Ricordi un tanto al chilo

Partiamo da un concetto base: malgrado la scienza cerchi di esplorare ogni vicolo puzzolente del nostro cervello, questa materia grigia, fornita un tanto al chilo ad ogni essere vivente, resta ancora un mistero.

Ciò che di più prezioso possiamo avere, i ricordi, ad esempio, passano da meccanismi che conosciamo poco: più o meno sappiamo come funzionano e si combinano tra di loro, ma restano oscure le tante discordanze nel tempo. Quante volte ci è capitato di vedere due persone che hanno vissuto nello stesso luogo e nello stesso momento la stessa cosa, litigare su ciò che pensino sia la verità assoluta?
Ho cambiato casa da quasi due anni, vivevo in paese in una casa che ha visto nascere le mie figlie, una casa in cui sono entrato da novello sposo: mi manca e a volte mi tornano in mente i cieli azzurri, le tortore, il mare a due passi, il silenzio del paese.
Soprattutto, nel passato, si riversano fiumi di vernice rosa con cui il cervello si diverte, alterando il ricordo e trasformandolo a seconda del bisogno, e non sempre ne siamo coscienti, perché alla fine è ciò che vogliamo.

In verità, sarebbe più utile pensare al presente, al fatto che i cieli azzurri, le tortore che scacazzavano sull’auto, li trovo anche qui; che il silenzio del paese era appannaggio di chi non abitava di fronte una casa di riposo in cui dei simpatici vecchietti passavano il tempo inventando la bestemmia più grande o scatarrando a più non posso.
Lo dico già da tempo, mutiamo con il passare del tempo, ogni giorno siamo persone diverse: mi capita spesso di rileggere cose scritte anche anni fa e rendermi conto a fatica di quanto la condizione del momento fosse vera e quanto invece mi sembri surreale adesso. I sogni, le relazioni, ciò che muta in noi, non può essere fotografato e messo da parte per malinconia futura o peggio rimorso: il ricordo in sé sarà sempre falsato da un bisogno di protezione e da un certo pudore.
Forse è per questo che impazzano in tv i programmi legati al passato: “che belli gli anni ’90, ah come stavo bene nel 1994”, “programmi come Non è la Rai non ne faranno più”…
Spenta la tv, staccata la spina ai ricordi di pippe fantascientifiche con il sottofondo di Mork & Mindy, Please Don’t Go e compagnia cantante, riaffiorano i ricordi (più o meno) coerenti dei problemi a scuola, delle risse, delle corna, dei baci mai dati, degli amici, della periferia che avevi imparato ad amare e che adesso detesti. E poi, diciamolo, portavi i capelli lunghi come Grignani, indossando spolverini alla Brandon Lee, ma non saltavi da un palazzo all’altro come “Il Corvo”, al massimo provavi a spaccarti gli incisivi facendo a gara a chi saltava più gradini.
Eppure, guardi una foto e ti sciogli.

I rimorsi poi, sono situazioni che a mio parere appartengono a quel preciso istante, a ciò che eri; bisogna prendere atto di ciò che è stato, imparare da esso, non viverci.
Bisogna dire no al passato, alla malinconia.
Migliorare, giorno per giorno, vivere il presente, costruire il futuro, possibilmente lontano dalla tv.

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