Quando l’omonimia diventa una rogna

di Gregory Di Giovanni

Ogni anno in Italia nascono poco più di 500.000 bambini. Si calcola che una famiglia sia composta da 1/2 figli e che l’età in cui si diventa genitore diventi sempre più alta.
Avere un pargolo è sempre un’esperienza straordinaria, un’attesa che riempie di gioia e che solitamente è animata dall’immancabile Toto-nome. I genitori iniziano la loro lista di nomi possibili, gli amici e i parenti danno suggerimenti, i nonni si aspettano che i marmocchi portino il loro nome, e anche se il più delle volte è così, in molti altri casi il nome è frutto di una certosina selezione.
Selezione certosina, che non per forza è sinonimo di buon gusto…

Si dice che ultimamente il nome più scelto sia Sofia, seguito dai vari Elisa o Sara, e che sempre più spesso si scelgono i nomi in base al loro significato. Spesso però si va incontro agli sciagurati gusti dei neo genitori che azzardano nomi improponibili, come Maria Addolorata, Catena, Assunta, Crocifissa, Baldassarre, Rocco e tutti i Santi del calendario. Per non parlare dei masochisti che scelgono i nomi dei loro idoli e quindi giù con Varenne (nome di un purosangue), Berlusconi (come nome proprio di bambino), Hitler (sempre come nome proprio), Milan (nome della squadra di calcio) e Dio ce ne scampi da tutti gli altri che ci fanno inorridire.
Molte volte però si scelgono nomi “normali”, ricchi di significato per i genitori. Quindi che bello quando sentiamo Giovanni, Salvatore, Tommaso, Annamaria…
Il problema sorge quando i dolci bebè fanno di cognome rispettivamente Brusca, Riina, Buscetta, Franzoni e tutta la sterpaglia malandrina e assassina d’Italia.
Gli sfottò iniziano in ospedale tra gli inservienti ed è inutile dire che proseguiranno anche a scuola, ogni volta che il povero Cristo si presenterà ad un/una ragazzo/a, perché ovviamente l’associazione che si farà non è certo delle migliori e la prima impressione rimarrà sempre legata al ricordo che avremo di quella persona.

Piacere, Claudio Rossi, e tu? Piacere mio, io sono Giovanni Brusca!
A parte l’infarto del malcapitato interlocutore, provate a pensare al povero Giovanni che per tutta la vita sarà associato a un mafioso che scioglieva i bambini nell’acido.
La sua costante rassegnazione e la paura di essere associato a uno dei più feroci criminali mai conosciuti, per non parlare poi del suo rapporto col lavoro… Perché, se nella vita di tutti i giorni chi ci conosce ha poi modo di farsi un’idea di noi e quindi rassicurarsi, se ti presenti ad un colloquio di lavoro con quel nome o mandi un curriculum, le aziende prima scandagliano internet e poi, per non correre rischi, ti scartano. Se mando un curriculum ad un’azienda e provengo dalla stessa città del criminale, per forza di cose chi seleziona cadrà nel pregiudizio e penserà che anche se non sono il criminale, sarò magari un parente, e verrò scartato a priori, senza possibilità di appello!

Rare sono le eccezioni di chi prosegue l’iter selettivo, e se lo fa spesso poi ti chiede il certificato rilasciato dalla procura in cui si attesta che non hai mai avuto condanne penali e/o non hai giudizi pendenti.
Oggi si cercano i candidati su LinkedIn e si usa internet, per cui se cerco il signor Giovanni Brusca per sapere che rapporto e reputazione ha sul web, ovviamente troverò come prime news migliaia di notizie su tutta la cosca Brusca, che guarda caso vive nella stessa città da dove provieni tu.
E se vieni assunto? Beh, i tuoi curiosi colleghi vorranno sicuramente cercarti per capire chi lavorerà con loro e… BINGO!!! L’urlo in ufficio sarà: MA CHI CAZZO HANNO PRESO???
Per cui, quando si deve dare un nome a un neonato, bisogna calcolare tutte le variabili e il neonato dovrà sperare che Dio gliela mandi buona e, se proprio è sfigato, deve iniziare a pensare al nome da dare all’anagrafe quando deciderà di cambiare nome.

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