Marasmi, Carestie & Social Network

Oggi mi sento un po’ come il Nix quando lancia messaggi di addio per via di qualche neo-marasma cerebro-sociale. Da definizione, “il marasma è un grave stato di malnutrizione dovuto a una carenza cronica di tutti i macronutrienti” e può anche essere dovuto a depressione. Dal greco “μαραίνω” = “consumo, distruggo”, indica una progressiva e generale atrofia dell’organismo con corrispondente riduzione delle attività funzionali.
Se non fosse che solitamente il marasma prevede la riduzione ponderale e che invece le nostre panze non possono oggi che accrescersi, penso che il mio fisioterapista aggiungerebbe questo termine ai coloriti aggettivi che partorisce durante ogni nostra seduta. Per dirne alcuni sulla mia schiena:

  • …Cca c’è cemento!
  • E’ acciaiooooo!
  • Ci sono chiodi da 10 centimetri!!!

E poi scambi del tipo:

  • Come andiamo oggi?
  • Così così… (Io)
  • Macché… ccà ci su pilastri………
  • Ah, dai, magari costruiamo qualcosa di buono… (Io, timidamente)
  • Ma quando mai!

E, dulcis in fundo, lui su di me al suo tirocinante:

  • Vedi la sua postura? Tutta sbagliata! Guarda le braccia: retroverse all’interno. E il collo…. Si sta chiudendo. Già ha la posizione a cigno!

Insomma, decisamente vado incontro al marasma schienale e corporeo, prima; psichico poi, dati i noti effetti del dolore e in particolare del mal di testa lancinante che mi affligge. Ma, caro il mio terapista, io transumerei volentieri, farei anche più vita in piedi, passeggiate o simili, se solo si potesse… Oggi, invero, posso solo lavorare, ed io lavoro assittata!

Ne deriva che, a questo punto, le soluzioni propostemi sono state due:

  • Cambia lavoro! Tutti i tuoi colleghi sono combinati così! Se avessimo dovuto passare la maggior parte della giornata seduti, avremmo le gambe piccole e il culo grosso!!!!
  • Devi iscriverti in palestra.

Ovviamente ho subito risposto “Non se ne parla!” a entrambe. Tuttavia le cicliche stoccate sulla mala vecchiaia che mi aspetta, la lezione al tirocinante e soprattutto la foto che segue mi hanno obbligato a rivalutare l’opzione 2, quando e se le palestre riapriranno.

marasma da discopatia

Il punto, tuttavia, non è questo. Non solo perché tanto le palestre sono chiuse… Ma anche perché LA VITA E’ CHIUSA, esattamente come la mia postura di m****, simbolo della regressione esistenziale che stiamo tutti vivendo!

Il punto è che siamo in carestia. In carestia relazionale e in generale in carestia da vera vita. Ogni santo giorno, non c’è altra opzione che fare sempre la stessa strada casa-lavoro/lavoro-casa, con conati di vomito ad ogni ben nota curva, simbolo di una “vituccia” (come l’ha definita perfettamente una collega) apatica e oramai priva di novità. O meglio: le novità me le portano i miei pazienti, anche loro inseriti spesso in un schema noto quasi a memoria (ognuno ha il suo orario nel suo giorno della settimana), ma per fortuna con narrazioni che sono scorci diversi attraverso cui guardare il mondo. Tuttavia, sempre di lavoro si tratta. Così – mentre la mia discopatia avanza e i miei guadagni vengono prevalentemente investiti in repliche di cuscini a cuneo e a mezzaluna per le poltrone dello studio, per il divano di casa e per la macchina – la vera vita regredisce sempre più e fa largo alla “vituccia”: quella in cui si perde, come nel covid, il gusto delle cose perché ne puoi fare poche&niente (e sempre le stesse, da sola), mentre l’imperativo mondiale è: “adàttati!”. Invidio chi trasgredisce, lo ammetto.

Oggi, comunque, è domenica, così ho strappato con gioia le erbacce e avuto la conferma che la mia adorata Ginetta è un ga-cane che mi segue scortandomi quando vado in cortile e che gioca con me rotolandosi a terra. Lei mi dona qualche emozione extra, opponendosi a fatica alla vituccia che avanza con precise scadenze da tasse&pagamenti e da sostentamenti primari.
Oramai, per altro, le poche volte che incontro qualche amico, mi sento drogata per l’eccitazione emotiva! Qualche giorno fa ad esempio è passata a trovarmi Claudia per portarmi la quota di un pagamento (pagare è concesso!); non la vedevo da mesi, se non dietro uno schermo. La presenza fisica è stata una dimensione… nuova (!): molto sensoriale, stranissima, con emozioni che fluivano ovunque in barba alle mascherine che ci siamo tenute pure all’aperto; Claudia mi sembrava più alta, anche se indubbiamente io ero in tappine; la guardavo meravigliata, commossa e a testa in su, commentando con molti complimenti il suo giubbotto nuovo (nuovo di almeno 4 mesi, ehm).
Per il resto, mi sono messa a scrivere progetti, mi sono proposta più attivamente entro gruppi di lavoro (on line) e sto cercando un gruppo per giochi di ruolo (on line), ma sono stremata dalla carestia relazionale.

Viviamo entro continuum borderline di tanta apatia, stanchezza e sprazzi eccitatori. Ne usciremo davvero borderline? Malnutriti, carenti e in stato di “marasma”? Probabile. Già oggi io mi sento distopica. Stremata da una distopia distortiva che al massimo è retrotopica e cacotopica; sicuramente molto poco neotopica, se non per il brodo di giuggiole da potenzialità di zoom&affini.

“Prima vivevamo nelle fattorie, poi nelle città e ora vivremo su internet!”
(The Social Network).

Nel film (certo, vedo anche più film!), Sean Parker dice questa frase brindando al neo-mondo virtuale durante un festino a base di sesso, droga & rock and roll dal vivo. Chissà se aveva idea che – con tanto di cappello a facebook & co.! – saremmo stati lo stesso stremati da marasmi e carestie esistenziali.

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