Storytelling – Black Hood

di Carlo Nix

Mi diede, come al solito, quattro dosi in più; la quinta era per me. Era il piccolo regalino che il Boss mi dava per pagarmi il viaggio.
Da casa mia a quella di Danny c’erano pochi chilometri che ogni settimana percorrevo per ottenere quello che volevo gratuitamente, semplicemente camminando, passeggiando; col sole o con la pioggia non importava, l’importante era andare e tornare e confermare che tutto era filato liscio, come sempre.

Ogni Lunedì e fino al Lunedì successivo andavo in centro passando attraverso la “zona rossa”. Così la chiamavamo noi del quartiere. Era la via vecchia, lo stradone della fabbrica abbandonata dove la protezione del Boss e dei suoi scagnozzi non poteva arrivare. Quella era la zona di Alfred, che da tempo aveva preso il giro dell’eroina lasciando la cocaina al Boss.
Il quartiere era come un supermercato diviso in reparti: se chiedevi informazione sui giocattoli al tipo dei sanitari non solo non ti rispondeva, ma poteva anche romperti il naso con una testata e rubarti i soldi. Un supermercato a modo; un supermercato della droga. 

Il mio viaggio iniziava appena sceso dell’autobus.
Quel Lunedì mi accorsi rapidamente degli strani sguardi dei neri. Erano le civette di Alfred e controllavano la zona, in particolare chi entrava ed usciva nella zona vecchia era subito squadrato dalla testa ai piedi: come con i raggi x loro fiutavano la paura ed ogni sospetto doveva essere chiarito. Io, come sempre, girai l’angolo con tranquillità, senza dare troppo nell’occhio, ma quel giorno, quel Lunedì, qualcuno mi afferrò e mi trattenne. Una mano grossa e pesante si poggiò  sulla mia spalla.
«E tu dove cazzo vai?»
Riuscì a stento a trattenere un conato di vomito del pranzo consumato poco prima. Era l’agente McReady, di pattuglia a piedi proprio nella zona rossa. Il signor McReady era anche il mio vicino di casa e da qualche tempo pareva guardarmi con uno strano piglio di sospetto.
«Che cazzo ci fai da queste parti? Tuo padre come sta?»
«E’ morto il mese scorso signor McReady.»
«Ah già, brutta storia; beh le mie più sincere condoglianze a tua madre. Occhi aperti che in giro ci sono brutti ceffi.»
“Come se non lo sapessi, vecchio alcolizzato di merda!” – dissi dentro di me.
Mi girai senza salutare e continuai la mia strada.
Proseguii lesto verso il civico numero 32 di Boyle Street. I citofoni erano rotti e dovevo salire fino al quinto piano del grande palazzo giallo dove viveva Danny. Il palazzo era pieno di Afrikaans e Latini. Donne a seno nudo allattavano i proprio figli e ti offrivano sesso orale in cambio di pochi soldi. Mi affacciai alla finestra del terzo piano per prendere fiato quando vidi la sagoma enorme dell’agente McReady mentre entrava goffo proprio dentro al civico 32. Ripresi la risalita fino all’appartamento di Danny, correndo, e in breve mi trovai davanti la porta di casa sua. Detti tre colpi alla porta d’ingresso e una voce rispose:
«Chi cazzo è?»
«Sono Cappuccetto Rosso, apri nonna…»
Il trambusto, la porta che si apre e due mani che mi afferrano e mi tirano dentro.
Il buon caro e vecchio Danny è legato ed imbavagliato ad una sedia con gli occhi gonfi di botte e la fronte e le guance tagliuzzate con delle lame.
«E questo succhia cazzi chi diavolo eh? Ah, Danny, chi è questo poppante del cazzo?»
«Sono solo suo nipote! Ero venuto solo per un saluto!»
«Ah, il piccolo nipotino di Danny è venuto per salutare … Vieni qua, vieni a dare un bacino allo zio Danny!»
Il tipo con la lama mi afferra, preme la mia faccia contro quella di Danny sporcandomi il viso di sangue fresco.
«Danny, dove cazzo è la roba, mi senti Danny? Vuoi forse che eviriamo il tuo piccolo nipotino?»
Con la bocca imbavagliata Danny non può dire che la sua roba si trova nelle mie tasche e come è vero iddio mi avrebbe venduto per molto meno e dato in pasto ai cani per venti sterline quel figlio di buttana.
Nel momento in cui il tipo con la lama mi lascia e si avvicina a Danny per farlo parlare irrompe l’agente MacReady con altri due poliziotti. Io riesco a nascondermi dietro la porta e ad evitare di trovarmi in mezzo ai due fuochi della sparatoria.

Ho ancora il fischio nelle orecchie quando esco dal numero 32 di Boyle Street mentre sento l’accorrere dei neri e dei latini verso il luogo del caos. Con il cappuccio nero a coprire la mia testa e i miei tredici anni salgo su un autobus con in tasca un bel po di roba e una scusa fantastica per il Boss. Oggi la nonna non riceverà la visita del suo adorato nipote, ma il cacciatore ha fatto fuori il lupo…

Era un Lunedì quel giorno e il mio cappuccio nero copriva tutto.

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