Ferie

Ovvero “sacralità”.

E’ il tempo dell’assenza che fa pensare, il tempo dei progetti, dei desideri e della doccia esterna da ignudi. Il tempo di riconnettersi al proprio sacro Sé, il tempo dei rami secchi e arsi che vanno tagliati, il tempo – ancora – della valutazione delle nuove semine. Il tempo, insomma, NON della routine automatica. Sacralità, appunto.

Ma per qualcuno è anche il tempo per dimenticare. Forse dimenticare serve? Freud parlava di un “dimenticare motivato”… motivato dalla natura traumatica del ricordo, dal dolore… La nostra mente, d’altronde, non sembra fatta per soffrire; nonostante la sofferenza faccia parte della vita, che nessuno, tranne qualche cartone animato, ci ha mai detto essere perfetta.

A quanto pare, però, anche questo è un trauma che va dimenticato: il trauma della vita dolorosa, limitata intrinsecamente e imperfetta, proprio come quella da lockdown. E così, si usa spesso dimenticare queste cose.
Il fatto è che quando si dimentica, vengono a mancare gli strumenti per scegliere i propri destini. Così, i destini e i “coviddi” diventano “casi”, larissimi casi o laidissime sfighe. …Nessun “amor fati”.

«Breuer fece una pausa, grattandosi la testa. “Non so che cos’altro dire se non che, grazie a te, ora so che la chiave al vivere bene é prima di tutto volere ciò che é necessario e poi amare ciò che si é voluto”. Pur riuscendo a dominare la propria agitazione, Nietzsche rimase colpito da queste parole. “Amor fati… amore del proprio fato… […] che differenza, che mirabile differenza, scegliere quello che faccio. Amor fati… sceglilo il tuo fato, amalo”» (I. Yalom, Le lacrime di Nietzsche).





NOTE DI BACKSTAGE:

Vorrei svelare il “retro della scena” appena scritta: all’inizio pensavo di parlare di sacralità delle ferie. Poi ai miei occhi sono arrivate queste immagini. E infine il pensiero sul senso delle due cose messe insieme e della fatica fatta per NON DIMENTICARE di tenere la mascherina, anche in vacanza e con 39 gradi.

Le sacre ferie, mettendoci in pausa dagli automatismi, tra le altre cose ci danno la possibilità di pensare – cribbio! – che il nostro destino possiamo e dobbiamo costruircelo da noi, perché solo così, nonostante l’imperfezione, potremo amarlo! E (soprav)vivergli! E non trasformare il “sacro” in un “mas-sacro”!

 

P.S. Anch’io ad un certo punto ho perso la mia mascherina e, non potendo ricomprarla subito (stavo sperduta nelle mie vacanze marsalesi e in pieno dopocena), ho trovato qualcuno che, nell’arco di 2 minuti meno 7 secondi, me ne donasse una nuova tra un vodka tonic e l’altro! C’est possible, parbleu!

P.P.S. La vecchia fuggitiva l’ho poi cercata per darle il suo giusto destino: raccolta differenziata!

2 thoughts on “Ferie

  1. Le sacre ferie, mettendoci in pausa dagli automatismi, tra le altre cose ci danno la possibilità di pensare – cribbio! – che il nostro destino possiamo e dobbiamo costruircelo da noi, perché solo così, nonostante l’imperfezione, potremo amarlo! E (soprav)vivergli! E non trasformare il “sacro” in un “mas-sacro”!

    Parole sante. Cito:
    “[…] otium era il tempo libero dalle occupazioni della vita politica e dagli affari pubblici (cioè dai negotia), che poteva esser dedicato alle cure della casa, del podere, oppure agli studî (donde la parola passò a indicare gli studî stessi, l’attività letteraria): a. Periodo di quiete, di riposo, più o meno prolungato e gradito, che interrompe le abituali fatiche […]” https://www.treccani.it/vocabolario/ozio/

    Aggiungerei, il vuoto di una “vacanza” può servire anche per avere lucidità nello scegliere il prossimo passo, si tratti di lavoro (fondamentale dare il meglio di sé e quindi scegliere cosa è il meglio di sé) o qualunque altro fondamento per la propria esistenza.

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