Trent’anni da non battezzata e non sentirli

Devo dire che ho sempre amato andare a scuola: la mattina a casa ero sistematicamente la prima ad essere pronta e, zaino in spalla, ero io che sollecitavo i miei genitori a non fare tardi e ad accompagnarmi. Mi piacevano i libri, tenevo sempre in ordine i quaderni e quando stavo male mi dispiacevo per le lezioni a cui non avrei assistito. Questo ovviamente prima di beccare fisica al liceo.

Ma, leggi del moto di Newton a parte, credo di poter contare sulle dita di una mano le volte in cui andare a scuola era l’ultima cosa che avrei voluto fare sulla faccia della terra. Ed erano le volte in cui, in prossimità di qualche festività, sapevo che ci avrebbero portati a messa.
Non che la vista di immaginette sacre o crocifissi provocasse in me effetti che richiedevano l’intervento di un esorcista… Semplicemente ero una bambina non battezzata che, in un’età in cui il conformismo è la regola, si sentiva diversa dagli altri e temeva di essere esclusa. Vedevo i miei compagni alzarsi e mettersi in fila per prendere la comunione e io dovevo inventarmi puntualmente qualche scusa per rimanere seduta.
No… è che non sono andata in chiesa domenica e non mi sono confessata. Attipo che chissà quali peccati potevo aver commesso!
Ancora oggi mi chiedo che gusto abbia quel pezzo di ostia che distribuisce il prete. A volte avevo la tentazione di alzarmi e di mettermi anche io in fila. Ma la paura che ad un certo punto un fulmine squarciasse il tetto della chiesa e che un indice gigante scendesse dal cielo a indicare me, mocciosa senza-dio, mi faceva desistere.

E quindi niente, ho continuato a nascondere a tutti il fatto che mia madre, dopo aver battezzato due volte mio fratello maggiore, prima con rito cattolico e poi con rito mormone, a me decise di fare il regalo più grande, quello della libertà di scelta. Un regalo di cui per me allora era difficile cogliere pienamente l’importanza. Tipo quando per la comunione ti regalano l’orologio d’oro mentre tu volevi il Nintendo (e non capisci ancora quanti Nintendo potrai comprarti domani con quell’orologio).

A pensarci oggi, ovviamente, non avevo alcun motivo per mentire. Mia madre mi aveva più volte proposto di chiedere l’esonero dall’insegnamento della religione cattolica. Ma io, sempre preparata e attenta in tutte le materie, non volevo lo facesse. Non volevo sentirmi diversa. Non sapevo cosa avrebbero pensato le maestre (o forse lo sapevo, e proprio per questo desistevo). Non sapevo come avrebbero reagito i miei compagni. Sapevo solo che sarei stata l’unica in tutta la scuola a non fare religione. E si sa che le minoranze non piacciono a nessuno.

Ho quindi intrapreso la scelta più semplice e sicuramente meno coraggiosa: quella di mimetizzarmi. Anche se non sempre era facile. Tipo quando dovevamo recitare le preghiere e io farfugliavo parole a caso fino al tanto agognato amen finale. O la volta in cui la maestra di religione ci spiegò la storiella di Adamo ed Eva, all’indomani della lezione sul Big Bang tenuta dalla maestra Rosalba.
– Maestra, ma è impossibile che il mondo sia stato creato da Dio. C’era stato il Big Bang!
– Ma no, che c’entra… quella è solo scienza!
Ah beh.
Non era facile neanche quando scoprii che per la loro prima comunione i miei compagni avevano ricevuto dei gran bei regali. Allora sì che la mia non fede un po’ vacillava.
Di contro, era paradossale quando, durante le vacanze di Natale, andavo a casa delle mie compagnette “cattoliche” e trovavo gli alberi di natale più fighi che avessi mai visto, mentre nella mia famiglia ogni anno era una gara ad allestire il presepe più spettacolare dell’anno precedente! Insomma, devo essere stata una bambina molto confusa.

Al liceo però per fortuna le cose sono cambiate. Ho iniziato a sviluppare una personalità più indipendente, più critica, meno timorosa del giudizio degli altri, e ho smesso di nascondermi. Ho deciso, questa volta con piena consapevolezza, di continuare a seguire le lezioni di religione, e ho avuto i migliori diverbi della mia vita. Ovviamente con la professoressa di religione suora. Quella che ha avuto il coraggio di dire a me, figlia di genitori separati e di un padre assente/invisibile/ti-vedo-solo-quando-mi-costringe-il-giudice-ma-facciamo-un-giro-veloce-che-ho-da-fare, che le coppie omosessuali non hanno alcun diritto di adottare un bambino, neanche se questo è stato abbandonato in un cassonetto da genitori rigorosamente etero. Ricordo ancora le facce sorprese dei miei compagni che non si aspettavano una reazione così accesa da Sonia-Acquacheta. Se è per questo ricordo anche il portafoglio stracolmo di banconote che il mio professore-prete poggiava in cattedra con fare giusto un po’ ostentativo e l’articolo di giornale letto ai tempi dell’università in cui scoprii che era stato arrestato per pedofilia.

E quindi alla fine io sono grata a mia madre per la libertà che mi ha donato, per avermi dato il vantaggio di non possedere una dottrina unica, omologante, presuntuosamente indubitabile, in assoluto buona, vera e valida per tutti. Le sono grata perché ha scelto di non cedere alla tentazione di un battesimo fatto per formalismo, per paura del “limbo” o dell’occhio sociale. Ha voluto che fossi io a scegliere cosa essere e diventare, e ha aspettato che avessi un’età adeguata per fare una scelta del genere. Come fai a spiegare ad un bambino di pochi mesi cos’è la religione e aspettarti che lui decida da che parte stare? Il massimo della scelta che sa fare in quel periodo è se attaccarsi alla tetta destra o a quella sinistra.

E così alla fine ho scelto di non battezzarmi. Sono atea? Non lo so. So solo che u Nintendu m’accattavu u stissu.

Nel nome della Madre, della Figlia e dello Spirito rock ‘n roll.

12 thoughts on “Trent’anni da non battezzata e non sentirli

  1. Soniuzza, non lo sapevo! Che bello! Sono felice che tua mamma non abbia scelto per te. Io la comunione l’ho fatta, e mi hanno regalato degli anelli orribili. Poi ho frequentato le “lezioni” di catechismo per fare la cresima e alla domanda “perché stai facendo la cresima?” il 100% dei miei compagni rispondeva “perché altrimenti non posso sposarmi”.
    Mia madre è religiosa. Mi accompagnava lei in chiesa il pomeriggio. Anche a giocare a pallacanestro nell’oratorio della parrocchia. Lei, ai suoi tempi, è cresciuta così, non c’era altro.
    Se un giorno qualcuno mai volesse sposarmi e addirittura mi gonfiasse l’utero, credo che sverrebbe se le dicessi “non battezzo il bambino”. (Al fatto di non sposarmi in chiesa, credo si sia già rassegnata).

    • Pensa che se mai perdessi la facoltà di intendere e di volere e decidessi di sposarmi in chiesa (tra battesimo, comunione, cresima e corso pre-matrimoniale) dovrei assupparmi almeno tre anni di lezioni, attipo laurea.

  2. Bellissimo Sonia, era ora che ti decidessi!
    Per me l’argomento è cruciale, per anni mi sono costretta a essere la brava credente che i miei genitori volevano che fossi (loro fanno parte di un movimento cattolico), ma dentro di me, in fondo, sotto sotto, sapevo che c’,era qualcosa di sbagliato. Una volta acquisita consapevolezza (dopo vari travagli interiori), sono stata irremovibilmente ipercritica e anche incazzata perché mi sono sentita ingannata al punto che se mai avessi un figlio lo battezzerei solo per non vedere mio padre scoppare longo longo a terra. Con mio enorme rammarico per non concedergli liberta di scelta.
    Tanto allo specchio ti ci puoi taliare lo stesso (mi rifer. Alla leggenda secondo cui i bambini non battezzati non possono guardarsi allo specchio perché vedono il demonio. Giuro che c’è ancora gente che lo pensa)

  3. È un testo bellissimo che mi dà parecchio da pensare…ad esempio penso a quei personaggi che popolano il tuo racconto (la suora, la maestra, il prete) che della loro fede dovrebbero raccontare tutta la bellezza e invece non fanno altro che far allontanare definitivamente chi, come è giusto che sia, cerca, si interroga, fa domande. Sono le persone che confondono religione e superstizione (vedi le storie terrificanti sugli specchi) e che purtroppo sono le uniche, ogni volta che si discute di religione, ad essere ricordate. Tante volte sono stata sul punto di alzarmi e andare via da messa, perché i toni dell’omelia avevano già raggiunto i limiti del tollerabile..se sono rimasta è perché sono cosciente che il Vangelo dice altro: non è omofobico né razzista, ma parla semplicemente di amore.

    • Grazie del commento, Marta. Io purtroppo ho incontrato personaggi di questo tipo, ma so bene che, almeno nella teoria, la religione è ben altro. Personalmente faccio fatica ad avere una fede, e non credo che se avessi incontrato persone diverse nel mio cammino il mio pensiero sarebbe cambiato. Tuttavia rispetto chi crede e sono sempre curiosa di ascoltare altri punti di vista, a patto che non siano “presuntuosamente indubitabili” come, ahimè, molto spesso accade.

  4. Non lo sapevo… ;O… che dire? ti ho già tolto l’amicizia su facebook e riempito la casa d’acqua santa (maria), in modo da disinfestare la tua presenza in casa mia :P

    Io sono figlio di genitori cattolici non praticant(i-mente m’abbutta andare in chiesa,ma andiamoci ogni tanto per i matrimoni), mia madre si alza quando bisogna stare seduti e si siede quando ci si dovrebbe alzare.
    L’infanzia (?) che ho avuto non ha comunque modificato una virgola sull’andare in chiesa, e la mia prima comunione l’ho fatta “da fuori corso”, quando in pratica avevo già i baffetti…tutto per seguire i fratelli più grandi e risparmiare su sala, regali e pranzi rovina famiglie già indebitate.
    Mi sentivo a disagio e, se non avessi cancellato la vhs di quel giorno meraviglioso registrando sopra un film di bud spencer, si sarebbe notato un ragazzino un po’ troppo sviluppato, cantare Rosanna invece di Osanna, nell’alto dei cieli, con la voce da Barry White.

    Detto questo, in seguito, sono stato etichettato come eretico, quando, per scherzo, invocavo il diavolo nei giochi di ruolo…

    Resto dell’idea che per essere persone buone,gentili,altruiste, basti esserlo veramente con le azioni. Mi sono fatto una religione tutta mia dove le persone buone, buone veramente, mi danno il buongiorno tra le fronde degli alberi. Credo alla luce… Per il resto…

    Credo nelle rovesciate di Bonimba…
    Credo al doppio suono di campanello del padrone di casa che vuole l’affitto ogni primo del mese.
    Credo che ognuno di noi si meriterebbe di avere una madre e un padre che siano decenti con lui almeno finché non si sta in piedi.
    Credo che non sia tutto qua, però prima di credere in qualcos’altro bisogna fare i conti con quello che c’è qua, e allora mi sa che crederò prima o poi in qualche Dio.
    Credo che se mai avrò una famiglia sarà dura tirare avanti con trecento mila al mese, però credo anche che se non leccherò culi come fa il mio caporeparto difficilmente cambieranno le cose.
    Credo che c’ho un buco grosso dentro, ma anche che il rock n’ roll, qualche amichetta, il calcio, qualche soddisfazione sul lavoro, le stronzate con gli amici ogni tanto questo buco me lo riempiono.
    Credo che la voglia di scappare da un paese con ventimila abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso, e credo che da te non ci scappi neanche se sei Eddy Merckx.
    Credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri. Credo che per credere, certi momenti ti serve molta energia. Ecco, allora vedete un po’ di ricaricare le vostre scorte con questo:

    Nel nome della Madre, della Figlia e dello Spirito rock ‘n roll. (cit.)

    • Hai dimenticato (o volutamente tralasciato) l’Inter di Corso, Mazzola e Suarez :P
      Ad ogni modo grazie del commento. Sono abbastanza sicura di averne parlato una volta con Barbara di questa cosa, quindi credevo lo sapessi e coraggiosamente continuassi ad invitarmi a casa tua senza coprire gli specchi. Che dirti? Hai messo della bella carne al fuoco, mi sa che c’è materiale per un altro post.

  5. Sono contenta del tuo orgoglio e dei suoi frutti. La signora Gabriella è un tipino particolare :P Diciamo che la tua/vostra esperienza mi aiuta in una riflessione: se mai le mie ovaie riusciranno a concepire, forse c’è speranza. C’è speranza di lasciare una scelta libera reale, e di non cedere per paura della fragilità, dell’emarginazione. (Fino ad oggi ho sempre pensato che avrei battezzato un figlio, oltre che per non farlo chiamare “Satana” da Mariano, per evitare che si sentisse “diverso” anzitempo; per lasciarlo scegliere da solo su cosa essere diverso e al momento giusto. Certo, tecnicamente è conformismo sociale…..).

    • Anche io per diverso tempo ho creduto che, se mai avessi avuto un figlio, lo avrei battezzato per evitare che si sentisse emarginato e diverso. Oggi invece credo che sarebbe un’imposizione del tutto falsa (non lo porterei in chiesa, non saprei cosa rispondergli se dovesse farmi domande inerenti la dottrina cattolica. Insomma, sarebbe una presa in giro nei confronti suoi e miei, oltre che una mancanza di rispetto nei confronti di chi crede). Quindi preferisco lasciarlo libero, senza imporgli il mio punto di vista né quello dominante. Penso sia più giusto attendere che raggiunga un’età adatta a scegliere, in piena autonomia e consapevolezza, in cosa voler credere o non credere

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