Storytelling – Il bosco di Nora

davide sclafani

Lago di Piana degli Albanesi (PA) – Foto di Davide Sclafani

Anche se sono atterrata da poco portandomi dietro gli strascichi di ore di volo, ho chiamato subito Cosimo per un giro in bici.

A Lago Alto, il mio piccolo paese natio immerso tra le montagne, dove evidentemente Dio era particolarmente ispirato, tutto è rimasto uguale: le basole, le chiese, le persiane socchiuse, gli anziani seduti al bar del corso che giocano a carte e che, piccola parentesi vanesia, ammirano quanto siano diventate belle le tue gambe e quanto invece il seno trovi difficoltà nel vecchio top. Ma, come spesso accade dopo esser stati lontani molto tempo, tutto, anche se immutato, sembra più piccolo: persino il lago al di là della collina che s’intravede dalla finestra, tra le orecchie appuntite del mio vecchio gatto, adesso mi sembra più uno sputo di un dio annoiato. Mi affaccio al balcone, Cosimo e la sua amata Legnano sono giù che scalpitano.
«…Che si fa? Aspettiamo che si prosciughi il lago? Sveglia Nora! Come on!»
«Scendo scemo, ma niente inglese!»

Lo guardo, lo abbraccio e mi pento di avergli dato un bacio a tredici anni solo per scommessa; si è fatto ancora più alto, ma per il resto è il solito Cosimo: capello che sembra un casco di banane, dreadlocks, odore di Jamaica fatta di vita sempre uguale.
In sella, le bici si allineano seguendo il profilo dolce delle colline che si distendono verso il lago; i piedi sono fermi sui pedali e, nel cielo limpido di giugno che rivedo dopo tre anni di nebbie londinesi, immagino ciò che sta dietro la curva a poche pedalate: il bosco, le mie montagne e i prati specchiati sull’acqua; un meraviglioso giardino uscito da un dipinto di Monet, un’infinità di odori straordinari che richiamano tutti i picnic, le fughe, i giorni trascorsi seduta sul pontile nell’attesa di capire cosa fare della vita attraverso il giallo, l’arancio, il rosso e il verde delle stagioni, i bagni proibiti, i pomeriggi d’estate dopo la scuola con gli aromi del muschio e delle foglie bagnate che mi accompagnavano fino a casa. Sorrido.
«Cosimo, ti ricordi la mia fase giapponese? Ancora rido!»
«Ah… non me ne parlare, ho ancora gli incubi! Ti eri fissata a dare i nomi ad ogni albero e t’incazzavi se non mi ricordavo i nomi esatti… Per poco ci parlavi…»
«Guarda che io ci parlavo veramente».
«Eh lo so, tu non sei mai stata normale… Quanto al bosco, qualcosa è cambiato: non so se hai saputo dell’incendio dello scorso anno…»
Freno di botto.
«Incendio? Ma di cosa parli? Cos’è successo…? Che cazzo dici?»
Cosimo non ha colpe, ma ciò che vedo al di là della curva è solo una piccola premessa di ciò che ricorderò coperto dalla cenere.
La visione è spettrale.
«Il bosco che lambiva il lago si è salvato: qualche pino, i lecci, molto altro è andato distrutto, ma come vedi sono rimaste le radici, mio padre dice che ci vorrà un po’ di tempo ma si riprenderanno…»
«Si riprenderanno? Ma cosa dici, Cosimo? Cosa vi siete bevuti in questo paese dimenticato da Dio? I miei alberi! I miei paesaggi… Erano i miei alberi, era il mio bosco, cazzo! Prima che tutto ritorni come l’ho amato io, passeranno altri venti o trent’anni, tu forse starai ancora in questo buco di paese a farti le canne, ma non tornerà mai più come prima. Qui ci venivano i cormorani, i falchi pellegrini, siamo a giugno e sembra fine novembre! E gli odori? L’odore del mirto, delle foglie con la rugiada, degli aghi di pino che marciscono… C’è rimasto solo un cazzo di pontile… E quanto? A distanza di un anno sembra che sia bruciato ieri, ben che vada ci sarà solo un prato…»
«Nora… ho portato…»
«Cosa??? Perché mi ci hai portato, perché non me lo dicevi subito!? Perché non mi hai evitato tutto questo!?»
«Perché volevo che lo vedessi per aiutarmi a renderlo più bello di prima. Perché volevo che tu mi aiutassi a ricordare com’era. Nora, forse non tornerà ad essere ciò che noi portiamo nei nostri ricordi, ma vedi, questi semi che tengo in mano, le giornate che passo a risistemare insieme ad altri ragazzi, serviranno a renderlo nuovamente meraviglioso, sarà il nostro bosco Nora, nostro veramente».

Lo abbraccio in lacrime. Su un prato striminzito si allungano solo le nostre ombre; il sole di giugno splende sopra l’inverno di cenere e gli alberi anneriti. Torniamo indietro in silenzio, io non ho voglia di parlare, solo Cosimo si lancia in piccole confidenze.
«Ah… poi sai, quel libro l’ho finito… veramente bello».
«Il Barone Rampante?»
«Esattamente. Il giorno dell’incendio pensavo che dovrebbero leggerlo un po’ tutti, nella fattispecie chi è del mestiere e si prende cura dei boschi».
«Scemo!»
Mi strappa un sorriso e un bacio.

Poi, bastò l’avvento di generazioni più scriteriate, d’imprevidente avidità, gente non amica di nulla, neppure di se stessa, e tutto ormai è cambiato, nessun Cosimo potrà più incedere per gli alberi.
(Italo Calvino, Il barone rampante)

 

5 thoughts on “Storytelling – Il bosco di Nora

  1. Sai Marco, ogni volta che torno a Palermo in aereo so che nel tragitto verso casa incontrerò la stele in ricordo della strage di Capaci e provo una grande rabbia per quello che la Sicilia è stata, è, e lascino che sia. A giugno però a questa rabbia si è aggiunta quella di vedere i segni degli incendi che hanno ispirato il tuo racconto. È terribile constatare continuamente i mille modi in cui stanno distruggendo quella che a mio avviso rimane la regione più bella d’Italia

  2. Grazie Cristina :)

    Sonia, il fuoco era visibile dallo spazio, così per farti capire.
    Non passare da Cefalù. :(

  3. L’incendio è stato devastante… ma da un seme può rinascere la vita… è da questo che bisogna ripartire… è dalla speranza… grazie Marco :-)

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