Convegno: leggere attentamente il foglietto illustrativo. Può avere effetti collaterali.

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Quando sul sito di una qualsiasi università italiana leggete “Convegno“, prendete il tempo necessario per capire di cosa si tratta.
Il tempo è denaro, più per gli altri che per voi, in certi casi. Mai assistito a una pubblicità lunga cinque ore? Allora o siete nati sotto una buona stella o siete andati in una buona università. Perché ecco, sempre più spesso, le parole “convegno” o “conferenza” si rivelano parole ingannevoli, eventi-macedonia, in cui c’è poco d’apprendere, persino poca “fuffa”, ma molta suadente promozione della nuova opera di un illustre sconosciuto. Probabilmente il professore a lezione ne ha accennato, magari ve l’ha pure dato in lettura oppure vi ha semplicemente invitati all’incontro con l’insigne suddetto. Il problema è che, nel momento in cui leggerete il bellissimo, interessantissimo, avanguardistico titolo del convegno, non baderete affatto ai nomi, a meno che non siano Eco, Vasta, Busi, e altri soliti noti. Penserete di buttarvi nel milieu culturale della città, vi sembrerà  un’imperdibile occasione, magari troverete un tema per la vostra tesi o chissà. E così vi organizzate, cercate su Google maps dove si discuterà, appuntate l’orario e via!

Bene, adesso: entrate. Le persone prendono posto. Non badate subito al mucchio di libri sul tavolo laterale. Guardate la cattedra, vedete le targhette con i nomi, i microfoni. Vi sedete. Il primo a parlare solitamente è il rettore. E non parla del tema, ma degli edifici dell’Università, delle iniziative, ecc. Passa mezz’ora o poco più. Prende la parola l’organizzatore del convegno, ma non parla del convegno. Accenna sì al tema, così, di sfuggita… ma il nucleo attorno al quale gira il suo discorso è il suo rapporto con l’ospite, le loro collaborazioni decennali, la sua stima per l’ospite e per la sua opera, subito definita “letteraria”. Ecco, a questo punto inizia a sorgervi qualche dubbio. Vi guardate attorno e adesso, adesso sì che la notate quella pila innumerevole di libri, tutti scontati solo per quel pomeriggio che, intuite con angoscia, si rivelerà lungo, interminabile.
Cercate una via d’uscita? Beh, qui potreste essere fortunati e averne più d’una, oppure sfortunati, com’è capitato di recente a me, e trovare una sola porta in tutta la sala, quella dalla quale siete entrati, proprio accanto alla cattedra che vi sta di fronte.

Non vi restano che due opzioni: o fate una figura di merda e ve la filate, o restate lì a scarabocchiare il vostro foglio, preparato per prendere appunti, ascoltando la vita e l’opera di un ospite che non sospettavate esistere, dato che il titolo del convegno non ne faceva menzione. Sono le vecchie frontiere dello spot. Per questo è meglio perdere dieci minuti a leggere la pagina che pubblicizza il convegno che pubblicizza il libro, e scegliere di avere o non avere cinque ore di tempo per fare il consumatore colto.

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