Abbiamo i minuti contati

Sono sempre stata una persona abbastanza indipendente, mi piace stare da sola e farmi gli affari miei, viaggio spesso sola, vado perfino a bere da sola al bar! E va bene così. Sono però un’ottima compagnia e naturalmente mi piace stare con altra gente, non sono poi così misantropa! Ok, preambolo finito. Ora vi racconto ‘sta storia.

Venerdì scorso accade che vado a cena a casa di Marco, col suo compagno e una cara amica; decidiamo poi di farci un drink post cena e raggiungiamo un altro membro del nostro gruppetto al bar. Quest’altro ragazzo era in compagnia di un suo caro amico che a me, personalmente, sta sul cazzo. Si può dire? Mi hanno chiesto molte volte il perché di questa mia avversione nei suoi confronti. Non è una cosa “a pelle”, sapete, quando dite che qualcuno vi sta antipatico senza nemmeno conoscerlo, no: io ci ho parlato spesso con questa persona e lo confermo, mi sta proprio sul cazzo! Ci credete nell’energia, nelle onde cerebrali, nell’aura o in altre cose new age? Ecco, per me questa persona emana vibrazioni negative, ha un’aura negativa, insomma più lo guardo negli occhi e più penso sia un pezzo di merda.

Quella sera aguanto una mezz’oretta, il tempo di bere qualcosa: me ne dovevo andare. Inizio a salutare tutti dicendo di essere piuttosto stanca e che me ne sarei andata a letto, quando proprio questa persone se ne esce con qualcosa del tipo “te ne vai sempre, non finisci la serata, da quando ti conosco ti ho sempre sentito dire di essere stanca e di volertene andare”. Affermazioni dette a mo’ di sfottò come a sottolineare negativamente il fatto di non continuare a bere ed ubriacarmi con loro come fanno le persone normali il venerdì sera (!). Gli altri miei amici, ebbri d’alcol e forti dentro al gruppo, appoggiano il suo sfottò ridendo e io inizio per un attimo a sentirmi una merda. Ci sono rimasta male! Mi sono sentita vecchia: cazzo, non sono più in grado di tollerare una serata al bar fino a tarda sera? Alla fine ho dato una risposta abbastanza tagliente a quel coglione, qualcosa del tipo “io sono stanca perché ho un cervello che mi funziona, al contrario di voi” o simili. E comunque me ne sono andata, felice di essermi tolta di mezzo.

In realtà, e ci rimugino ancora adesso, avrei dovuto rispondergli in un altro modo, dicendo semplicemente la verità e cioè avrei dovuto ammettere che ero stanca non per aver lavorato (e avevo lavorato quel fine settimana), e nemmeno per aver studiato o per aver corso la maratona di Siviglia, semplicemente ero stanca di stare a quel tavolo e in sua/loro compagnia.

Io vivo secondo una mia personalissima visione della vita che si rifà alla filosofia del carpe diem, a quella epicurea del vivere il presente e all’idea che la nostra esistenza ha i minuti contati, quindi perché impiegarli a fare qualcosa che non ci va? Seneca, naturalmente, non sarebbe d’accordo con me in quanto a misurazione dell’arco vitale perché secondo lui la vita è lunga abbastanza per fare grandi cose: “non è vero che abbiamo poco tempo, è che ne sprechiamo tanto!”. Sullo sprecare tempo, vecchio mio, sono proprio d’accordo! Sapessi quanto tempo ho sprecato stando dietro a cause perdute in partenza!

Perché, quindi, quel poco (o molto, non fa differenza alla fine) tempo che abbiamo a disposizione, impiegarlo stagnando in situazioni che non ci piacciono? Perché fate un lavoro che non vi piace e vi prosciuga tutte le energie vitali? Perché state con una persona di merda o che vi tratta male? Perché vi ostinante a fare cose che non vi apportano nessun beneficio?

Se mi faccio l’intera serata con voi è perché reputo la situazione e la conversazione stimolante, se me ne vado prima è perché mi sono rotta le palle! È una percezione personale, non offendetevi, voi non ne avete colpa! Anzi, dovreste provarci qualche volta, ne va del vostro bene e di quello degli altri: se non state bene con voi stessi, come pretendete di stare bene con gli altri?

 

Adesso mi sento una merda per essere in disaccordo con Seneca: amico caro – alla Razzi – la vita è breve.

5 thoughts on “Abbiamo i minuti contati

  1. Come ti capisco… In molte serate ho fatto il vecchietto, da ragazzo, semplicemente non facevo quello che mi andava di fare (discoteca, pub, …). Adesso in alcune serate passate in buona compagnia, con un buon gioco, riesco a resistere al sonno sino alle 3.00!

    • Ma infatti! Non c’entra niente l’età, la stanchezza ecc… Einstein diceva che il tempo è relativo, se passi tempo piacevole non lo senti scorrere…

  2. A volte penso a quel che dico. Soprattutto a quel che scrivo e a come lo scrivo. A quanti modi di leggere e intendere possono esserci. La verità è che facciamo troppo affidamento a quel momento espressivo e crediamo sia la summa di un modo di vedere la vita, di una persona, della sua proprietà (nel senso di ciò che gli è proprio, peculiare, caratteristico). Allora non ci sarebbero imbonitori, non ci sarebbero truffatori, non ci sarebbero nemmeno i consolatori e i poeti. Molto triste questo periodo in cui si usa tutto ciò che una persona dice per affermare la sua inadeguatezza, quasi da un momento all’altro si fosse pronti a farlo fuori – se non fisicamente, ostracizzandolo (che forse la morte civile è pure peggio) – invece di ascoltare il senso profondo di quel che è detto e di chiederne ragione. Ho avuto studenti diversi, anche poco in sintonia e per motivi vari, con la sottoscritta. Ma so perfettamente che un giovane non ha cognizione di sé, di un adulto, di un insegnante, e del mondo. So anche, che un insegnante ha – tra le altre cose – come compito l’educare, il formare delle prospettive a cui i ragazzi possano guardare per decidere se accettarle o meno. Sicché, almeno due casi vi cito: una studentessa siciliana dalla lingua pungente che mi faceva passare la voglia di caffè in “aula professori” (e questo dice molto) e che aveva due anni più dei suoi compagni di classe. Ho fatto il possibile per incoraggiarla ad andare avanti, a fare in modo che recuperasse a fine anno, per non consentirle di lasciare la scuola; mettendole in premio la mia fiducia per l’ammissione a un tirocinio all’estero. Fu un grande successo per lei, essere a Budapest, diciottenne con altre due compagne appena diplomate. Una ragazza piovuta da una stella, invece, mi coprì d’insulti perché non avevo soddisfatto il suo ego a lezione. Una decima parte di questi insulti sarebbe bastata per una sospensione. Ma ho taciuto, mi sono domandata quale fosse la cosa giusta per lei, se effettivamente avrei potuto essere meno secca. Ho fatto il possibile perché recuperasse a scuola; soprattutto, che si meritasse una sufficienza nella mia materia a fine anno. Alla prova d’ingresso dell’anno successivo, ha preso 8 e 1/2. Una cosa che non immaginava.
    Non bisogna dare troppo credito alle parole. Certo, sono tracce utili, ma niente di più. Bisogna fare il possibile per incoraggiare la parte migliore di noi e “il divino che dimora nell’altro” ad esprimersi.
    A volte dico di aver lasciato una data città (e conseguentemente il lavoro che mi teneva lì) per questioni di “clima”. A buon intenditor poche parole. eri “stanca”? Giustamente l’espressione “meglio soli che male accompagnati” ha un suo perché, e non sei tenuta a fornire spiegazioni. Però puoi dire, alla persona interessata: “ascolta, in via pacifica e amichevole, non nutro particolare simpatia nei tuoi confronti. Tuttavia, ti rispetto. Rispetto la tua persona e il fatto che sei un caro amico di un’amicizia comune. Ma, ONESTAMENTE, pretendo il medesimo rispetto, se per un qualunque motivo me ne vado, è così, punto.”

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