Storytelling – Pippe sotto l’albero

Dal mio letto vedo un albero sghembo. Sotto, una scatoletta di tonno al naturale con su un fiocchetto per i principali abitanti della casa; d’altronde se lo godono loro: noi lavoriamo e non ci siamo mai. Che vite…! Comunque, alla faccia nostra, i brillocchi dell’ex-lampadario buono della nonna – prima bronzeo, poi reso nero-opaco-glamour prima che fosse glamour – adornano l’abete di plastica di seconda mano che rallegra il soggiorno. Perché dovrebbe essere nuovo d’altronde? Ultimamente sono ossessionata dal mondo che lasceremo ai figli. Perché dovrei inquinarlo di un finto abete in più? Io che poi manco so se avrò figli! Ma insomma, in fondo il tuo è il mio, se guardiamo a un discorso di specie.

Certi giorni qualcuno mi parla di gengiviti espulsive. Io mi dissocio e penso alla vecchia proprozia che per questo ebbe in giovine età la dentiera. Scoprii così in giovine età il disgusto per la pasta rosa polident; meno per le pastiglie disinfettanti. In ogni caso, chiesi da bimba a Babbo Natale di sparagnarmi la sfiga della dentiera. Per precauzione, quella fu importante mettergliela dentro le labbra viola alla fine: era un suo desiderio e a me stanno a cuore i desideri degli Altri. Sopra le labbra ovviamente il rossetto rosso-fuoco di sempre; lo stick dentro la bara su idea della zia acquisita; fuori i cortigli di chi si sparla per la proprietà dell’idea, disgustosamente incurante dell’appropriatezza dell’idea cortigliara.

L’umanità del presente per fortuna interferisce sul disgusto, sul ricordo: interroghiamo il senso della gengivite da stress. Sì, da bruxismo, quindi da stress. E poi a lavorare su un sogno di denti. Manco fossi un dentista…
Quello dei denti che cadono era pure un mio incubo; al momento li sogno storti e mi convinco che sia la vecchiezza. In realtà pare sia l’accettazione o la paura (o entrambe) dell’imperfezione. Non si controllano i destini dei denti! Che ci possiamo fare noi? Ci aggiriamo per la vita come se non ci fosse un domani, le migliori energie a rovinare nasi perfetti con tiri imperfetti di varie tagliate male, a rovinare famiglie per discorsi di soldi, a rimpiangere l’inesistente ideale mal tagliato lungo i bordi di Zerocalcare, a prendersi a colpi di casco sulle gengive… E infine, alla fine dell’anno, a confidare in un albero. E così vorresti controllare i destini (dei denti)? Meglio che sia sghembo l’albero, va. Meglio che sia sghembo e di seconda mano, anche di terza, purché non inquini ancora. I ricordi sono inquinati e si perde ciò che fu, gli antenati muoiono e che fine fanno i vecchi alberi? Per gli animali oramai hanno inventato il ponte arcobaleno, e i miei Martini dio solo da se non spero siano lì. Uno aveva solo tre zampe poi… Se non lo merita lui… Chi dovrebbe? Pure il Valhalla si meritava!

Qualche settimana fa c’è stato un certo discorso per strada, in centro. Sulla perdita di libertà. Ho chiesto da quando, mi stato detto dal super pass. Ho risposto da prima. No, prima eravamo liberi! Patrick Zaki non è libero, incalzo con speranza. Ma che c’entra: in Europa! Ah, in Europa… Fuori non conta? Fuori si può essere non-liberi? Il telefono fu attaccato e Zaki liberato poco poco: discorso chiuso. Pare ca un sapieva… E in ogni caso non basta chiedere a Babbo Natale. Ho pensato allora, dopo anni, che valesse la pena prendere un cosmopolitan con succo di mirtillo; non sciroppo: succo. Ho specificato alla fine che la mia amica emigrata mi aveva spiegato da tempo che ci manipolano pure con la benzina e con i deodoranti tossici e che comunque io sarei scesa in piazza volentieri per questo. Andiamo? Telefono attaccato: discorso chiuso. Pochi giorni prima, per altro, il medico mi aveva fatto il vaccino antinfluenzale creandomi un enorme bozzo sul braccio, da capra quale è. Booster una pippa, va… E qualche giorno dopo trovavo i miei cari con le piaghe; saranno le sette piaghe d’Egitto, penso; le piaghe familiari, ripeto; quelle sì che, in certe storie, sono vere piaghe. Le persone possono essere piaghe. Alcuni sono pus e piaghe. Lo so, ma credo lo stesso di aver avuto un trauma, dato che poi quelli fanno l’albero costoso, rubano e brindano. …Natale una pippa, va. Che mondo lasceremo ai figli? Intanto, alla faccia del futuro, son “Pippe sotto l’albero”, ovvero pugnette e mezze seghe tutte ipocrite.

Me ne rendo conto: sono sogni trash di suggerimento inconscio (dopo quelli sui denti che abbracciano l’imperfezione). Sarà colpa della terza mano, terza dose o che. Invero a me sta bene così: tonno al naturale sotto, integrità dentro, lavoro duro abbestia e poi si crolla come infanti la notte. Io ascolto i desideri degli Altri. I sogni. Il massimo per chi ha l’anima a Natale. Poi si crolla come infanti la notte. E per ora sta bene così.

2 thoughts on “Storytelling – Pippe sotto l’albero

  1. Io convivo coi miei denti storti, forse un giorno me ne pentirò, ma quando il dentista mi ha detto “chiusura ottima, per migliorare l’aspetto estetico dobbiamo fare spazio e togliere 5 denti…” l’ho salutato. Eppure i denti, perdere i denti sono incubi ricorrenti di molti, ma non sono mai stati i miei.

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