Storytelling – Il gioco non vale la candela

di Dora Pistillo

Le venne in mente quando un giorno – finalmente un po’ di sole – ci fu un evento a scuola. Nel parco in cui si allenava la squadra di calcio locale.

Le andava bene, sebbene la rottura della routine le creava sempre un po’ di ansia… si domandava se non fosse un sogno-tranello, un po’ come quando dormendo si sogna di andare in bagno e invece ci si sveglia nel letto bagnato. Si domandava se effettivamente anche lei fosse autorizzata ad essere presente, con tutti gli altri. Eppure, ora erano tutti divisi per classe e con una serie di percorsi da completare.

Una prova di educazione stradale: si simulava un tragitto urbano da percorrere in bicicletta. Sembrava strano che le sue compagne – più belle e sicuramente più intelligenti di lei, esclusa dai gruppetti – trovassero la cosa difficile. Cercava di distrarsi nell’attesa e osservava i mille colori che si perdevano nel verde all’orizzonte, un mare smeraldo in cui fluttuavano i bagliori dorati delle testoline di pisciacane investito dalle deboli raffiche di vento e sovrastato da un azzurro in cui perdersi e non ritrovarsi più.

Le riportarono i piedi per terra e senza troppe cerimonie, era il suo turno. Inforcò la bicicletta e compì quel che c’era da compiere. Sicuro non si aspettava di risultare la “vincitrice” della sua classe. Ricordava bene le parole del Prof. di matematica: “Essere  la migliore della classe, non vuol dire essere la migliore in assoluto.” Sapeva relativizzare (che parolona per una dodicenne) vittorie e sconfitte (quanta tristezza e senso di ingiustizia le provocavano allora questi due concetti) e ad altri sembrava una carenza di entusiasmo per quel che per lei era semplicemente un risultato come tanti, di cui non andare troppo fieri e al quale avrebbe rinunciato senza troppi problemi. Nel pacchetto premio una candela per una Ferrari, perché in paese c’era un club Ferrari, che aveva sponsorizzato l’evento. Non ne trovava l’utilità (non ho mica una Ferrari a casa!) e la cedette. Coppa e medaglia sarebbero servite a casa per qualche istante, come serve un uovo di Pasqua ai bimbi. Non a lei o ai suoi genitori. Soprattutto suo padre, che le pose come condizione per le lezioni di chitarra il diventare la “migliore”. Non accettò, non poteva assumersi un impegno così grande, non era onesto da parte sua e se uno impara a suonare lo fa per il piacere, non per entrare in competizione. Le competizioni non sempre sono oneste col sentire, con l’amore per una idea, un’attività o un oggetto. Queste considerazioni dovevano essere stupide e insensate, perché erano causa di discussioni interminabili. Questa volta forse sarebbe stato diverso, accidentalmente e inaspettatamente le era stato conferito un premio e a casa sarebbero stati contenti. Avrebbe precisato che era la vincitrice in un gruppo di piccole dimensioni, ma era il pensiero a contare. Alla soglia di casa nessuno ci fece caso. Si sentì sollevata: medaglie e coppe – forse – non sono così importanti. Poi sua madre chiese notizie al riguardo:

  • “Le ho vinte Mamma, oggi c’era la gara di educazione stradale, sono risultata prima nella mia classe, c’era anche una candela per la Ferrari, che ho regalato.”
  • “Com’è la storia?” – I passi del padre non tardarono.
  • “Ho vinto una gara di educazione stradale, Papà.”
  • “Non è possibile.”
  • “Si, è vero, mi hanno dato una coppa, una medaglia e anche una candela della Ferrari, ma l’ho regalata.”
  • “Ma no… hanno visto il tuo cognome, hanno capito che sei mia figlia e ti hanno fatto un favore, ti hanno dato una coppa per questo. Poi, sempre la solita: non si regala un premio ricevuto.”
  • “Ma come, che senso avrebbe? E tutti gli altri? Allora qualcuno avrebbe vinto al posto mio e ha ricevuto un’ingiustizia? Allora tutta questa roba non la voglio più, ma come faccio a restituire tutto, ho dato la candela della Ferrari a un’altra persona, mi sembra scortese chiederla indietro.”
  • “Ora non incominciare a dire sciocchezze, non si restituisce una coppa, oramai ce l’hai e te la tieni.”
  • “Non la voglio se non l’ho meritata. Non mi piacciono le ingiustizie. Mi vergogno.”
  • “Sei sempre la solita, quando imparerai come si sta al mondo? Fai bene a vergognarti, non capirai mai niente di come funzionano le cose.”

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