Smiley

C’era una volta un palloncino errante di nome Smiley. Era stato dimenticato ad un parco giochi da un bambino viziato e pieno di giochi e il vento lo aveva imbrigliato al ramo di un albero. Nonostante sulla sua gomma gialla fosse stampato un sorriso, Smiley era molto triste perché aveva sempre desiderato fare felice qualunque bambino stringesse il suo cordino, e invece era solo e vicino a dei rami appuntiti che il vento rendeva più minacciosi. Smiley ogni giorno che passava si sgonfiava un po’, ma per fortuna una domenica un orfanello che giocava al parco giochi con una palla di cartone lo vide e si arrampicò sull’albero. I due in qualche modo erano simili: Smiley poteva intuire la tristezza del bimbo che era stato abbandonato come lui; più i due giocavano insieme e più il palloncino giallo si gonfiava, la tristezza andava via e la gioia prendeva il suo posto.

L’orfanello era ormai sazio di giochi e di gioia e quando vide un vecchio vedovo che dava da mangiare ai piccioni comprese la sua tristezza, aveva perso da poco la moglie e si sentiva solo. Era arrivato il momento per il bimbo di donare il palloncino, così senza dire una parola porse al vedovo il cordino di Smiley e corse gioioso a rincorrere la sua palla di cartone. Il vecchio non capiva cosa dovesse fare con un palloncino, poi ripensò a quei momenti vissuti con la moglie, avevano fatto una viaggio in mongolfiera, era stato il loro primo appuntamento. Poche lacrime bagnarono i lunghi solchi sul viso del vecchio, per poi sfociare sul suo sorriso fermo in romantici ricordi. In un attimo sentì sua moglie ancora accanto, mentre Smiley si gonfiava e il suo sorriso diventava più grande. Il vecchio rincuorato diede il palloncino a una prostituta che non aveva mai conosciuto l’amore. La donna svuotata del dolore diede il sempre più grasso Smiley all’ubriaco che un tempo era un manager di successo, ma aveva dovuto licenziare tutti prima del suo fallimento. L’ubriacone lo diede al parroco che non voleva ammettere la sua crisi di fede, questo lo diede all’insegnante sconfortata per non essere riuscita ad educare tutti i suoi alunni, poi fu la volta dei mancati genitori che si erano impantanati nella burocrazia peri adottare un bimbo e così un po’ alla volta si sparse la voce che un grosso pallone aerostatico era in grado di alleviare le pene di chiunque o addirittura di restituire la gioia perduta. Smiley era contento di portare pace e serenità anche se le attenzioni per lui erano sempre più pretenziose.

Ben presto il parco divenne più frequentato dell’ufficio postale, tanto da dover richiedere il rispetto di una fila per poter giocare qualche minuto con Smiley, o anche solo per toccarlo. Il palloncino ormai occupava lo spazio riservato alla fontana, così poteva servire più persone alla volta. Qualche invidioso non riusciva a vivere abbastanza giorni di felicità che ripiombava subito dopo nell’abisso della tristezza e accusava il grosso palloncino di non essere abbastanza capiente per contenere la sua immane sofferenza. Altri cominciarono a serpeggiare che Smiley in realtà fosse un ingordo strumento del demonio, che si nutriva della sofferenza umana che lui stesso coltivava a suon di iettature. Smiley, ormai divenuto una mongolfiera, aveva un sorriso slabbrato e gli occhi spenti, la sua pelle tirata non avrebbe retto ancora per molto, e a porre fine alle sue sofferenze ci pensò la faida tra i fanatici devoti del santo palloncino e i convinti esorcisti che volevano liberare il parco dalla presenza diabolica dell’oggetto. Smiley mise a tacere le loro urla in uno scoppio che fece tremare la città intera. Di lui rimasero tremanti petali di lattice giallo, il suo triste contenuto invece fu restituito alla comunità, l’ubriacone riprese a bere, l’orfanello si sentì nuovamente solo, il parroco rimise in dubbio l’esistenza di Dio che non avrebbe mai permesso la distribuzione di tutto questo dolore.
Così Smiley rimase lì, triste e impotente ad ascoltare lo sconforto della gente del parco e non poterlo contenere, e si domandò più volte se non sarebbe stato meglio alleggerire solo i più meritevoli piuttosto che scoppiare ed essere così d’aiuto a nessuno.

One thought on “Smiley

  1. “Praticate gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso”. Mi fa pensare a questo mantra!
    E però anche io nel mio lavoro a volte mi sento satura e piena di male in esplosione… Non può esistere un solo Smiley, é necessario chiedere aiuto agli altri per poter svolgere questa funzione!

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