Perchè i ggiovani d’oggi non vogliono lavorare all’Expo?

di Vincenzo La Spesa

Negli ultimi giorni si è sparsa la voce che l’80% dei candidati selezionati per un impiego a Expo 2015 ha rifiutato l’offerta di lavoro. I candidati in questione erano under 29 e quindi si è scatenato il solito tripudio di: I giovani non vogliono lavorare. I giovani sono choosy. I giovani sono NEET. E una serie di altre stronz… ehm, vaneggiamenti che mi ricordano molto una scena di un certo film.

https://www.youtube.com/watch?v=aTADzA6RDCk

I giovani in Italia sono visti come un problema più che come una risorsa e i giornalisti marciano su questa “diffidenza generazionale” dipingendo una figura mitologica del “ggiovane” che asseconda tutti gli sterotipi negativi che ne ha la vecchia generazione. Ripetete con me:

  • I ggiovani non vogliono lavorare.
  • I ggiovani sono choosy.
  • I ggiovani sono NEET.
  • I ggiovani cono bamboccioni.
  • I ggiovani dovrebbero fare volontariato durante le vacanze estive (Poletti insegna, l’ha fatto suo figlio!)
  • I ggiovani sono “una generazione non abituata al lavoro” (video qui).

Cerchiamo di esaminare meglio la questione, partendo da un presupposto: Chiunque non sia disperato è choosy, si sceglie sempre la migliore fra le opzioni disponibili.

Per prima cosa analizziamo un articolo di un giornale mainstream, a titolo puramente esemplificativo:

Expo, otto giovani su dieci rinunciano al lavoro: stipendio basso e troppe ore. In moltissimi hanno deciso di non accettare un contratto da 1.300-1.500 euro netti mensili: “Almeno l’80% dei candidati si è tirato indietro”

Vediamo di scindere il problema in componenti più semplici.

Alla fine i candidati li hanno trovati

Il commissario unico di Manpower (l’azienda di body rental che selezionava i giovani in questione) si dice molto stupito dai numerosi rifiuti ricevuti, ma alla fine i candidati li hanno trovati. Li hanno trovati semplicemente attingendo alle persone che erano state scartate inizialmente.

Il dato dell’80% è assolutamente fuorviante

I dati effettivi parlano di un 46%. Si ottiene l’80% sommando i rifiuti delle prime selezioni e delle seconde e delle terze. E la fonte è attendibile, si tratta dell’agenzia stessa. Lavoro in Expo: quasi 1 su 2 rinuncia.

Due parole sulla tipologia di candidati

Sempre basandosi su quel che dice l’agenzia possiamo fare qualche analisi della distribuzione dei candidati:

  • Il 63.2% sono laureati
  • Il 9.8% sono universitari
  • Il 26% non sono laureati

C’è una schiacciante maggioranza di laureati. Sapete una cosa? Forse vi stupirà ma stando alle ricerche dell’Istat (che risalgono al 2011) il 71% dei laureati nel 2007 ha trovato lavoro entro il 2011. Ora, magari questa percentuale sarà scesa, ma non c’è nulla di strano nel provare a candidarsi all’Expo contemporaneamente ad altre prove. Poi si sceglie l’opzione migliore.

Yes, we are choosy.

Due parole sulla distribuzione geografica dei candidati

  • 73% nord
  • 28.1% centro-sud

Sapete una cosa? Il contratto era ovviamente non rinnovabile dopo l’Expo, e gli affitti costano. Si tratta di trovare casa e affittarla solo per 6 mesi. Quindi anche trovando un lavoro con una paga inferiore ma vicino casa probabilmetne la preferenza sarebbe stata per il secondo.

1500€, veramente?

Naturalmente, le richieste di figure professionali sono puntualissime nel dire cosa cercano ma molto meno nel dire cosa offrono. Non è facile sapere quanto si guadagnerà. Ma ci sono offerte per qualunque cosa, dai tecnici agli addetti alle pulizie agli addetti all’accoglienza. Mi riesce difficile pensare che tutte queste figure guadagnino allo stesso modo. Mentre pare ovvio che fosse sempre richiesta disponibilità a turni notturni e nel fine settimana.

Ggiovani ingrati che spariscono e non dicono nemmeno grazie!

Documentandomi su questa storia mi è capitato di leggere anche questa meravigliosa frase:

Il 46 per cento dei primi selezionati (645 profili su 27 mila domande arrivate alla società Manpower, cui era stato affidato il compito della raccolta dei curricula e della prima selezione) è sparito al momento della firma. Sparito anche nel senso letterale del termine: qualcuno non ha neppure mandato una mail per dire «Grazie, ci ho ripensato». link qui

“Grazie, ci ho ripensato?” Parliamo di aziende che trattano il lavoratore come una commodities, come merce indifferenziata. Parliamo di aziende dove se non vieni preso il “le faremo sapere” si trasforma in silenzio. Per quale assurdo e folle motivo si dovrebbe mostrare gratitudine verso un’agenzia interinale?

Il lavoro non è una concessione! Loro pagano qualcuno che produce qualcosa per loro, fine della storia. Non devo gratitudine a qualcuno che mi assume, figuriamoci a qualcuno che voleva assumermi a delle condizioni che ho giudicato insostenibili.
Ho chiesto scusa per aver rinunciato a un lavoro una volta, ma non ero stato selezionato con un concorsone generalista che cercava figure generiche. Non ero una commodity.
Forse è ora di smetterla di alimentare questo stereotipo del giovane bamboccione.
Forse certa gente dovrebbe cambiare lavoro e provare di nuovo l’emozione di cercarne uno.

4 thoughts on “Perchè i ggiovani d’oggi non vogliono lavorare all’Expo?

  1. Ottimo, chiaro, illuminante, lo scrivo anche qui. Dire che sie migliorato in forma e chiarezza contenutistica è poco (: inoltre ti inserisci perfettamente nel pieno delle mie attuali riflessioni/studi/tirocini sul lavoro. Incipit: “il lavoro nobilita l’uomo”, “se questo è un uomo”.

  2. Tra le varie, mi sto occupando di lavoro, psicologia del lavoro, ricerche sul lavoro, articoli sul lavoro, gruppi sul lavoro, qualità della vita/del lavoro, benessere organizzativo… ma sono solo “all’inizio” (:

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