Marina, risorgerai

Sono arrivato a Marina di Melilli per caso: perso tra la statale che da Augusta porta a Siracusa, dopo aver attraversato caselli fantasma con luci verdi e rosse che non servono a nessuno; attratto dal più grande complesso petrolchimico d’Europa: una distesa di 40 chilometri che lascia senza fiato; nauseato dall’aria pesante, in volo nell’oscurità, come una falena tradita dalla luna in una calda serata di giugno.

In quello che chiamano il triangolo della morte, Augusta-Priolo-Melilli, in estate è possibile vedere ombrelloni a due passi dalle ciminiere, e lidi, specchi d’acqua limpidissimi e ricchi di pesce, che diventano a seconda di logiche a me sconosciute, balneabili o altamente contaminati.
Dentro quel mare violato dalle piattaforme e illuminato dalle fiamme delle raffinerie, si vedono giocare bambini con la stessa splendida sabbia che, in passato, ha accolto gigli selvatici, dune, silenzi, conchiglie, civilità antiche.
Chi abita in queste zone, forse, oltre ad un fardello mortale, porta la stessa rassegnazione di chi sa ma preferisce, per una volta, voltare lo sguardo altrove dimenticando per un attimo l’altissima mortalità e le malformazioni infantili, le morti di cancro superiori del 30% rispetto alla media nazionale, la disoccupazione crescente che, per assurdo, questa zona non avrebbe mai dovuto conoscere.

Guardo le ciminiere e tutto ciò mi fa paura, sono ad Augusta solo per un weekend ma non so ancora niente.
Faccio qualche ricerca su internet e leggo articoli che oggi hanno quasi vent’anni; denunce e fogli di giornali che raccontano di lotte intestine, demolizioni, attentati, sfregi che gli allegri ragazzini sulla battigia non hanno mai vissuto. Migliaia di persone strette all’interno di un triangolo in cui si viene costantemente minacciati per terra, aria e mare; siti ad alto rischio sismico, industriale, militare.

Anche se non lo vedi, tra il cemento del petrolchimico esiste anche Marina di Melilli: un paese abbracciato al mare di cui è rimasto solo il nome, un mare limpidissimo che accoglieva a pochi metri gigli sulle dune, case sparse, lampare, le luci e gli umori di un paese di pescatori: 1000 anime, 182 famiglie.
Marina di Melilli fu letteralmente rasa al suolo: i suoi abitanti, prima rimborsati per lasciare le case, poi intimati e minacciati nella strenua resistenza di chi, su quella sabbia, voleva continuare a pescare e costruire castelli. Marina è oggi il triste simbolo dello scempio perpetrato in nome del lavoro, del progresso e del disastro ambientale.

L’ultimo abitante, l’uomo simbolo di quella lotta, si chiamava Salvatore Gurreri, e fu brutalmente assassinato nel 1992. Gurreri fu l’ultimo abitante di un paese fantasma, ormai circondato dal cemento, ridotto ad un cumulo di macerie, senza luce, telefono e acqua; si fece di tutto per far scappare i suoi abitanti, ma Salvatore no, lui lottò fino alla fine per il suo mare, i suoi amici, la sua casa. Un omicidio che reclama ancora giustizia e verità.

Mi chiedo: a cosa è servito, dunque, il suo sacrificio e quello di una delle zone più belle del mondo in nome del petrolio? Di drammi familiari, gole in fiamme, bronchiti, terrore? Di paesi rasi letteralmente al suolo.
Con gli anni, i posti di lavoro diminuiscono e, per assurdo, si alza la percentuale di chi muore per tumore: i morti, dicono gli esperti, sono destinati a salire. Se non si bonifica, sarà sempre peggio.

Tornare a Palermo, nella mia casa con la mia famiglia, al sicuro (si spera), da costanti motivi di preoccupazione mi fa sentire in colpa: vivere sta diventando un lusso per pochi; respirare aria buona, veder nascere tuo figlio, invecchiare; ricordare che per molti non è scontato. C’è chi paga un prezzo altissimo per ciò che noi chiamiamo progresso, per questo è ancora più terribile l’indifferenza di chi vive al di là di quelle zone; per  Taranto, Milazzo, Augusta, Priolo, Gela, Siracusa, Melilli, si dovrebbe insorgere ogni giorno.

C’è un meraviglioso articolo di Roselina Salemi che vi invito a leggere, parla di un paese che non c’è più, di lotte e pane preparato con l’acqua di mare; di resistenza di gente testarda e innamorata del suo mare, di testimonianze, e scritte sulle case diroccate; affinchè Marina di Melilli risorga, è necessario non dimenticare, diffondere, continuare a denunciare, lottare, in nome della nostra terra, del nostro futuro.

Marina risorgerai.

 

 

 

 

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