Il paese dei farlocchi

di Adele Musso

Sono figlio dell’ingegneria genetica, i miei genitori sono andati in Spagna per assemblarmi, qui in Italia fino a poco tempo fa la legge quaranta sulla fecondazione assistita vietava manipolazioni e terzi incomodi.
Mi volevano bello e pareva impossibile, ma sotto uno sghiribizzo di Gaudi il desiderio si esaudì.

I miei hanno i soldoni, mio padre possiede l’Aiazzone (mobili di gran pregio), mia madre, una donna dai capelli dal colore improponibile, dirige un’agenzia matrimoniale “La turchina S.p.A.”: è una maga nelle legature d’amore.
Viviamo in un enorme palazzone di vetro, i miei odiano la campagna e gli insetti, io invece adoro la luna e i grilli che fan cri cri. Ho un QI molto elevato, sono prossimo alla genialità e i miei mi obbligano a frequentare ragazzi come me, ma io sono unico, io sono solo.
Sono un bambino sincero, non riuscirei a mentire neppure se lo volessi, non capisco perché fin da piccolo mi abbiano soprannominato: Trickster, nomignolo da volpe. Non comprendo, nonostante la mia intelligenza, il mondo che mi circonda. Tutti mentono di continuo come se fosse una necessità, che io, invece, non avverto. Tutti sembrano delle marionette, se mi concentro bene, riesco anche a scorgere i fili che vanno verso l’alto e obbligano a movimenti stabiliti. La mia carne trema al pensiero della menzogna. Sono refrattario al trucco e all’inganno, un vero caso disperato. Ho un corpo perfetto, ma se mi guardo in giro qui son tutti rifatti, specie i setti nasali. Lunghi, sporgenti.

Papà e mamma hanno allestito un grande zoo, giusto sotto casa, per farmi superare la diffidenza che nutro nei confronti degli animali, posso così ammirare (rimanendo al sicuro) gatti e volpi che non emettono alcun suono, lucciole spente, balene magrissime e ciuchi tristi, anch’io divento triste quando osservo queste misere creature.
Che paese bizzarro il mio, gli uomini mettono al mondo figli per non restare da soli e poi li lasciano in balia di loro stessi. Io sono solo.
Siamo quasi al punto che non moriremo più. Essere immortali e perfetti però è estremamente noioso, di contro si assiste a una strana moria di coscienze, una bella martellata e zac! Zittite inesorabilmente.

La notte dormo male, sogno un omone dalla barba nera che beve, beve e poi vomita fuoco. Sto pensando seriamente di farla finita, di cambiare vita, ma come? Non posso farmi ingoiare da una balena, perché eccetto quella che languisce allo zoo, le altre sono tutte morte a causa dell’inquinamento dei mari e degli oceani. Vorrei fuggire, magari lavorare in un circo, ma sono tutti chiusi per carenza di senso dell’umorismo. Che vita inutile, avere le risposte alle domande più difficili, e non provare la gioia di giocare e avere amici. È necessario un cambiamento radicale. Una corretta disumanizzazione è quello che ci vuole. Una metamorfosi: uomo, vegetale, legno, burattino, anch’io con i miei bei fili manovrati dall’alto saprò ripetere i movimenti dell’esercito dei balocchi. Mangiare bere dormire, una vera vita falsa, sarà la più grande menzogna a liberarmi. Mi spoglierò della mia carne e andrò per il mondo con gambe di legno, un naso appuntito e delle orecchie d’asino e un libro dalle pagine bianche sotto il braccio, un nuovo adepto dell’esercito delle teste di legno.

6 thoughts on “Il paese dei farlocchi

  1. Adele ancora una volta con lucida ironia ci invita a riflettere su temi attualissimi. La manipolazione della vita, degli umani, delle creature con cui conviviamo su questo povero pianeta e sulla terra di cui siamo ospiti di passaggio e che abbiamo il dovere di non rendere invivibile a c GNU i verrà dopo di noi. Brava Adele.

  2. Complimenti, Adele! Un testo molto bello e ricco di significato. Speriamo di ospitarti presto con un nuovo post :)

  3. “Io sono unico, io sono solo”. E poi il burattino che è quasi meglio dell’uomo: almeno non ci si prende in giro a far finta di non essere burattini!

    Penso all'”imperativo etico fondamentale” di Kant, oggi continuamente invalidato dai pinocchi-umani moderni: tratta sempre l’uomo NON come mezzo, ma come FINE! L’uomo non è uno strumento e non deve essere subordinato ad altri scopi che non se stesso (se non a scopi direttamente destinati alla protezione della sua stessa vita-coscienza-intelligenza-evoluzione). Ciò che non coincide con questo fine NON E’ uomo!

    Beh, sì; a questo punto, “una corretta disumanizzazione è quello che ci vuole.”

    (Torna presto ;) )

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