Rileggere più volte un libro. La mia esperienza con “il Conte”

Quante volte avete riascoltato la stessa canzone, quella che vi è entrata in testa e non vi ha lasciato più? Quante volte avete visto e rivisto quel film, con quell’attorone gnocco che quando si spoglia fa resuscitare i morti? A me capita davvero spesso, e non solo per Gary Oldman che quando nuota nudo nel ruscello della Lettera Scarlatta fa venire le palpitazioni, o per i System of a Down che mi hanno accompagnato durante gli anni bui del liceo. No, lo si fa perché “è normale”. Non c’è niente di insane nel riascoltare una canzone che ci piace o rivedere un film a noi caro.


Però io ho un altro problema: non si tratta di musica o di film, del resto non so contare quante volte io abbia ascoltato, che so, “Io vengo dalla luna” o visto, ad esempio, “The Matrix”… però vi dirò quante volte ho letto quello che è il mio romanzo preferito.
Spulciando nel web ho cercato informazioni a riguardo, perché pensavo – e penso tuttora – di avere una qualche forma di disturbo psichico. La rilettura di un libro non è una cosa grave, anzi molto spesso è anche consigliata. Rileggere un libro ci fa assaporare dei passaggi che ad una prima lettura sfuggono, ci fa scoprire cose nuove e piccoli dettagli che si possono cogliere solo dopo una visione d’insieme della storia. La rilettura è anche utile per comprendere noi stessi, scoprire se siamo sempre gli stessi o se i nostri gusti o pensieri sono mutati, se ci immedesimiamo sempre nello stesso personaggio o se non ne condividiamo più le scelte.
La prima volta che lessi Pirandello avevo 12 anni. Precoce? Vedevo mia madre che la sera, prima di addormentarsi, leggeva quei suoi bei romanzi rosa e volli emularla. Le rubai un libro ma, dopo diverse pagine di sospiri e singhiozzi strozzati, decisi che non era decisamente il mio genere! Così spulciai a fondo la libreria di famiglia alla ricerca di un libro “per ragazzi”. Ma titoli del calibro di “Il giornalino di Gian Burrasca” o quel famigerato e tanto consigliato da papà, “Cuore”, non facevano per me. Così quando lessi su una copertina “Il fu Mattia Pascal”, provai una certa curiosità. Ah! Quell’Adriano Meis, che si inventa una nuova vita! “Che egoista”, pensavo. Che ne poteva sapere, di Pirandello, una brufolosa me all’età di 12 anni? Comunque lo rilessi a 16 anni. E poi anche a 25 anni. Tre volte. E tre visioni completamente diverse di Pirandello.
Allo stesso modo, ho letto tutta la bibliografia della Austen, ma Mr Darcy che confessa suo malgrado l’amore alla signorina Bennet, l’ho riletto per cinque volte! Ho accompagnato Frodo attraverso la terra di Mezzo per ben tre volte! Harry Potter ha, per quattro volte, sconfitto Voldemort grazie a me!
Ma la mia “malattia” è un’altra: inizia il 12 giugno del 2001. Poi continua il 10 febbraio 2002. In quell’anno anche il 18 maggio e il 5 ottobre. Il 20 maggio e il 21 luglio e il 19 settembre del 2003. Il febbraio del 2004. L’aprile del 2005. Settembre 2006. Aprile 2008. Luglio 2010. Ottobre 2011. Settembre 2012. Luglio 2014 e luglio 2015.
Avete mai letto un libro per 16 volte? Io sì. Trattasi del famosissimo – e temutissimo per stazza e pesantezza – Conte di Montecristo. Regalatomi da mio padre nell’anno 2000, cominciai a leggerlo e lo abbandonai al terzo capitolo, ritenendolo noiosissimo, fino a quando l’anno dopo non gli diedi un’altra chance.
E così, per 16 volte Edmond Dantès è stato incarcerato duramente e ha sofferto nelle segrete del Castello d’If, e per 16 volte ha potuto ergersi a sostituto della Provvidenza e vendicarsi di quei miserabili che avevano costruito la loro fortuna sulle sventure altrui.
Non chiedetemi perché lo abbia fatto: non lo so neanche io. So soltanto che è diventata un’esigenza fisica o biopsichica. Delle volte io “sento il bisogno” di rileggere “il Conte” – come ho preso l’abitudine di chiamare il romanzo. Quando intraprendo una nuova sfida, quando sto passando un periodo difficile, o semplicemente quanto ne “sento il bisogno”, ecco che il Conte è li.
Non ti secca perdere tempo con lo stesso libro? Non lo conosci già a memoria? Ma che gusto ci provi? La gente mi ha sempre guardato male quando ha scoperto questa mia “mania”. Per questo ero restia a parlarne a voi, cari lettori di Abattoir. Ma fatemi un favore, leggete anche voi il Conte! E sicuramente capirete. Nel Conte c’è tutto: amore ed odio, vendetta e perdono, sofferenza e gioia, menzogne incantevoli e verità sublimi.
Non so se questo attaccamento morboso ad una storia e a dei personaggi rifletta un qualche disturbo della psiche, ma so che questa stessa storia e questi personaggi hanno contribuito a formare la Cristina che vi sta scrivendo. Per cui, pace: mi tengo la mia mania e la certezza che tanto, prossimamente, mi ritroverò ad aprire la prima pagina del Conte

“Il 24 febbraio 1815 la vedetta di Nostra signora della Guardia segnalò il tre-alberi Pharaon che arrivava da Smirne, via Trieste e Napoli”

 

E adesso, giudicatemi fuoddre.

8 thoughts on “Rileggere più volte un libro. La mia esperienza con “il Conte”

  1. Sono una rilettrice accanita, quindi so di cosa parli e capisco perfettamente l’esigenza: è come tornare a indossare un maglione comodo, che ha preso la forma del tuo corpo, che ti avvolge e ti scalda. Ho la stessa mania nei confronti di un libro in particolare “Jane Eyre” riletto almeno dieci volte (non le ho contate ma più o meno siamo li) e per in film in particolare :via col vento. È più forte di me: se lo becco in TV DEVO guardarlo. Malate o no, chi se ne importa. Tenianoci la mania!

  2. Il conte di Montecristo è uno dei pochi libri che non sono mai riuscito a finire…
    ne abbiamo già parlato mi pare, mi stroncava di noia! come Moby Dick e La memoria del topo ( questo non lo conoscete, è un thriller che mi regalarono anni e anni fa)

    I libri che ho riletto innumerevoli volte sono Neuromante e Guida galattica per autostoppisti.
    E sono certo che la mia immaginazione deviata derivi da questi due xD

  3. Questo argomento mi coinvolge molto perche’ non solo rileggo i libri ma ho anche un mio metodo.
    Se un libro mi e’ piaciuto lo rileggo subito dopo averlo finito.
    Se mi e’ piaciuto molto e mi ha anche coinvolta emotivamente, lo rileggo una terza volta di seguito e lo conservo per riletture future. Questa logica la applico sia con libri “seri” e pallosi, che con romanzetti gialli ben scritti (Sellerio forever).
    Altra questione per quei libri che utilizzo come rimedio antidepressivo e non saprei dire quante volte li ho riletti, anche perche’ li apro ed inizio a leggere da dove capita.
    Uno di questi e’ “Tre Uomini in Barca (per tacer del cane)” di Jerome K. Jerome, salto sempre le (tediose) informazioni turistiche e mi concentro sulle vicissitudini raccontate. Non so come sia possibile ma finisco sempre per sghignazzare compulsivamente anche se lo conosco a memoria. Anche la “Guida Galattica per Autostoppisti” e’ un buon antidepressivo, anche se la trama e’ troppo complessa quando sono in stato semi-catatonico.

    PS Il vizio della rilettura garantisce un notevole risparmio economico per i “drogati” di lettura come me

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