Rottamare

di Antonella Tarantino

E ti sembra facile proseguire dritto per quel punto? Ci si aspetta che la linea non inverta il percorso. Un movimento regolare che vada dritto per la sua strada. Un moto di rotazione su stessi e poi intorno a un altro corpo, celeste, sognato. Un movimento retrogrado e le cose cambiano regole. La vita le cambia.

Impatti violenti, meteore, pioggia di stelle, infinite molecole di molteplici pezzettini, frammenti che si congiungono in materia. Nuove forme, nuove cose. – Les jeux sont fait! Le mani piene, allineate l’una accanto all’altra, le dita strette. Veloci, il banco ritira le carte. Bisogna decidere se restare seduti. Rimettersi in gioco. Il tappeto verde sul tavolo non punge, spezza le gambe, il colore scuro. I gomiti appoggiati, ritmo pulsante, ti guardi intorno. Lui distribuisce le carte, la sorte le sceglie, ti scarta alcune, ti lascia altre. Adesso tocca a te! La tua scelta: prima l’una e poi l’altra oppure l’altra e poi la prima; sarà il risultato finale a modificare le cose. Come ti muovi? Ti tremano le dita o le tieni strette? Guardi colori e numeri, guardi visi altrui che fissano il tuo. Resto seduto. Sgombero il cervello da idee negative. Penso bene e riprendo colore. Il pallore va via. Lui distribuisce le carte. Aspetto che arrivino quelle giuste. Disponibile. Gioco con te. Ti odio con la stessa intensità con cui farei l’amore. Getto via le carte e comincio una nuova partita.

Ho amato e nel gioco becero ho perso tutto. Adesso non resta che niente. Sdraiata sul letto, alzo gli occhi e guardo. Bisogna aggiustare il soffitto, c’è un sacco da fare. Ricomincio da qui. Riordino, cambio modalità di gioco, prendo le vecchie carte e le chiudo dentro a un cassetto. Non mi nascondo, non mi faccio sommergere dalle mille abitudini. Guido con prudenza, scalo di marcia e affronto la curva, la seguo col bacino, mi adagio sul fianco sinistro. Poi schiaccio l’acceleratore con la mia scarpa nuova e affondo il tacco sul tappetino di gomma dura. Il vuoto dell’abitacolo riempie le mie gambe, sottopelle il tessuto ruvido dei sedili dell’auto.

Mi sistemo, sotto la gonna sono sensibile. Almeno tento di cambiare le cose. Non mi sorbisco idee e parole, accettandole come se andarci a guardare dentro fosse un peccato. Non è piccola cosa. Cerco di bilanciare, puntuale e attenta. Non solo mi piace stare sul filo, dove la natura interiore si tende al limite, senza oltrepassarlo, ma ogni tanto arrivo perfino a mettere alla prova l’equilibrio dell’altro, per capire se davvero sul filo non solo so indugiare, ma anche per dimostrare che estro e genialità meritano il mio amore. Prendo le distanze da chi si ritira dal gioco e si risente davanti alla passione lucidissima, si accontenta di miseri espedienti e scappa via di fronte alle novità. La fatica non mi ha mai spaventata. Anzi, la visione dell’ostacolo mi carica di maggiore energia. Affronto le difficoltà con audacia e entusiasmo, so che la soluzione si trova. Se lui avesse lo sguardo di una cernia lessa, mi metterei in testa anche di rianimarlo; se invece lui fosse uno squalo, aspetterei di passeggiare intorno alla carcassa della sua preda e farei la spazzina. Coraggiosa. Iena. Voglio ricostruire i reali sviluppi della mia libido. Alla mia natura ci penso io, le proiezioni di me stessa le faccio volare via dall’esistenza. Ritrovo la mia dimensione corporale. Ignoro la mia ombra. Apro un dialogo tra sentimenti e emozioni. Vivo.

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