E vissero felici e contenti! Ma anche no: il mito dell’amore romantico

E ci seeeeeeeiiiiiiii adesso tuuuuuuu a dare un senso ai giorni miei… 

Volevo iniziare questo post sull’amore con un po’ di Eros. Ok, a parte la battutta brutta, oggi parliamo del mito dell’amore romantico (o meglio dei miti, perché sono tanti). I miti come sappiamo erano delle narrazioni che spiegavano fenomeni naturali e comportamenti umani e che sono entrate nella cultura rafforzando determinati valori e visioni del mondo. Perché è importante questa tematica? Perché l’idea dell’amore perfetto, bello, romantico, veemente, passionale, con gli uccellini, le scarpette di cristallo e il “vissero felici e contenti” serve a sottomettere la donna perpetrando la cultura patriarcale nonché la cultura dello stupro. Eeeesaaggeraaataaaa – direte voi – e invece no, riflettiamoci! 

L’amore cosiddetto romantico alimenta certi stereotipi di genere che stanno alla base della cultura maschilista e patriarcale che, come racconto in questo post, è quella che hanno inculcato a tutti e a tutte fin dalla tenera etá (e non era una cosa forzata ma semplicemente: “c’est la vie“). Le differenze di genere, infatti, si sviluppano atraverso l’idea dell’amore romantico laddove il potere lo detiene l’uomo e alla dona non rimane nulla. Donne, quante volte abbiamo aspettato l’uomo della nostra vita? Il cavaliere che viene a salvarci dal drago (o l’idraulico itlaiano coi baffi in un noto gioco della nintendo)? Il bel principe che viene a baciarci per ridestarci dal sonno? Questi fari di luce che venivano a rischiarare le nostre notti buie! E noi lì, immobili, impassibili ad aspettare. Al massimo a farci crescere i capelli per aiutare l’eroe, o a filare come Betta. E non è questa una perpetuazione della concessione del potere all’uomo? Ebbene sì!

Uno dei principali miti dell’amore romantico, infatti, è la dicotomia tra il principe azzurro e la bella principessa che riflette la divisione rigidissima dei ruoli sessuali e di genere. Lui ha il potere d’azione, lei rappresenta il premio; lui è forte e coraggioso, lei è fragile e timorosa; lui è mascolino, lei femminile; lui è dominante e lei passiva. Questi stereotipi di femminilitá e mascolinitá stanno alla base dei problemi che affrontiamo nella vita di tutti i giorni e soprattutto quando veniamo a contatto con relazioni amorose. E questo perché é sbagliato, sebbene ci dia sicurezza, appiopparci delle etichette, ingabbiarci in determinati ruoli: tutt* siamo fragili e tutt* siamo forti, tutt* siamo delicati e tutt* siamo degli scaricatori/trici di porto! Questo mito della donna passiva da un lato tranquillizza l’uomo perché gli da il potere decisionale ma dall’altro tranquilliza anche la donna perché le da un modello da seguire per essere accettata nella societá, cioè quello di madre fedele. Lei non puó anelare alla libertá, che è prerogativa dell’uomo, deve solo sperare nell’amore! 

Nella intro del film “La verità è che non gli piaci abbastanza” si vede un bambino tirare le trecce a una bambina e la madre che giustifica tale comportamento dicendole: “lo fa perché gli piaci!”. Esticazzi signo’! E se non gli piaceva che faceva? Peró quelle bambine eravamo noi e ci abbiamo creduto, ci siamo fatte trattare male dai ragazzi perché accettavamo questi comportamenti “strani”: certo, so’ ragazzi, è così che si comportano i maschi! Eccolo la: uno degli stereotipi di genere, forse il piú pericoloso, che affligge le donne ma anche gli uomini in un certo senso. I maschi si sentono giustificati a comportarsi in maniera violenta e sprezzante per il boys will be boys, giustificazione pericolosissima, questa, che alimenta la cultura dello stupro. E se nn lo fanno, se non si comportanto con veemenza o passionalitá? Eh, in quel caso non sei un vero uomo, sei un po’ moscetto, non hai carattere eccetera. No, figlia/o mia/o, semplicemente è una persona normale. Questo discorso si ricollega al mito dell’amore romantico secondo il quale se è geloso/a è perché ti ama. Gli atti di gelosia sarebbero una prova d’amore, secondo il mito, quando invece sono solo comportamenti dettati dalla paura di perdere qualcosa che si reputa di propria possessione. Questa “giustificazione”, per cosí dire o “normalizzazione” degli atti di gelosia portano agli estremi di violenza e femminicidio. Quindi dato che l’uomo é portato a credere di avere il pieno potere decisionale sulla donna, se minacciato di perdere questo potere, è giustificato a comportarsi “da maschio”. 

Un altro mito dell’amore romantico coi quali siamo cresciut* è quello di Platone, reso celebre da “Tre uomini e una gamba” secondo il quale una persona è completa solamente se trova “l’altra metá“. Cioé da solo/a non vali niente, non sei completo/a. Questo mito, e il danno che ne deriva, ricade soprattutto sulla donna e se volete sapere perché è importante per la societá patriarcale e capitalistica che la donna non rimanga sola vi invito a leggere un altro mio post: “Ci vorrebbe una zitella“. 

Questi sono solo alcuni dei tanti miti dell’amore romantico, se volete parlare di altri, fatemelo sapere nei commenti! E intanto eccoci qua, a decostruire miti che racchiudono credenze e valori del romanticismo patriarcale al fine di comprenderne la non veridicitá e annullare le differenze di genere che ne derivano. È importante svelare la falsitá di queste idealizzazioni che da un lato ci fanno soffrire in quanto contrastano con la realtá e ci ingabbiano in ruoli preesistenti e dall’altro appiattiscono tutta la diversitá di relazioni che esistono per donne, uomini e transgender.

Questi miti amorosi creano delle aspettative smisurate che ovviamente vengono deluse causando dolori e impedendo la formazione di relazioni sane, in quanto sconosciute, visto che nessuno ce le racconta! E infatti servirebbe proprio questo: cambiare la narrazione! Raccontare storie di uomini e donne veri/e, di relazioni sane (con problemi, certo, niente è perfetto), cercando di snaturare quelle normalizzazioni nocive che ci raccontano i miti del patriarcato al fine di creare una società egualitaria

 

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