Io non ho paura della guerra

di Lucia Immordino

Io non ho paura della guerra, non è a causa della guerra che sono qui: io fuggo dalla fame.
Mi sono aggregato ai profughi di guerra per poter passare e riuscire ad approdare in Italia con maggiore sicurezza (come se la fame fosse meno fatale della guerra!).
Sono sopravvissuto al deserto, alla Libia, al Mediterraneo e qui in Sicilia cerco di sopravvivere all’Italia stessa.
Sono arrivato a Palermo un anno fa di questi tempi per raccogliere frutta di stagione, ortaggi, pomodori… Quando sono svelto riesco a guadagnare perfino trenta euro al giorno.
Mi alzo verso le quattro e un quarto, mi lavo, prego, mangio qualcosa e mi unisco alla fiumana di africani che sono qui come me.
Camminiamo insieme fintanto che arriviamo in una specie di punto di raccolta da dove ognuno di noi viene chiamato a seguire il proprio caporale.
Pochi fortunati riescono a tenere il lavoro fino a quindici giorni: di solito è per poco tempo, poi si ricomincia a cercare e non è detto che si riesca a trovarne un altro.
Io sto nei campi dalle cinque alle venti e i caporali ci danno solo una bottiglia d’acqua che il cibo ce lo raccogliamo direttamente dalle piante.
L’obiettivo principale è quello di non farci male: rischiamo noi, loro e chi ci dà il lavoro.

Purtroppo, quest’inverno, mentre ero arrampicato su un albero di agrumi, sono scivolato e mi sono rotto una gamba: ho chiesto aiuto, ho pregato che qualcuno mi accompagnasse in ospedale ma sono stato ignorato. Solo un ragazzo, forse mosso a compassione, si è preso di coraggio e mi ha trasportato in ospedale.
Arrivati al Policlinico mi hanno detto che avrei dovuto ricoverarmi ma io ho rifiutato: avevo più paura che dolore.
Qualche giorno dopo, Chicha, un mediatore di Emergency che presta servizio presso il Poliambulatorio di Palermo, un amico, conosciuto durante il mio sbarco, mi ha convinto a tornare in ospedale.
Sono stato operato e ora sono in via di guarigione.
Non si sono fatti sentire né il caporale né il capo, neanche per chiedere come sto, non dico per altro!
La verità è che la gente di qui non ci può vedere e noi abbiamo paura.
Se avessi minimamente immaginato tutto questo non sarei mai partito, sarei rimasto nel mio Paese a farmi esplodere da qualche bomba o a farmi morire di fame.
E pensare, invece, che ho pagato cinquecento euro, accumulati a suon di indicibili sacrifici, per poter prendere il gommone.
Sai cosa? Fortunati quelli che non ce l’hanno fatta a vedere tutto questo!

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