Il virus della divisione

In questo periodo si parla molto di coronavirus, ma l’uomo ospita da secoli un virus di cui nessuno parla. È un virus antico, “scaltro”, che vanta anni di evoluzione, difficile da scovare e da sradicare. Poiché non ha ancora un nome scientifico lo chiameremo “virus della divisione”. Esso non mostra chiaramente i suoi sintomi, è dormiente in alcuni ospiti, i cosiddetti “portatori sani”, e si manifesta con maggiori effetti in pochi soggetti, i cosiddetti “sintomatici”. Gli scienziati non riescono ad individuarlo e isolarlo, ma gruppi autonomi sono riusciti (senza alcun finanziamento) a studiarne i sintomi e teorizzarne l’evoluzione.

Il virus si trasmette già come carattere dominante durante la fecondazione, se almeno uno dei genitori è portatore sano o sintomatico. Il nascituro può essere a sua volta portatore sano o sintomatico. Ovviamente nei secoli si è assistito ad una progressiva penetrazione del virus nella popolazione mondiale, nonostante i soggetti sani tendano istintivamente a non accoppiarsi con soggetti che manifestano sintomi evidenti.
Il soggetto infetto, se sintomatico, manifesta già in epoca adolescenziale atteggiamenti di bullismo e squadrismo; gli infetti tendono ad aggregarsi,  grazie a speciali recettori si riconoscono come i lupi in “lupus in tabula” e, individuata la preda, spesso debole ed emarginata, la isolano e la sfiancano con angherie e soprusi continui. Questi teneri giochi dei cuccioli infetti sono delle vere e proprie simulazioni degli atteggiamenti che mostreranno più velatamente da adulti. Raramente si è osservato un infetto sintomatico isolato, il cosiddetto “lupo solitario”, privo di branco. Un sintomatico è quasi sempre affiancato da altri sintomatici, e/o da un gruppetto di portatori sani, che, assecondando le azioni e le parole del bullo, fanno da catalizzatori per il virus della divisione aggravandone i sintomi. L’infetto può godere anche del sostegno e della protezione dell’ambiente familiare: come detto in precedenza, almeno uno dei due è un portatore sano o un infetto, fiero del buon sviluppo dell’infetto.

L’obiettivo, la vittima dell’infetto solitario, del branco di infetti, e dei seguaci passivi, è come già detto un soggetto debole, esattamente come un cucciolo di caribù, un anziano bufalo o una zebra malata. Non importa quale sia la diversità, la regione di provenienza, la buona volontà di studio, la religione, la dieta, l’aspetto fisico, il modo di vestirsi, l’orientamento sessuale, la nazionalità d’origine o il colore della pelle. Maggiore è la diversità e più gli infetti si accaniscono con la vittima. I più studiosi della vostra classe non erano forse vittima di bullismo? Potevano diventare scienziati facoltosi, potevano scoprire e debellare il virus e invece, continuamente vessati, hanno represso i loro entusiasmi nello studio e con difficoltà hanno dovuto superare i traumi adolescenziali. Gli infetti della vostra classe invece oggi potrebbero coprire al posto delle vittime cariche importanti in prestigiose aziende di ricerca, manovrare montagne di soldi e guidare nazioni intere. È l’abile meccanismo di conservazione del virus della divisione, che agisce durante la formazione della futura società, infettandola alla radice.

Da una ricerca americana (gli americani la sanno sempre lunga) si è notato come con la crescita il soggetto infetto rivaluti la potenza del verbo, e abbia la tendenza ad occultare il suo atteggiamento: meno azioni e più parole, spesso precedute da “io non sono X, però…”, dove X è una variabile che sta a seconda dei casi per razzista, sessista, maschilista, violento, omofobo, campanilista, complottista, fascista. Gli adulti infetti diventano i mandatari delle azioni delle nuove giovani leve, più difficilmente perseguibili e spesso giustificati in quanto “ragazzi”.

Frasi e insulti sussurrati o a voce alta, alle spalle o in faccia, sguardi insistenti di disapprovazione, battute da bar, mobbing, comizi, post e commenti d’odio nei social.
È con questa propaganda, spesso martellante, che i recettori di alcuni soggetti portatori sani captano “la chiamata”, così il virus della divisione si risveglia e manifesta una forma più aggressiva amplificando e ripetendo il messaggio. Nei soggetti sintomatici la propaganda agisce in modo più violento, il virus si autoalimenta facendo regredire l’atteggiamento dei soggetti che passano così dalle parole ai fatti.

Come ogni altro virus il suo scopo è quello di sopravvivere nei secoli, ma senza fare estinguere la specie ospite: “Questa caverna è mia!”, “Ahahah dice di essere il re dei giudei…”, “Al rogo! È una strega!”, “Lavora, sporco negro!”, “Bruciate, maledetti musi gialli!”, “Fottuto culattone, sparisci dalla mia vista!”, “Maledetto virus cinese!”. Anche nella lotta alla pandemia COVID-19 il virus della divisione impedisce all’uomo di collaborare alla sua cura: mancata condivisione delle esperienze, ricerche antagoniste del vaccino, teorie complottiste, odio razziale, innalzamento di confini e il distanziamento sociale. Non c’è dubbio, il COVID-19, grazie all’inevitabile isolamento delle diverse regioni del mondo, la crisi economica in atto, il distanziamento e la diffidenza che ne deriverà, si costituisce come un virus alleato e simbiotico del virus della divisione.

Secoli e secoli di divisione, pregiudizio, diseguaglianza, campanilismo esasperato, nazionalismo, razzismo, sessismo, hanno innalzato muri, definito confini, bruciato libri, distrutto opere d’arte e innescato guerre. Tutta opera del virus della divisione. Il rallentamento dell’evoluzione umana, e in alcuni casi la più sfrenata involuzione, ha reso l’uomo, la specie ospite del virus parassita, un terreno fertile in cui proliferare e ha fatto sì che i farmaci e i vaccini (già disponibili da sempre) non vengano assunti dai soggetti infetti: la cultura è vista come una minaccia, un obbligo da cui evadere, un modo per indottrinarci, e l’integrazione, è vista come minaccia per l’identità nazionale e le tradizioni.

I malati non vogliono guarire, e i sani sono troppo democratici per impedire la propaganda degli infetti, si limitano a contrastare mestamente solo i sintomi più evidenti. Questo virus è destinato certamente a sopravvivere.

One thought on “Il virus della divisione

  1. Bello! Realistico! Anche “oncologico”!

    Mi ha fatto pensare a un sacco di cose e addirittura magari mi cimento in un seguito. Intanto ci tengo a dire che il top è stata la Citazione di lupus in tabula :p

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