Natale “in Rete”

“L’appartenenza
È assai di più della salvezza personale
È la speranza di ogni uomo che sta male”
(G. Gaber)

Natale. Festività “aggregante”, giorni di lucine calde, di sbrilluccichi & festoni, di tavole & polli ripieni, di miliardi di fantastici antipasti su tavole rosse… Ma forse oggi non esattamente.

I miei pazienti quest’anno ci tengono tantissimo: “Dottoressa, ha fatto l’albero?” (a fine ottobre), “L’anno scorso a quest’ora giravo per comprare i regali…” (i primi di novembre), “Quando lo fa l’albero?” (a metà novembre), “Di solito io non ci tengo, ma quest’anno è diverso!”, “Mi mancherà il pollo ripieno di fegatini di mia nonna!”, “Odio il Natale perché si mangia tanto e lo amo, ma quest’anno non si può”. Scorci di sedute, ma forse di più. Scorci di un’attuale sofferenza che di quel calore ha bisogno, penso. Quindi alla fine di novembre l’ho detto: “Mi avete convinto, appena possibile lo farò!”… E in risposta grandi sorrisoni.

Ma cosa significheranno davvero gli addobbi, i pranzoni e le lucine? Perché sono così importanti nonostante i morti, tanto da seguire ogni nuovo decreto con l’ansia primaria della “chiusura rossa”, e rossa non perché natalizia?

Se è infatti vero che viviamo l’anno (o l’era?) del “distanziamento sociale”, in cui la percezione di sicurezza è strettamente legata all’isolamento, è anche vero che, isolandosi per salvarsi, ci si sente spesso dispersi e soprattutto soli. La solitudine è un sentimento particolarmente schiacciante per ogni essere umano che, da bravo animale sociale, trova la sua realizzazione nel mondo sociale ed entro le sue interazioni più significative. Oggi, i nostri pazienti, i nostri conoscenti, i nostri cari e noi stessi soffriamo tutti la lontananza dal prossimo. E vi giuro che nelle stanze di analisi questa sofferenza arriva tutta! Arriva quella di chi vive a casa una situazione violenta, di disagio, e non può fuggire da nessuna parte, né cambiare le cose con una semplice formula magica; arriva quella di chi, depresso, si sente ancor più giù; e quella, ad esempio, dell’ansia ipocondriaca che cerca saggiamente aiuto, ma per venire in seduta deve indossare 2-3 mascherine diverse tutte insieme rischiando di soffocare ad ogni parola. Soprattutto, arriva da lontano quella di chi è risultato positivo al Covid-19 o si trova in isolamento precauzionale, se non addirittura ricoverato e soggetto a lunghe quarantene. Quella dei colleghi massacrati dai turni in ospedale coi pannoloni per la pipì. Ed è difficile pure per noi “psi“, che la viviamo decuplicata poiché riceviamo anche quella dei nostri pazienti, oltre che la nostra.

Il desiderio di alberi e luci è allora forse il desiderio della salvezza, della speranza o, sotto sotto, dell’Altro: di quell’Altro che contagia e cura insieme. Il desiderio è quindi conflittuale, sofferto, indicibile…

Impossibile, tuttavia, ignorare questa sofferenza vicina e lontana insieme, che ci mette tutti alla pari poiché coinvolge appunto tutti e potrebbe uccidere democraticamente chiunque; e o potrebbe ferirci, farci licenziare, ridurci sul lastrico tutti, indistintamente, laddove ciò non sia già avvenuto. “Delitti sotto l’albero”, e non è solo il nome di un programma natal-necrofilo.

Pensando a tutto questo, lo abbiamo fatto: in un momento oramai lungo di grande sofferenza sociale e alle porte di giorni anche laicamente “sacri” come quelli natalizi, noi volontari del pensiero sul sociale ci sentiamo chiamati a dire “Io ci sono”, ad essere presenti nei confronti degli Altri, a partecipare (per come possiamo) ai patimenti della collettività coltivando strumenti di cura come reti, accomunamenti, aggruppamenti solidali e senso di condivisione e di appartenenza. Allora, se come Abattoir abbiamo lanciato il contest catartico Che famo a capodown?, come professioniste delle relazioni d’aiuto io e due colleghe abbiamo deciso di tenere gratuitamente QUARANTENA IN RETE – Gruppo di Sostegno On Line per persone Covid o in Quarantena. Ci sentiamo infatti chiamati ad esserci, a coltivare il “noi”, l’importanza dell’“essere insieme” e del sostenersi reciprocamente…

E allora partecipate, diffondete, uniamoci, coltiviamo l’assemblearismo e il profondissimo, arcaico, senso dell’“essere insieme”, del guarire insieme come singoli e collettività. Sosteniamoci, narriamoci, condividiamoci. Valorizziamo la relazionalità come valore umano capace di far sperimentare Ben-Essere… in un contesto storico in cui questi valori rischiano di diventare vuote parole in disuso!

“Non mi consola l’abitudine
A questa mia forzata solitudine
[…] Vorrei soltanto un luogo, un posto più sincero
[…] Dove rinasca non so come e quando
Il senso di uno sforzo collettivo per ritrovare il mondo”
(G. Gaber)

One thought on “Natale “in Rete”

  1. Lo scrissi sul mio blog, che quest’anno non mi dispiaceva l’aria natalizia anticipata. Ma la mia era una non vedere l’ora che questa merda passi!

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