Le due chiavi della vittoria stradale

di Fabio Campoccia

Era una qualunque mattinata feriale di un qualunque mese di qualche anno fa.
Con la mia bici come ogni santo giorno feriale mi recavo al mio ufficio. C’era una sottile pioggia che rendeva la passeggiata non troppo gradevole, ma si sa, un ciclista sfida tutte le peripezie stradali e atmosferiche pur di non chiudersi in una scatola metallica e subire l’infamia del traffico. Specialmente all’inizio della giornata.
Camminavo per la strada.
Educatamente e civilmente rifutavo di salire sul sicuro marciapiede e svincolavo tra automobili e autisti di bus distratti e nevrotici che cercavano in tutti i modi di sbarrarmi il passo. Ad un certo punto, un’amabile signora anziana, seduta dentro un’auto posteggiata, spalancò a bruciapelo lo sportello giusto davanti a me. Con un acrobatico colpo di reni riuscii ad evitare lo sportello e, preso da un certo disappunto, mi rivolsi alla signora, ancora pedalando, con un tono obiettivamente educato: “Attenzione per favore!”.
La signora ci riflettè pochi secondi, giusto il tempo di farmi allontanare, e poi urlò sgarbata: “Ma perché, lei non ce l’ha il campanello?”
E fu allora che ebbi la mia prima illuminazione!
La sua domanda non ha ovviamente alcun senso. Cosa dovrei fare? Scampanellare ad ogni macchina posteggiata, nel timore che qualche autista distratto sia sul punto di scardinarmi dalla bici con lo sportello? Ma lo studio dei tempi della risposta della signora (ormai ero a 3 metri di distanza e non avevo certo la voglia ed il tempo di fermarmi a riflettere per elaborare una risposta degna di un tal non senso), e soprattutto appunto il suo NON SENSO, avevano una precisa conseguenza: la signora aveva vinto!
No, non sorridete. È una cosa molto importante! Lo capii in quel momento. Se hai il coraggio di andare in giro per Palermo e di aprire bocca, poi DEVI VINCERE. Devi avere l’ultima parola. Altrimenti il tuo onore di palermitano ne risulterà completamente compromesso. Guardatevi intorno. Una risposta DEVE essere data sempre e comunque. Non importa cosa rispondi. L’importante è rispondere con un tono arrogante (a volte canzonatorio).
E la risposta NON DEVE AVERE SENSO.

Apro una piccola parentesi. “Prendere la questione”, cioè fermarsi per discutersela e magari innescare una rissa per ogni sciocchezza è una cosa che (escludendo offese a mogli, sorelle e madri) fa solamente chi ha precisi trami psicologici, figure paterne invasive e violente, mogli oppressive, insicurezza cronica e gravi problemi di autostima. Prendere la questione è una stupidità patologica e autolesionista (prima o poi quello più grosso di te lo trovi).
Io sto parlando della scaramuccia stradale rapida, di quelle che si estinguono in pochi secondi.
Il NON SENSO è la chiave, dicevo.

La mia prima illuminazione: rispondi qualsiasi stronzata ma rispondi.
Dai il tempo al contendente di allontanarsi un po’ e poi rispondi un NON SENSO. È un’ottima strategia di vittoria.
Ma non è tutto. Dopo pochi minuti ebbi la mia SECONDA ILLUMINAZIONE. Tre ragazzotti stavano passando arroganti col semaforo rosso. Un automobilista bloccato da loro, nonostante il verde, suonò infastidito. Ed i ragazzotti insolenti risposerò (sempre a tre metri di distanza); “Che cazzo vuoi coglione!”, scoppiando a ridere.
Ecco la seconda chiave per vincere sempre: giocare al ribasso. Più maleducato sei più hai la probabilità di zittire l’interlocutore.
Se ci pensate è ovvio. Quando vi trovate davanti al semaforo verde e un pedone vi attraversa la strada col rosso, se voi gli dite: “Guardi, lei sta attraversando la carreggiata col semaforo rosso e sta contravvenendo all’art. 146 comma 3 del codice della strada, è quindi passibile di verbale. Io non sono un pubblico ufficiale ma le faccio notare la sua infrazione onde se ne vergogni e si limiti in futuro a ripetere tali atteggiamenti illegali ed incivili!” ed il pedone vi risponde: “SUUUUUUUUUUUUCAAAAAA”, secondo voi chi ha ragione? Ma secondo voi chi ha vinto?
Ecco, avete capito il concetto.

Le regole sono due: NON SENSO, GIOCARE AL RIBASSO.
Quel giorno mi resi conto che tutte le mie umiliazioni stradali erano dipese solo dalla mancata conoscenza di queste due semplici regole. Ero stato sempre attento alle regole, avevo cercato argomentazioni sensate nelle discussioni, e mi ero sempre preoccupato di usare un tono ed un linguaggio civile. E avevo sempre perso.
Ma da allora il mio atteggiamento cambiò. Diventai parte della città.
Oggi finalmente respiro l’aria di queste meravigliose strade e sento di esserne un elemento indistinguibile, non sono più una imbarazzante mosca bianca.
Ora sto meglio con me stesso. Sono in pace.
Sono diventato un vincente!
Scrivo questo articolo dentro il mio SUV posteggiato sopra le striscie davanti uno scivolo.
Una signora sta cercando da diversi minuti di scendere in strada con la carrozzina che contiene suo figlio neonato e piangente.
Non riesce. Ho coperto lo scivolo con i miei pneumatici. Finalmente scende in strada, mi passa davanti e mi lancia un’occhiataccia.
Sorrido, aspetto che si allontani di tre metri e le urlo: “Cosa guardi stronza? Non ce l’hai un campanello?”. Lei, interdetta, si allontana furiosa. Ho vinto ancora.
Tronfio col mio colletto della polo alzato, innesto la prima, parto sgommando, quasi travolgo un ciclista e mentre gli urlo: “Le luci, coglione!” attraverso il semaforo rosso, bloccando l’autobus che rimane in mezzo alla corsia, impendendo a decine di automobilisti di passare.
Cominciano tutti a suonare contro di me isterici, io aspetto che la smettano e da lontano faccio anch’io un prolungato colpo di clacson mentre mi allontano vincente e pienamente palermitano.

P.S.
Nel caso in cui questo pezzo avesse urtato la vostra sensibilità e non vi fosse piaciuto, l’unica cosa che mi sento di dirvi è: “Vedete di andarvene tutti AFFANCULO, e compratevi un e-book, stronzi!”.

5 thoughts on “Le due chiavi della vittoria stradale

  1. Ieri il mio passo carrabile è stato bloccato per tipo 40 minuti da una vecchia cicciona con i capelli tinti di biondo.
    Veniva dalla chiesa e mi rispondeva con tutta tranquillità con un “che vuole che le dica, più di scusarmi non posso”

    E’ come quando la gente si ferma nella corsia con svolta continua e non si toglie finché qualcuno non inizia a suonare… non percepiscono il danno fatto ma solo la reazione al danno.

    Come si combatte contro l’assoluta incapacità di percepire di star facendo un danno al prossimo se non attraverso la percezione di una ritorsione contro se stessi?
    ( io non potevo fare ritorsione, quindi la signora era tranquillissima).

    E’ il problema fondamentale del palermitano, lo stesso del ragazzino che fa cagare il cane davanti al portone, lo stesso del tipo che butta lo scaldabagno nel cassonetto della spazzatura.

  2. Pingback: Le due chiavi della vittoria stradale | Racconti al Cubo – Fabio Campo

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