Quando credevamo nelle fate

Quanti di voi, almeno una volta al giorno, ripensano con nostalgia alla propria infanzia? Eravamo così innocenti, immacolate concezioni senza altro bisogno se non quello di avere un bel regalo a Natale o per il compleanno e sentirsi amati, come una benedizione scesa dal cielo.
Certo, ad alcuni saranno mancati i primi, ad altri l’amore di una famiglia, a molti entrambe le cose. Tuttavia, c’era sempre qualcosa di cui gioivamo, perché il mondo era solo quell’ angolino che i nostri piccoli cuori sapevano cogliere. Era la pupa di zucchero portata la domenica dal nonno, mangiata a dispetto del feroce dentista che aleggiava sui nostri dentini da latte, era il salotto di Barbie comprato da papà anche se costava un botto e non c’erano soldi o un pacchetto di figurine a sorpresa. Non dimenticherò mai la felicità e la commozione nel vedere nascere un cerbiattino a Villa d’Orleans e il piglio documentarista supportato dalla macchina fotografica, unico regalo utile della mia Prima Comunione (l’unico che non sono andata a vendermi di corsa appena scoperto il nascondiglio segreto dove giacevano quegli ori per me bambina inutili e freddi). Bastava poco, insomma, per assaporare ogni istante della propria giovane vita e correrle fiduciosi incontro.
I bambini di oggi non si godono nulla perché hanno tutto. Non hanno bisogno di sviluppare la  fantasia, perché sono già imbevuti di tecnologia sin dalla più tenera età. Noi usavamo le scatole di scarpe disegnate con sfondi a tema per dare delle case alle nostre bambole, e inventavamo storie meravigliose. Noi potevamo diventare una sirenetta durante il bagno della sera, la banda Occhi di Gatto che lanciava carte siciliane a mo’ di biglietto da visita cavando puntualmente l’occhio a qualcuno, riuscivamo a credere che la Madonnina ci avrebbe protetto dal male, e andavamo a letto sorridenti (almeno quelli di noi che non passavano la notte meditando su come fare fuori il fratellino appena nato). Sentimenti così puri, così genuini, da restarci nel cuore tanto a lungo, anche quando le immagini delle scene vissute sono ormai sbiadite e lontane.
Un altro amore di molti di noi bambini del “secolo scorso” era quello per la natura. Io, e so molti di voi, ero solita abbracciare gli alberi, arrampicarmi su di un ramo e parlare ore ed ore, chissà di cosa, perché credevo che loro mi potessero ascoltare anche se non parlavano, confidenti silenziosi di piccole anime piene di speranza. Se oggi un bambino raccontasse una cosa del genere, si mobiliterebbero orde di psicologi e assistenti sociali coadiuvati da cani antidroga.
Chi ha avuto la (s)fortuna di frequentare asilo ed elementari dalle suore ricorderà le tante canzoncine che allietavano le nostre giornate. Una in particolare, faceva così: “C’è chi dice che il mondo va a rotoli, che l’amore non esiste più quaggiù, che la vita soltanto lacrime sarà, IO CONTESTO l’amore vincerà finché le stelle continuano a brillare, finché qualcuno continuerà a sognare…”, e via dicendo. Imbevuti di tutto ciò, credevamo davvero che la vita fosse questa, che la preghierina pre-pasto del “danne a tutti i bimbi poveri che non ne hanno” arrivasse realmente lassù. Da grandi abbiamo capito che non funziona proprio così, ma non importa.
Sembra inutile dire che non tutti eravamo dotati di una così spiccata sensibilità, anzi, molti avrebbero preferito tre supposte di Tachipirina di seguito piuttosto che guardare i cartoni di Walt Disney. C’era invece chi, come me, si commuoveva quando Mary Poppins cantava ai bambini la canzoncina della vecchietta “che chiede al tuo cuor due penny per gli uccellin”. E io puntualmente cercavo di seguirne l’esempio, non sapendo cosa fosse l’alcolismo.

Siamo cresciuti infine, chi bene chi malissimo, ma questi piccoli frammenti di innocenza e di sentimenti incontaminati ogni tanto fanno capolino nelle giornate più cupe, quando non ricordiamo più cosa sia la speranza, quando avevamo dimenticato che solo chi sogna può volare. E persino quando siamo a terra senza forze, ci viene forse da pensare che se battiamo le mani possiamo riportare in vita, oltre a qualche fatina, anche noi stessi.
Basta crederci.

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