno per anni senza saperlo e sono morti senza aver mai messo piede in una fabbrica Eternit.

Penso a chi ai tempi accolse con gioia l’apertura degli stabilimenti, a chi è tornato a casa felice per essere stato assunto, a chi finalmente poteva mettere i soldi da parte per sposarsi e mettere su famiglia, gente semplice che vedeva nelle fabbriche Eternit una svolta nella loro misera vita, fatta di stenti. Lavorare all’Eternit era la certezza di un lavoro duro ma sicuro. Il sogno del posto fisso non era più solo un sogno, la piccola cittadina di Casale Monferrato (ma non solo) crescette sotto la spinta del boom economico e chi prima viveva in miseria, adesso poteva assicurare alla famiglia pasti caldi, un tetto sulla testa e anche qualche sfizio.

Ma chi lo avrebbe immaginato che un materiale, all’apparenza innocuo, avrebbe seminato tanta morte? È una storia che fa rabbia questa delle morti silenziose a causa dell’amianto, fa rabbia alla luce anche dei recenti fatti di morti sul lavoro e della totale indifferenza al rispetto di semplici norme di sicurezza.

La politica del profitto fa sì che anche un’attrezzatura basilare, come una semplice mascherina che protegge dagli effluvi nocivi, sia ritenuta superflua e dispendiosa. Che rabbia che mi fa la politica del profitto, che come un caterpillar distrugge tutto ciò che c’è intorno, che tiene in scacco chi non ha altra scelta che accettare le condizioni assurde impostegli dai piani alti. paga per queste esistenze strappate alla vita? Perché non s’impara mai dalla storia? È vero, l’eternit non c’è più, ma la gente continua a morire lo stesso.

Le varie associazioni nate intorno al fenomeno delle morti silenziose da amianto lavorano incessantemente per vedere riconosciuti quei diritti la cui violazione ha portato alla morte di tante persone e i risultati si vedono: finalmente, si è dato il via al cosiddetto “processo Eternit” a Torino, che vede imputati due alti dirigenti dell’azienda per “disastro ambientale doloso e omissione volontaria di cautele nei luoghi di lavoro”.  Forse quel silenzio assordante avrà finalmente una voce.

Ma la situazione è lontana dall’essere rosea: lo smaltimento di tutte le strutture in eternit è difficile se non impossibile; se si pensa all’enorme produzione di amianto, è plausibile ritenere che alcune di queste strutture non siano state smaltite in maniera adeguata ed, essendo un materiale indistruttibile, la rimozione “manuale” è l’unico metodo di bonifica. Lo smaltimento deve essere effettuato con cautela e nel rispetto di tutte le norme di sicurezza, perché la dispersione di particelle è continua!

Insomma, smaltire l’amianto, oltre che complicato “logisticamente”, è anche pericoloso, per cui il danno rischia di essere maggiore del beneficio. La bonifica deve essere effettuata da imprese iscritte all’albo nazionale dei bonificatori e i lavoratori devono essere in possesso di un attestato di formazione professionale e di idoneità sanitaria alla mansione.

A peggiorare le cose ci sono i costi di smaltimento che sono abbastanza sostenuti, cosa che scoraggia ulteriormente il privato cittadino. Inoltre, la campagna di sensibilizzazione è pressoché nulla e, si sa, la “mala informazione” fa più danno che altro.  In definitiva, ci troviamo a lottare contro due colossi come l’indifferenza e l’ignoranza, che al contrario dell’amianto, killer inconsapevole, sono ancor più pericolosi, perché uccidono sapendo di uccidere.

fonte vignetta di Mario Bochicchio: http://mariobochicchio.blogspot.com/2009_12_01_archive.html

[1] Eternit è il marchio registrato della fabbrica che produceva le fibre d’amianto, pian piano il nome è assunto per indicare materiali fatti con il fibrocemento di amianto.

[2] Minerale resistente alle alte temperature, isolante, duro come roccia ma nello stesso tempo fibroso tanto da poter essere filato, i suoi filamenti sottilissimi quando vengono lavorati rilasciano una sottilissima polvere.

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