Boskov mi ha salvato

Scrivo questo articolo per sfinimento.
È qualcosa di viscerale, molto simile ad una scarica di diarrea impregnata di prìncipi (e princìpi) dai mille colori che si impegnano (ma forse no) a combattere draghi che probabilmente non sono poi tanto diversi da loro. Escono da favole raccontate, chissà quanto tempo prima, da un buco dei miei quasi quarant’anni, durante un riposino sul divano con accanto le mie due vere principesse. A loro, a queste due bimbe di tre e cinque anni, ho raccontato che lavoro nello spazio, semplicemente perché, lavorando per una commessa di una paytv satellitare da dodici lunghi anni, in un call center in outsourcer, ho un badge con un sole che spunta da un pianeta più o meno simile alla terra. In verità è vero: a volte premo un pulsante ed il comando inviato arriva fino alle stelle prima di ritornare sulla parabola del cliente per risolvere il problema, e non c’è, ad oggi, modo più evocativo di questo per parlare dell’azienda per la quale lavoro.

Per questo ho la nausea. Perché di tutto ciò, di Almaviva e della mancata applicazione del 24bis; della legge che dovrebbe tutelare questi “astronauti” con le cuffie; dei padri e della madri di famiglia, ho già scritto fino allo sfinimento. In un mio libro dissi che i contratti di solidarietà erano l’anticamera del licenziamento e che prima o poi, in un’attesa asfissiante, sarebbe arrivato il calcio in culo. Era il 2014, e da allora ho sempre chiesto ai sindacalisti perché non si fosse mai organizzato uno sciopero di settore incisivo, ma di questo ne parleremo dopo.

Intanto quel calcio è arrivato il 21 marzo 2016. Ha fatto male, richiamando in tanti pianti e stridori di denti biblici.
Quella mattina, guardando quel palazzone di vetro immerso nel Liberty della mia Palermo, un colpo al cuore l’ho avvertito anch’io. Forse può capirmi solo Gino Paoli, che una pallottola, tra le sistole del cuore, ce l’ha veramente… Insomma, non poteva essere vero. Rassicuravo i miei amici (come la chiami gente che vedi più dei tuoi parenti? Colleghi?), mi dicevo “Stai tranquillo, ci sono 75 giorni per trovare la quadra”. Ma nel frattempo, pensando ai colleghi (questi non li conosco proprio) albanesi, rumeni, serbi e slavi pagati tre euro l’ora, cominciava a montare una rabbia quasi xenofoba: delocalizzazione, licenziamento, fame.

Testa sempre sul cellulare: social, #iosonoalmaviva, liti furibonde, il tempo che passa, i sindacati, gli scioperi, i sit-in. Overflow, annebbiamento sociale, spirito critico di seconda mano… citazioni di un Gaber mai ascoltato. Partecipazione. Sindacato. Politica. Sindacato.
È in questa mia ricerca di verità a colpi di spirito critico che ho avuto una scarica violenta da rsu mal digerite. Nella mia crisi più nera, dopo aver smesso di credere ai princìpi di un sindacato “sano”, tra le mille voci che affollavano la mia mente ho poi scelto: Boskov. Lui mi ha salvato. Lui sarà la mia guida sindacale. Io domando, lui risponde e rassicura, e non chiede soldi che tu non hai in busta paga.
L’esempio è forse un po’ azzardato, ma almeno mi rallegra.
“Partita finisce quando arbitro fischia” uguale “La partita è lunga, ma risolveremo tutto”.
Meglio perdere una partita 6-0 che sei partite 1-0” uguale “Cds fino a novembre meglio del licenziamento. O no?”.
“Questa partita la possiamo vincere, perdere o pareggiare” uguale “Fate voi, c’è questo accordo. Insomma, è un po’ una merda, ma decidete voi”. Sì o no. Sì o no. Sì o no. Manco fosse una replica del Karaoke…

Lo sconforto è grande, ed io ho già vissuto quasi metà della mia vita… quindi basta cazzate. Qualcuno ha detto che la vita è un flipper ed è tutto un gran sbattimento di palle, ma bisogna tirarsi su, raccontare la favola di Riccioli d’Oro e dell’orsetto e poi rimboccarsi le maniche, lavarle con l’amuchina e scegliere. Scegliere di pensare, prendersi del tempo per leggere, informarsi e scrollarsi di dosso le stesse facce, la stessa politica, le stesse intenzioni. Sciopero serio, sciopero ad oltranza, sciopero contro tutto e tutti, appoggiati solo da una sigla piccola come la signora Minù; quattrocento euro investite in dignità e fanculo le pizze singole, mangeremo familiari in quattro… E fanculo il caffè al bar, solo alla macchinetta… Vabbè dai, la macchinetta no, magari uno ogni tanto al bar di Cristina. Perché, Cristina D’Avena Santa, la dignità, la mia dignità e quella di 3000 persone che rischiano di essere licenziate non si compra, non si vende, non si lascia da sola. La mia dignità vale più di un mandato. Più di uno “Stai tranquillo, facciamo il tavolo…” quando conti meno del due di mazze con la briscola a coppe. Meglio soli. Soli, brutti e cattivi. Soli, nella notte, con l’umidità che ti prende la cervicale e muori, anzi no, era solo un giramento di testa. Soli, in cerchio, a fare le ore piccole, quando la notte non è più giovane ma se la porta ancora bene e Gaber ha ancora un senso.

6 thoughts on “Boskov mi ha salvato

  1. Marco, io penso una cosa: state dando una lezione a chiunque in queste settimane. Ai sindacati, alle istituzioni e (ahimè) anche alle altre sedi, che sembrano guardare e attendere le vostre mosse. Palermo ha dimostrato di esserci, di non cadere nei giochi e nei tranelli studiati a tavolino da chi evidentemente non ha capito o non vuol capire che dietro a questo maledetto numero, 2988, si nascondono persone e famiglie le cui vite sono appese ad uno stipendio di 500 euro.

    State dando una lezione di dignità, di intelligenza e di coraggio a tutti. I momenti di sconforto sono più che legittimi, ma so che continuerete a combattere come avete sempre fatto e comunque andranno le cose, potrete essere fieri di voi stessi e delle vostre battaglie, specie di quelle “senza bandiere”.

  2. Ci vogliono stomaci forti. Grazie sonietta, mi mancano quei giorni al sesto piano, quando finchè c’era cds c’era speranza. Anche di Roma, almeno mi ricorderò dei sorrisi di tantissime valide persone.
    Non mollo ma sono stanco.

  3. Grazie Marco Giglio. È lo stato d’animo che più mi rappresenta in questa assurda vertenza in cui sono tutti responsabili eppure nessuno sembra averne responsabilità. Grazie perché questo tuo racconto mi calza bene.

  4. Ho immaginato durante la lettura e seguendo le notizie un mazzo di carne. Esatto: non di carTe, ma di carNe, tirata già sul piatto per una briscoletta tra un brindisi e l’altro de la noblesse.
    Mi fa paura tutto questo, come questa precarietà, questo non poter pensare al futuro. Neanche io posso pensare al MIO futuro in questo momento. E’ giusto? Non credo. Non lo è per nessuno.

    E poi penso: che cosa può essere più depressivo e schiantante?
    Ci vogliono soli, presentificati, senza slanci. Anche tu lo dici “meglio soli”. Abbrutiti, senza speranze, con l’idea di godere solo il presente perché futuro non ce n’è. E se futuro non ce n’è, perché lottare? Perché partecipare? Meglio godere e parlare dei nuovi tronisti. E’ un sistema complesso, ma questa è la cultura che stanno creando.

    Marco, puoi farcela. Tu, come me, come noi. Lotta, pensa, scrivi, mentalizza finché puoi, resta lucido, salvati anche da questo e parlaci della tua NUOVA casa.

    P.S.: Boskov però me lo devi spiegare.

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