Vizi Capitali 2.0 – Satura lanx

di Dora Pistillo

Eh sì, queste scarpe sono belle; belle e buone, buone come non ne avevo mai mangiate, buone che a fettine sottili con un po’ di limone e peperoncino soddisfano la gola come nient’altro.
Quanti passi in queste scarpe e la mia bilancia non lo sa, la mia bilancia considera solo ciò che rimane intrappolato tra le fibre intime del mio corpo.
Ah, che bella giornata, una bella e buona giornata, con un filo d’olio sarebbe una delizia, ma chissà se riesco a non lasciarne molliche in giro che la mia gola non trovi. Una di quelle giornate da gustare fredde, col sole marzolino che è una delizia, con il canto di uccellini e la rassegnata passione per le coccole della mia gatta.
Ah, la gola!
Ah, le mille sfumature che si avvolgono tra la lingua e il palato! Sono la dea dagli appetiti insani, ma che importa e a chi?
Ah, movimento di mandibole e muscoli in sintonia col cosmo, ah Sanatana Dharma che estrae il succo di ciò che merita d’andar avanti! Ah, triturar di stelle con famelica estasi! Ingoiare composto di polvere e microbi cirrosi.

Queste scarpe sono belle, belle e genuinamente saporite, un peccato lasciarle qui con nessuno che ne colga il retrogusto intenso e fine. Un lieve sentore di mandorla amara, un’avvertibile euforia che ha permeato le masse negli scatti di passo aumentato. Che goduria.
Ciliegia nel cuore e nebbia negli occhi quando annuso l’essenza intrinseca della tomaia tritata, una colorita vena di foglie d’erba rugiadose, una punta di imprudenza tra le scalfitture dell’andare incessante. Ah, sapeste come scivola giù bene il boccone prelibato! Sostanza che non sazia, non riempie. Gola che accoglie. Ah, le molecole aromatiche di catrame ed escrementi spalmati, un velo appena di passi felpati tra le strade battute sotto la pioggia. Che goduria! Quante scarpe macinate e mescolate alla farcia di giorni interi ben conditi. Robusta porzione per un banchetto divino.
Ah, sapeste che favore mi fate a lasciare qui le pietanze sugose e la matura foglia che le ospita. Dedicatevi pure alle noccioline tra una trasmissione e l’altra in tv. Zuppe liofilizzate dal sentore di bucato mal riuscito e costarelle grasse tra un viaggio esotico e una scampagnata. Polpette di malinconica quotidianità edulcorata con aromi artificiali oppure i sudati impasti di dubbia origine e promiscuità. Fettine pallide e insipide a dimostrazione della paga e presuntuosa autosufficienza e del potenziato autocontrollo.
Minchia! Vuoi mettere con le mie suole lasciate a marinare tra bacche di aulentissimo ginepro e scaglie di piccole passioni autentiche e sempre più rare? La macerata certezza che non c’è nulla di simile perché ogni paio ha la qualità di una cura quotidiana unica e irripetibile? Panta rei, per Bacco!
Non resisto. Finché sarò qui e avrò il privilegio di guardarvi in faccia uno a uno, il mio nutrimento sofisticato e indiluibile sosterrà il procedere delle stagioni. Vera poesia, vera pace e vero paradiso di sapori. Consistenze ineguagliate, se aveste il mio palato non potreste che giurare sul gusto e sull’appetito che non cessa. Avete mai indugiato in un morbido e tiepido pensierino riguardo le vostre pantofole?
A dirla tutta, tante pacate raccomandazioni e acclamate promesse non sempre si conciliano con il pane suprasustanziale quotidiano. A dirla tutta, una scarpetta nel piatto ce la farei.
A dirla tutta, a volte sarebbe utile un po’ di digiuno, così, per gustare meglio le ricette nuove e trovare qualcuno da invitare ogni tanto per condividere le sensazioni che solleticano la mia gola.
Ma realisticamente, a parte qualche pagina di accorti assaggiatori, pochi mi sembrano degni si fiducia. Mi ricordo di quella poesia di cucina turca, coi peperoncini verdi, il pane e il sale in attesa dell’arrivo auspicato. Le mie mani sanno lavorare le sostanze, ho imparato dal nulla, ascoltando solamente, rendendomi disponibile agli ingredienti che la vita offriva, cercando di essere sincera. I miei piedi dolgono e mi domando quanto ancora si potrà consumare squisite calzature e che tipo di umori assorbiranno queste nei prossimi sconosciuti giorni.
Accarezzo le superfici con tanto amore e la crosta ambrata che contiene i succhi espressi in cottura. Che non si tratti davvero, anche questo, della cottura del mondo?

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