Nomotèta sarà tua sorella

di Dora Pistillo

https://www.youtube.com/watch?v=RZsPuJh0hHk&feature=emb_logo (Sergio Endrigo – L’arca di Noè (Sanremo 1970) )

Qualche giorno fa mia mamma mi fa sapere che da non molto è scomparsa la mia insegnante delle elementari. Ho un debito con questa donna di cui ricordo il caschetto mesciato e l’abbigliamento da borghese discreta e impegnata. Ricordo che aveva a cuore la nostra preparazione, sotto ogni aspetto. Tanto che pur non avendo io frequentato il classico, mi è risuonata una parola questa mattina. Nomoteta. Mi risuonano anche tutte le /lezioni importanti che hanno lavorato questa dura terra di cui sono fatta. Ed è poco più di un anno fa che un mio collega mi chiese se – visto che avevo lavorato per un paio di anni in Sicilia – avessi voglia di preparare una lezione di approfondimento per geografia.Mentre ascolto le note di un brano di Nick Drake, ho desiderio di scrivere qualcosa in memoria della mia insegnante. A volte ci raccontava di alcune sue esperienze; ad esempio, da bambina le era capitato di accompagnare ragazze più grandi e donne anziane a fare da staffetta per i partigiani.
Raccontava cose molto semplici e ricordo non tanto i particolari, ma il senso profondo.

La faccenda delle colonie greche in Italia, per citarne una, che inserii nell’approfondimento richiesto. Così spiegai che la Sicilia – che già aveva delle popolazioni quando vi arrivarono i Fenici – imparò a conoscere pro e contro della socialità e che poteva tranquillamente capitare che un bel giovane marinaio fenicio s’innamorasse di una ragazza autoctona. Capitava così, senza troppe faccende burocratiche e controllo di visti sul passaporto, che nascessero dei nuovi bambini sia fenici che indigeni dell’isola e che nessuno se ne facesse un problema. Capitò, poi, che arrivarono Greci da diverse parti dell’arcipelago, una cosa travolgente, e che non fu proprio indolore ma che arricchì di non poco il contesto isolano. A parte la mescolanza genetica, le ovvie abitudini alimentari – che comunque non differivano troppo da quelle del resto del Mediterraneo – l’architettura, il teatro e una certa propensione alla gestione delle faccende sociali che spinsero (più che in madrepatria) a cercare di “normare” i comportamenti degli abitanti. Poiché vi erano diversi gruppi e conseguentemente diverse culture, ognuno tirava acqua al proprio mulino quando si aveva a che fare con ingiustizie e sopraffazione. Proprio su quelli che sono ora i territori italiani, i primi legislatori d’avanguardia.

Avanguardia nel senso che a partire dal VII secolo a.C. la legislazione scritta dai nomoteti serviva a una comunità complessa, frutto di un assemblaggio di popolazioni di diversa origine, con dialetti e tradizioni diverse. La trasmissione orale risultò insufficiente a regolare i rapporti, perché a questo dovrebbe servire una regola. Wikipedia, a proposito, ci ricorda che nomi come Zeleuco di Locri (che operò anche prima di Dracone), Caronda di Catania e Diocle di Siracusa divennero celebri, tanto che in alcune località in Grecia si adottarono le leggi di Caronda. Le leggi venivano cantate nei simposi, forse erano in versi, per essere ricordate meglio (un po’ come certi brani che “sono legge” per i giovani, bro) tanto che v’era proprio una “figura professionale” dedicata, del nomodós, il “cantore delle leggi”.

Ritornando alla lezione di geografia, il senso che mi premeva trasmettere era legato al trascorrere del tempo e delle vicende, al fatto che i tempi in cui non c’erano documenti di identità forse erano meno sicuri di adesso, ma si era più attenti alla specificità dell’essere umano, della sua educazione e l’attenzione era diretta al valore delle tradizioni e dei comportamenti quotidiani e forse delle relative conseguenze.

Non è facile essere Uomini in una società umana, per questo bisogna ricordare che in realtà difficilmente si può dire al giorno d’oggi che il valore di una persona consista nel suo aspetto o nel suo passaporto. Quella che conosciamo ora come Italia ne è un esempio. Dopo i Greci, nel sud Italia arrivarono i soldati Romani e chiaramente anche loro, che erano già mescolati con etruschi e altre popolazioni del centro, trovarono le ragazze dell’isola affascinanti. Arrivarono una moltitudine di culture e anche piccole imbarcazioni di pescatori in balìa delle tempeste nel Mediterraneo. Ogni essere umano in questo modo concorreva con la propria presenza a rendere nel tempo il mondo quel che è, una bizzarra e affascinante pallina sul tavolo da biliardo dell’Universo. Che la diversità è solo lo stato degli ingredienti prima che s’impastino per bene. Che il rispetto reciproco è l’unico metodo per mantenere vivi i sapori che ognuno apporta. Che il rispetto dell’ambiente in cui si vive è l’unico metodo perché tutti si stia bene. Perché una mente sveglia e capace di mantenersi viva e curiosa, affamata di comprensione è l’unico presupposto per il rinnovamento rispettoso dei costumi e dei comportamenti umani.

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