Squid game – come il gioco cambia

Squid game è una serie Netflix coreana che sta avendo un inaspettato successo. Netflix ha infatti reso disponibile il contenuto senza il doppiaggio italiano, come fa per tutti i contenuti di serie B. Io stesso, attratto dal trailer, ho dovuto superare diverse difficoltà prima di finirlo tutto d’un fiato.

La prima difficoltà è quella del riconoscimento dei diversi personaggi, gli attori asiatici mi sembrano troppo simili tra loro, un po’ a causa della mia scarsa familiarità con i volti orientali, un po’ perché oggettivamente ci sono poche grosse differenze tra loro; non ci sono biondi, non ci sono ricci, non ci sono occhi chiari, e anche fisicamente sono tutti molto simili snelli e non troppo alti. Ci sono delle eccezioni ovviamente;

La seconda difficoltà è quella di vedere un film con i sottotitoli: o guardi il film o leggi i sottotitoli; Se lo fai mentre mangi è ancora più difficile.

La terza difficoltà è la mia scarsa conoscenza della cultura asiatica, compresa quella coreana, i nomi dei personaggi e dei luoghi spesso non li comprendo, mi sembrano impronunciabili e simili. Se in un film americano un attore dice che vuole andare a Las Vegas per divertirsi un po’ capisco subito che tipo di divertimento cerca, ma se Kim Jung-bok vuole andare a 부산 광역시?, 釜山廣域市?, Busan gwang-yeoksi? E quanto spende se gioca 10.000 won?

Queste difficoltà si possono ovviamente superare, soprattutto quando la serie sembra a metà tra “Mai dire Banzai” e “Saw – L’enigmista”. Che dialoghi vuoi ci siano? Quello che conta è quanto siano cinematograficamente splatter.

Scelta come serie TV da pranzo/cena, puntata dopo puntata si è rivelata ai miei occhi molto più interessante di quel che sembrava, i dialoghi e le scene a volte erano grottesche (soprattutto nella puntata pilota), ma la profondità del messaggio è cresciuta puntata dopo puntata. L’argomento principale è il gioco, quello dei bambini che diventa poi gioco d’azzardo da adulti. L’azzardo non è solo puntare 100.000 won su un cavallo, ma anche fare false promesse ad un figlio che vedi una volta l’anno per il suo compleanno, il gioco in borsa con soldi che non sono tuoi, e anche scommettere su ciò che resta di umano nel nostro mondo. Il gioco dei bimbi viene così brutalmente violentato, il bullismo giovanile cresce trovando sfogo in una competizione con poche regole e il senso del gioco come momento felice e spensierato è un ricordo lontano, d’infanzia. Il contrasto  tra quel che era e quello che è diventato è d’impatto.

La serie con la scusa dello splatter ci invita a riflettere sulla competizione a tutti i costi, sul senso e il valore della vita e superati gli scogli iniziali è un bel navigare. Vale la pena.

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