Storytelling – Babbo Farabutto: storie di droga, gnomi e renne fameliche.

Si diceva che il nuovo spacciatore del paese fosse un tipo strano, sempre sulle sue, sfuggevole e guardingo. Eh certo, è uno spacciatore, è normale che stia attento – penserete. Ma no, lui era proprio maniacale. Per incaricargli un ordine e procurarti un po’ di roba dovevi tipo attraversare tutta una serie di prove e labirinti intricati tra condomini, bugigattoli, sottoscala e camini. Ah, che bei tempi quelli in cui lo spaccino veniva sotto casa tua in auto: bastava una stretta di mano ed il gioco era fatto (come noi dopo mezz’ora)! Cosa sia successo ai vecchi spacciatori nessuno lo sa, si raccontano storie, alcune misteriose, altre assolutamente strampalate, come quella che vede il figlio del capo spaccio divorato da una renna famelica tanto che suo padre perdette la testa e si andò ad arruolare nei Marines per una missione al Polo Nord! Certo che la gente ne racconta di stronzate! Del resto è grazie a queste storie assurde sul suo conto che Papà Spaccio – così si faceva chiamare lo spaccino – è diventato affidabile: quanto dev’essere buona la droga che vende, se la gente giura di vedere renne e gnomi! Sì, quella degli gnomi è un’altra storia, precisamente parla di gnomi in pigiama nel sottoscala. Sapete, di quei pigiami interi che si fanno indossare ai bambini piccoli per tenerli al caldo. Gnomi, poi, suvvia razionalizziamo un attimo e parliamo di persone di bassa statura, com’è politicamente corretto chiamarle! Cioè, ma ci pensate? Persino i nani del paese si facevano tanto da ridursi in trance e vagare per i condomini in pigiama in preda alle allucinazioni augurando buon Natale a tutti in pieno luglio! Che roba buona che deve vendere! Ma chi era questa specie di super spaccino venuto dal cielo?

Beh, in molti ce lo chiedevamo ma Papà Spaccio non si faceva raggiungere da nessuno! Era tipo l’intoccabile! L’innominato! Lord Voldemort! E se qualcuno arrivava ad avvicinarsi un po’, quel tanto che bastava per riuscire a scoprire il suo covo, lui lo puniva! Aveva metodi bizzarri per scoraggiare gli intrusi. A volte sparava addosso a chi osava ficcare il naso nei suoi affari una carica di neve da cannoni sicuramente fregati ad una stazione sciistica per le piste artificiali! Guardingo, sfuggevole, sempre all’erta. Fu così che decidemmo di mettere in opera un piano per scovarlo!

Un giorno andammo da “Billy il sodomizzato” e lo costringemmo a parlare. Billy aveva un debito di migliaia di euro col vecchio spacciatore ma quando questi venne rimpiazzato, il debito sparì. Così Billy andò a trovare il nuovo arrivato per tentare di aprire presso di lui un conto con gli interessi più bassi che poteva estorcergli. Ma ahimè la missione di Billy fallì al primo tentativo. “Billy il sodomizzato” prima era “Billy lo storto”, per via delle sbronze e della droga. Lo chiamano “il sodomizzato” perché adesso va in giro con un ramo d’Abete su per il…sì insomma… Billy però non aveva mai detto a nessuno cosa fosse successo nel covo di quel Babbo Spaccio! Ma con l’offerta che gli offrivamo (chili di polvere bianca del paesello vicino) non poteva rifiutarsi. Così un pomeriggio l’accerchiammo e gli offrimmo la roba «ma in cambio, Billy, devi raccontarci una storia», gli intimammo. All’inizio fu un po’ restio ma quando lo facemmo ragionare, appiccando fuoco al ramo d’abete stranamente addobbato con festoni, il tipo cedette. Ci parlò di un nascondiglio custodito da animali feroci con le corna, raffiche di vento gelido che nemmeno a Trieste, una quantità inimmaginabile di carta regalo e scatoline, calzini ovunque e soprattutto un fortissimo odore di zenzero che rendeva l’aria quasi irrespirabile.

Eravamo scettici, sicuramente Billy si era fritto il cervello con tutta quella roba illegale che consumava! Più che di zenzero a noi questa storia puzzava di marcio! Tuttavia non ci facemmo scoraggiare, Babbo Spaccio sarà stato pure stravagante e non si sarà mai fatto vedere da anima viva ma noi eravamo decisi a scovarlo. Fu così che decidemmo di mettere in pratica un piano. Per prima cosa ci munimmo di vari sistemi sciogli neve, poi facemmo scorta di scatolette di cibo per belve feroci, in pratica roba ad alto contenuto proteico, corde, nastro adesivo e piccole trappole in caso gli gnomi ci avessero dato del filo da torcere, e infine maschere antigas e boccette di essenza di cardamomo per neutralizzare l’odore di zenzero.
Il giorno dell’attacco eravamo tutti carichi e vogliosi a non darla vinta a quel farabutto di uno spaccino invisibile! Ci dirigemmo nel luogo che ci aveva indicato Billy, pronti a qualsiasi ostacolo. Man mano che ci avvicinavamo l’aria si faceva più pungente, era quasi gradevole avere un po’ di refrigerio in quella calda serata di luglio! Tuttavia non ci facemmo distrarre e proseguimmo: il percorso ci conduceva ad un tunnel sotterraneo che sembrava un incrocio tra un deposito per l’acqua piovana e un parcheggio di un centro commerciale. Non si sentiva nessun rumore, a parte il constante ronzio di motore elettrico, come quello di un condizionatore. Tranne che non si trattava affatto di un condizionatore! Per fortuna ce ne accorgemmo in tempo: una raffica di palle di neve ci colpì di soppiatto! Ci buttammo di lato, aprendo i nostri secchi di “composti granulari esotermici per lo scioglimento rapido di ghiaccio e neve”, come diceva la descrizione. Il piano funzionò: la neve si sciolse immediatamente e ciò che rimase fu un’enorme pozza d’acqua. Nonostante questo ostacolo fosse stato superato con facilità, ci guardammo bene dal cantare vittoria! Infatti quasi subito fummo raggiunti da un rumore inquietante di zoccoli che calpestavano il cemento: una mandria di animali simili a cervi enormi veniva verso di noi inferocita e intenzionata a caricarci. Ci ricordò proprio la miriade di gnu che calpesta Mufasa nella scena della sua morte! Ma questi animali non erano erbivori e pacifici? Man mano che si avvicinavano ci rendemmo conto che quelli che vedevamo non erano cervi ma si trattava davvero di renne inferocite e fameliche! Ci preparammo a tirar fuori i nostri spezzatini proteici e quando furono vicine abbastanza una raffica di scatolette di cibo vennero aperte e lanciate di lato deviando il percorso di quella mandria di renne carnivore! Più stupiti che spaventati ci guardammo e iniziammo a renderci conto che quello in cui ci eravamo cacciati era un affare strambo e alquanto pericoloso. Iniziammo a correre per allontanarci il più in fretta possibile dalle belve, addentrandoci sempre di più nel tunnel. Correndo ci accorgemmo che i nostri piedi non calpestavano né terra né cemento ma uno strato morbido di cotone e lana. Guardando bene con le torce vedemmo che stavamo camminando su una montagna di calzini enormi e colorati, come quelli che si attaccano sul camino la notte del 24 dicembre. Sempre più stupiti continuammo il nostro viaggio fino ad arrivare ad una grande sala rettangolare alla cui estremità si apriva una grotta profonda dalla quale fuoriusciva un nauseante odore speziato. Indossammo in fretta le nostre maschere e gettammo le boccette di essenza di cardamomo come fossero bombe incendiarie. Tra noi e la grotta si stendevano diverse fila di scatoloni, come a voler trincerarne l’ingresso. Sembrava più uno sgabuzzino o un deposito di robaccia che metti da parte e tiri fuori una volta l’anno. Con tutti i sensi all’erta ci avvicinammo all’ingresso ma di soppiatto diverse dozzine di persone dalla bassa statura vennero fuori da dietro le scatole, ma che dico persone di bassa statura, erano proprio gnomi! Gnomi come quelli che si disegnavano nei racconti per bambini! Gnomi in pigiama, con tanto di cappellini a punta! Aprirono le scatole e iniziarono a tirarci addosso tutta una serie di oggetti strampalati che cozzavano con l’ambiente: palline di plastica decorative, sfere di vetro con neve finta, bastoncini di zucchero, biscotti di marzapane…come se quelle scatole fossero delle cornucopie settate sulla modalità “festività natalizie”. Provammo ad accerchiare i nani, lanciammo le nostre reti per intrappolarli, pronti a legarli e imbavagliarli, ma niente, non si facevano prendere! Eravamo in svantaggio numerico e perdevamo terreno. Alcuni di noi erano stati messi k.o., e gli altri eravamo sfiniti e allibiti. Non potevamo aver fatto tutta quella strada per nulla! In un impeto disperato riuscimmo a sovrastare la confusione provocata da quegli gnomi malefici e con un ultimo slancio chiamammo colui il quale eravamo venuti a scovare: «Hey Babbo farabutto, vieni fuori!», urlammo. Gli gnomi si immobilizzarono, per un instante non si sentì volare una mosca e d’improvviso dalla grotta uscì un omone di 3 metri di circonferenza e parecchio avanti con l’età: «Come mi avete chiamato?», ruggì.

Impossibile! Da non credere ai nostri occhi! L’uomo che ci trovavamo di fronte era identico al Babbo Natale delle prime pubblicità della Coca Cola! Beh, di Coca ne aveva parecchia, ma cosa diamine stava succedendo? Quando ci vide, in shock e malridotti il vecchio scambiò due parole sottovoce con gli gnomi che sparirono nella grotta affaccendandosi con stoviglie e imprecando insulti in eschimese (o così almeno ci disse in seguito Babbo Spaccio). Immaginate il nostro stupore crescente quando il vecchio ci invitò ad entrare nella sua caverna! Un antro ben arredato con tanto di tappeti, cuscini, poltrone e un caminetto acceso. In piena estate! D’un tratto la puzza di zenzero, il gelo e la stanchezza cedettero il posto ad un lieve tepore ed un dolce profumo di biscotti appena sfornati e marijuana, ovviamente. Sembrava di essere entrati in una dimensione parallela. «È parte della mia magia», ci disse. Come se giustificasse tutto ciò che ci era appena capitato, come se fosse normale che esistessero renne fameliche, gnomi assaltatori e persone “magiche”! Poi iniziò a raccontare la sua storia, e tutto prese un senso diverso.

«Lo avete capito, no, che io ero Babbo Natale! Sì, proprio così! E non guardatemi con quelle facce da ebeti! In fin dei conti mi ero proprio rotto le palle di rimanere al Polo nord! Sempre chiuso in quella specie di prigione fatta di casette di pan di zenzero, in mezzo a zuccherini, fiocchi di neve e a scartabellare in un mese letterine su letterine di bambini avidi e analfabeti! Non potete immaginare gli errori di ortografia che fate, per le calze della Befana! Stare lì, chino, ad incaricare bambole, consolle di videogiochi e set lego! Non ce la facevo più! Quanti cazzo di set lego esistono al mondo? Ma non era meglio quando erano semplici mattoncini e basta?! Ma comunque…un giorno non ce l’ho fatta più e dopo aver scaraventato l’ultimo pacchetto giù per un camino mi son detto “Babbo, non puoi continuare a fare questa vita, trova una scappatoia”. E sono scappato. Sono finito a spacciare nel vostro paesello perché…in cosa ero qualificato se non in recapitare cose in tutta segretezza e senza essere mai avvistato? Ecco, adesso conoscete la verità. Nessuno era arrivato tanto vicino, neppure quello storto che mi ha fregato un ramo d’Abete!»

Ad oggi non riusciamo ancora a trovare le parole per descrivere come ci sentivamo dopo quella rivelazione. In quel frangente ci vennero in mente tante di quelle cose da dire che alla fine non dicemmo nulla. Alla nostra non reazione e vedendoci in stato catatonico Babbo Natale – e ci fa strano chiamarlo così – ci rassicurò e ci servì delle infusioni, dei biscotti e una strana miscela dolciastra da spalmare tipo sublime marmellata. Mangiammo, bevemmo e ci addormentammo su quei morbidi cuscini profumati.

Quando ci svegliammo ci trovavamo stesi per terra in un angolo della via principale, fradici di sudore e con un hang hover micidiale! Le menti sfocate, le membra intorpidite. Non ricordavamo bene ciò che era successo, ci scambiammo delle occhiate furtive e interrogative ma nessuno disse una parola. Forse nessuno di noi voleva ammettere di aver avuto il miglior trip degli ultimi tempi. Ma in realtà non ci importava, in fin dei conti, se ciò che era appena accaduto fosse accaduto per davvero: l’unica cosa di cui ci importava era che finalmente in paese era arrivata roba raffinata!

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