Incontri ravvicinati del terzo tipo

Sono abbastanza preoccupata; non per il film, ma all’idea delle 5 note da decodificare per “incontrarsi” passando attraverso la follia: rispecchia quello che accade quando guardiamo alla relazione uomo-donna oggi. O meglio: non facciamo di tutta l’erba un fascio, magari qualcuno ha avuto il culo intergalattico di aver trovato un/a compagna/o con cui si intende alla perfezione anche dopo la luna di miele e la perdita del miele insita nella quotidianità problematica del 2019. In questo caso, mi scappello simbolicamente di fronte a cotanto ventitré e mi rivolgo invece con un pensiero affettuoso a tutti coloro che fanno parte della squadra delle 5 note, squadra tipica della mia generazione e di come essa vive l’incontro tra i sessi. Questo tipo di squadra sta in un frequente limbo da cui non sa come uscire: mediazioni, accontentamenti, scornamenti, amoreggiamenti da 36 ore per poi ricominciare il ciclo di speranze, fiducie, sacre furie e gatti lanciati come armi da una stanza all’altra. Poi di nuovo si fa l’amore perché c’è amore e ci si scazza sul punto di cottura della pasta o della Tari, si perdona l’eccesso di rompimento di bolas, ci si volta male, ci si volta bene, la pace, “figli sì, figli no, poi non ne posso avere più, ma io ho paura di crescere, è tutta colpa dei soldi, ancora prima devo fare un sacco di cose a cui tengo”, etc., etc. etc.

Provo grande tenerezza per tutto questo, per questi incontri/scontri folli in cui di note stonate se ne cantano a bizzeffe, ma il difficile resta comporre insieme melodie; sì: tenerezza per questa squadra scunchiuluta composta in realtà da 2 fazioni irrisolte:
– Da un lato abbiamo spesso una donna rampante, di quelle a cui la vita ha insegnato che il diritto di voto non è stato scontato; donne che reggono case, che si fanno le unghia rosse invece che mangiarsele per la frustrazione e che addirittura lavorano: dalla grande dignità delle pulizie e delle stirate, ai super-erasmus che ti portano all’estero per trovare te stessa, alle plurilauree e pluricarriere che fanno di una donna di successo l’oggetto del grande stupore di patriarchisti ortodossi e di compagni indifferenti poiché stupefatti. Ma non è tutto qui, perché mai è tutto oro quel che luccica: c’è il rovescio della medaglia da sovraccarico, da stanchezza perenne per tutto ciò che pesa sulle spalle, da rinunce a hobby, famiglie o carriere pur di far quadrare tutto in un equilibrio sufficientemente buono …quadra che spesso non permette di spiccare davvero il volo.
– Dall’altro lato abbiamo spesso un uomo confuso, che ha chiaro qualcosa, ma solo qua e là e a macchia di leopardo. Grandi professionisti col mondo in mano che non sanno cosa vogliono, eterni figlioli di 40’anni che vivono con le mamme o a pochi ombelichi mentali da esse o ancora con una mentalità che si aspetta di ricevere e poco dare per natalità: individui desiderosi di famiglia, ma terrorizzati dalle responsabilità, imprigionati in un conflitto atavico tra il sé e l’altro (a minuscola), tra la stasi e la crescita, tra la realizzazione personale da Messico&Nuvole e l’idea che si possa creare qualcuno o qualcosa fuori da sé.

Non ci sono altri termini: provo grande tenerezza per tutto questo e sento paura per i destini dell’amore, dell’incontro. Che cosa accade infatti quando una donna che si è fatta il mazzo per raggiungere una cultura e una posizione professionale di rispetto si innamora di un uomo cresciuto dal regime patriarchista dei precari Peter pan? Bravi a parole, innamorati sinceramente, ma nei fatti abituati a non saper fare tipo la lavatrice! Cosa accade se il colpo di fulmine c’è, ma il compromesso è così spinoso che alla fine della luna di miele (reale o metaforica) oltre ad una grossa felicità la “collega” si ritroverà con il doppio dei lavori extralavoro ed un partner che la attende, non necessariamente richiedente, ma che di sottecchi si aspetta grandi soddisfazioni coniugali? E dall’altro lato, cosa accade quando lui si aspetta una compagna più seducentemente ribelle della classica donna del ventennio, ma comunque abituata a mettere le ragioni della famiglia prima delle proprie… e poi tutto questo non accade? Cosa avviene quando lei è cocciuta e sa il fatto suo? Cosa succederebbe se lei avesse spesso in mente il futuro, le cose da fare, il frigo presto vuoto, le scadenze, i sogni? E se addirittura volesse la parità, se la pretendesse, se in questo fosse pesante, odiosa, insistente? L’opposto non si può più accettare! Ma lui cosa direbbe? Come ci starebbe? Probabilmente si sentirebbe inferiore o obbligato a essere all’altezza, orribilmente schiacciato da cotanto carattere e da una cultura sociale che ha smesso di proteggere il maschile, chiamandolo a questa difficile parità, a questa molteplicità di ruoli da mammo, da cuciniere, da lavatore di pavimenti, oltre che da lavoratore. Poco importa se ciò garantirebbe l’armonia, l’equità: “non lo posso accettare!”, sento spesso dire. Così lui tenterebbe magari di fuggire e lei diventerebbe sempre più cocciuta, sfiduciata, distante, controllante. …Provo ancor più tenerezza a vederci rigidi di qua e di là, ognuno chiuso entro la propria fazione in cui l’amore è un incontro tra alieni che parlano lingue diverse. Così, quante liti? Quante relazioni in malora? Quante “colleghe” imbruttite, stanche, che per di più si ritrovano a fare i conti a 39 o a 44 anni con l’idea di rinunciare a qualcosa di grosso, tipo alla maternità, perché la logica continua ad essere “o questo o quello”, o il lavoro o i figli, o la famiglia o la realizzazione? E quanti uomini umiliati, passivi, silenziosamente aggressivi o depressi? Invero, non c’è colpa dell’uno o dell’altro, è forse epocale la natura di questa squadra da incontri ravvicinati e ingiusti per tutti: “non lo posso accettare!”, dicono dall’una e dall’altra fazione mentre i tempi cambiano e siamo tutti chiamati ad avere identità più piene, a crescere insieme, rivoluzionando l’idea sessista di rigidi steccati di genere e l’idea capitalista di un individualismo che non può che predare l’altro (a minuscola), piuttosto che amarlo fino in fondo per incontralo fino in fondo. E allora quanti divorzi? Quanti figli infelici? Quante famiglie vacue, vuote, invertebrate, frustrate da se stesse? Ma la famiglia è la rete gruppale primaria in cui si formano la personalità e le strutture mentali del futuro individuo, quell’unità elementare in grado di plasmare gli strumenti della mente, la primordiale “rete di significazione” che imbastisce le trame del pensiero di ogni essere umano. Ecco quindi cosa accade se le 5 note da decodificare per “incontrarsi” passano attraverso la follia del non incontro: la paralisi dell’amore, dello scambio innamorato e del futuro stesso. Il fallimento della musica, degli accordi, delle note. La non generatività relazionale. La cacofonia della non comprensione. La solitudine estrema tra specie umane che si contrappongono, razziste, come fossero alieni che si rapiscono o uccidono a vicenda. Non c’è lieto fine; e provo grande tenerezza e paura per tutto questo.
Tenerezza.
Preoccupazione.
Paura.

…Ci tocca davvero la terribile resa?

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