Se sputiamo sulla divisa

Caso Cucchi. Tra qualche giorno uscirà nelle sale (o meglio su Netflix) il film che racconta la storia degli ultimi giorni di Stefano. Già alla presentazione durante la mostra di Venezia se n’è parlato parecchio, soprattutto in seguito ad alcune dichiarazioni di Ilaria Cucchi rivolte al Ministro dell’Interno Matteo-felpaman-Salvini, con conseguente risposta dello stesso (via social, ovviamente). Temi quali violenza, forze dell’ordine, tortura e morte sono tornati in trend, come keyword abilmente giocate da seo, nei motori di ricerca.

Acab. Anche se non sei skinheads e sei di Massa Carrara – e non della Londra anni ’70 – lo hai detto almeno una volta nella vita: un acronimo per rivendicare una sorta di ribellione o appartenenza sociale di un certo tipo. Ma non sei più un adolescente, sei diventato adulto, ormai. Ci siamo passati tutti, anche io.

Non possiamo e non dobbiamo sputare sulle divise. Lo so, lo so, detto da me suona strano ma il fatto è che mi sono imposta di pensare – dato che ormai è una cosa per niente mainstream – in maniera critica. Capisco che è controproducente dare addosso alla divisa, ma capisco anche che le divise sono indossate da persone e le persone non sempre sono guidate da una giusta morale. La natura dell’essere umano è di per sé cattiva, sono le leggi, le regole, le norme e la morale che ci trattengono dall’andare in giro a sparare a tutti. Ci sono situazioni in cui, però, queste norme e questa morale vengono meno, vuoi per esaltazione o per dinamiche gruppali particolari. Può accadere, quindi, che una divisa – indossata da una persona – diventi dispensatrice di manganellate, stupri e altre violenze gratuite. Il fatto che un Ministro dell’interno si opponga ad una proposta legislativa sul reato di tortura, invece, è proprio deficienza. Del resto, però, chi si pulisce il culo con la carta dei diritti umani non potrebbe fare altro. Un uomo che fa propaganda a favore del “popolo italiano” non riconoscendo diritti legittimi ad altri esseri umani non è degno di rappresentare quel “popolo italiano” da lui stesso tirato in ballo. Il problema è, purtroppo, che proprio quel popolo italiano (non tutti, la massa) è suo fervente sostenitore. Mi duole dirlo ma il popolo italiano, al momento, è messo davvero male!

Anche le leggi, comunque, sono fatte dall’uomo e, per questo, fallibili e colme di pro e contro. Certo, se devi arrestare un mascalzone, non puoi farlo chiedendogli “scusi, signor ladro, potrei gentilmente ammanettarla?” questo è palese. Altro discorso è se quel ladro ammanettato e arrestato, poi, lo sbatti per terra, lo calpesti, gli spruzzi addosso spray urticante (come in quel recente caso di via Maqueda). Questo cos’è? Abuso? Violenza? Comprendo pienamente che, in certi casi, l’istinto vince su tutto e vallo a sapere cosa diamine succede in quei pochi istanti di cattura del malvivente!

Il problema, però, sta nello strumentalizzare da un lato e dall’altro l’accaduto: chi sputa sulla divisa e chi la difende coi para occhi. Come se fosse una fede calcistica. Come due ragazzetti di due centri sociali rivali che si scherniscono a suon di “acab” e “e allora le foibe”. Qui non si tratta di ragazzini con la testa rasata o la kefia, ma di ministri, consiglieri, parlamentari, insomma gente che dovrebbe rappresentare me, voi e tutto il popolo italiano. Quello stesso popolo italiano che lancia hashtag del tipo “nessuno tocchi Salvini”.

Mi spiace, caro ministro, ma io l’ho sempre – sempre – disprezzata e non condivido la sua rimostranza nei confronti di una legge sulla tortura – legge che ogni paese democratico dovrebbe includere nei propri codici.

Non per questo, però, mi metto dietro ad una tastiera a condannare lo sbirro di turno. Per ogni poliziotto bastardo ce n’è un altro che ci aiuta con le denunce. E a dirlo è una persona che viene da una terra nella quale la “giustizia”, ahimè, ha un significato particolare, per usare un eufemismo. Una persona che più volte ha visto “sbirri” in divisa girarsi a guardarle il culo mentre passeggia su quella stessa via Maqueda di cui sopra. Una persona che è consapevole del fatto che per unirsi alle forze dell’ordine bisogna avere determinate idee, e che può non condividerle del tutto. Una persona, però, che pensa che se iniziamo a denigrare o, peggio, se smettiamo di avere fiducia in un’istituzione come le forze dell’ordine, abbiamo perso in partenza.

Sia chiaro che non sto difendendo assassini o stupratori in divisa. Sto condannando assassini e stupratori, punto. Il fatto che portassero una divisa non è una buona giustificazione per odiare le forze dell’ordine. Sarebbe come odiare tutti gli extracomunitari solo perché un marocchino un giorno si è alzato e ha ucciso una commessa di Pesaro. Ops!

2 thoughts on “Se sputiamo sulla divisa

  1. assolutamente d’accordo con te. Bisognerebbe condannare la singola persona, non l’istituzione che li governa e di cui fanno parte. Anche perchè, pensare che dietro certi gesti c’è un “manovratore” che agisce nelle retrovie (mi riferisco a certe sacche di persone delle forze dell’ordine dichiaratamente di destra), significherebbe mettere sotto accusa un intero sistema. Anche se, in casi molto noti, tipo quello di Cucchi, il sindacato ha dato il peggio di sè e questo, a fronte di una sentenza, lo trovo agghiacciante. Però la maggioranza di loro sono persone che svolgono un lavoro molto duro, molto impegnativo che li mette alla prova ogni giorno, e a loro va la mia stima. Da sempre sostengo le responsabilità individuali, e mi fanno schifo gli estremismi e gli estremisti.

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