Storytelling – Un tacchino stupefacente

di Lucia Immordino

È la fine degli anni Novanta, è il periodo della storia d’amore di Rachel e Ross della serie “Friends”. Soter, Pancrazio e Andrea hanno vent’anni a cranio e tutto ha inizio con pochi semi di cannabis. Soter quell’anno si trovava in Spagna a merito di un progetto Erasmus e lì, un po’ per motivi di studio un po’ per motivi di svago, conobbe molta gente che sapeva come fare pervenire “roba buona” dall’altra parte dell’Europa senza troppi accertamenti; e lui questo voleva fare! Non si può dire che non si divertì, Soter, anzi furono proprio mesi da sballo finché il progetto non terminò e arrivò il momento di rientrare in Italia.

Il suo pensiero fisso, per tutto il periodo antecedente alla partenza, fu come passare i controlli senza rischi. Ci pensò per giorni e giorni finché uno dei suoi amici dell’Erasmus non gli suggerì i semi di cannabis. Ecco come! Ecco come far pervenire la marijuana: coi semi di cannabis schitti schitti! Si informò, comunque: non voleva correre rischi. I semi di cannabis sono esclusi dalla nozione legale di Cannabis, ciò significa che non sono da considerarsi sostanza stupefacente. Prese l’appunto: L. 412 del 1974, art. 1, comma 1, lett. B; Convenzione unica sugli stupefacenti di New York del 1961 e tabella II del decreto ministeriale 27/7/1992.

Bene bene! Si fece portare dal Marocco pochi semi, li mescolò con quelli di canapa femminizzati e infine, tra un sudore freddo e l’altro, passò le ispezioni aeroportuali. Giunse a casa. In Italia, però, la coltivazione di Cannabis è vietata dagli artt. 28 e 73 del DPR 309/90 se non si è in possesso di apposita autorizzazione: art. 17 DPR 309/90. Vuoi vedere che tutto quel traffico è servito a niente?!? Ma cazzarola! Doveva pur esserci un modo per coltivare una pianta, piccolina! Chiamò il suo migliore amico e parlarono della cosa finché Pancrazio non trovò una soluzione: avrebbe coltivato lui, in un vaso, la piantina di marijuana, lui che abitava ad uno sputo dalla caserma dei carabinieri, lui la cui mamma, lieta che per la prima volta in vita sua non faceva morire una pianta, gliela innaffiava tutti i giorni e la teneva in soggiorno, perché quella era una pianta bellissima (addirittura ne volle una “chiantima” la vicina di casa che, quando lo seppe Pancrazio, per un po’ non gli scoppiò la giugulare!).

La pianta intanto cresceva e oltre a farsi bella era già parecchio alta: impossibile non notarla! Pertanto giunse il momento di farla sparire, anche perché la mamma di Pancrazio, in quei mesi, aveva preso l’abitudine di farla arieggiare e soleggiare sul balcone della cucina dirimpetto proprio alla caserma dei carabinieri. Era vitale toglierla da lì. Decisero di portarla altrove: non era ancora periodo di mietitura né di essiccatura, ci sarebbe voluto ancora un po’ di tempo, ma la genitrice del miglior amico di Soter, che ormai l’aveva come una figlia, li convinse dell’urgenza dell’azione. Andrea possedeva un ampio territorio per il pascolo delle pecore, gli venne facile, perciò, proporre di imbucare la pianta nel suo terreno, con l’intero vaso per non danneggiarla. A tutti e tre sembrò una decisione saggia.

Dopo qualche giorno però, la videro un po’ masticata dagli ovini e un po’ raccolta e, dopo qualche altro giorno ancora, della pianta non si seppe più nulla. La leggenda narra che le pecore quel Natale fecero un latte eccezionale e il formaggio andò a ruba, per non parlare della ricotta! Fino alla Befana ci fu una strana atmosfera nel paese: uomini che ridevano per un nonnulla e donne che la davano attipo black friday. Il pranzo natalizio a casa di Andrea fu incredibile. Il tacchino ripieno alle erbe fu stupefacente con effetti collaterali: tra una portata e l’altra, la zia racchia amoreggiava con lo zio zoppo, la nonna bona faceva uno striptease sulla tavola imbandita lanciando calze autoreggenti ai commensali, il nonno limonava con l’amica, da una quinta abbondante, della mamma di Andrea, il chihuahua portava a spasso la dentiera della zia zitella, sdentata sin da giovanissima per un problema alle gengive e la stessa, senza denti, faceva la ragazza del palo con il bastone dell’attaccapanni.

Insomma, di quella marijuana Soter e gli altri non ne sentirono il fumo, ma di una cosa furono certi: che dalla riuscita del formaggio, dalla bontà del tacchino e dal pranzo natalizio a casa di Andrea, quella doveva essere stata, senza ombra di dubbio, proprio “roba buona”.

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