1°: Non è stato un dramma.
Nel senso che, per mia fortuna, posso sfatare quella mitologia per cui “Se salti tu, va tutto a p******!”. Tutti vivi (e anche io alla fine), pupino sano e vispo come un pescetto, compagno ancora con i suoi capelli in testa e casa in-esplosa; pure gatti ok, addirittura un gatto extra ha riconosciuto che poteva venire agevolmente a cibarsi in casa nostra. Qualche momento di panico nottetempo, poiché il compagno, dopo aver sfamato il piccolo, non aveva può residui uditivi per avvedersi di me che cadevo nel tentativo di centrare il letto stonata dalla febbre a 39 da 3 giorni; comunque nulla di irrimediabile, solo una Emi fragorosamente accasciata sul comodino.
Devo dire che questa faccenda del “NON essere insostituibile”, se da qualche parte contiene un micro-dolorino narcisistico, dall’altra è un grande traguardo e insieme insegnamento di sopravvivenza e di collaborAzione anti-egocentrismi sacrificali: in casa nostra (tette a parte, anche se pupi ci prova pure col papino) i nostri compiti sono intercambiabili e delegabili, tata inclusa! Non ci sono ruoli rigidi – anche se ad Anto viene meglio alzare le casse d’acqua e a me fare i pensieri progettuali (e le relative liste) -, cosicché riusciamo a sopravvivere quando uno di noi viene fatto temporaneamente fuori dai virus o dagli impegni. Insomma: la festa della mamma è anche la festa del papà perché pure lui è un po’ mamma come io sono papino ed è così possibile vivere senza essere un supereroe e senza massacrarsi o farsi fuori di brutto!
Microfemminismi: rivoluzioni quotidiane
Iniziamo con le definizioni: i microfemminismi sono atti di consapevolezza quotidiana che scardinano gli automatismi del patriarcato. Sono delle pratiche giornaliere messe in atto attraverso comportamenti o linguaggio e capaci di produrre piccole crepe nelle strutture del sessismo radicalizzato. Certi comportamenti o parole vengono visti a volte come “esagerati” o stravaganti e il più delle volte ostracizzati e ridicolizzati. Soprattutto li in Italia, un paese tanto intriso di patriarcato che se vede peli sotto l’ascella di una donna si fa il segno della croce!
Il non depilarsi quando non se ne ha voglia, ad esempio, è un microfemminismo: non per forza dobbiamo essere sempre schiave degli standard di “bellezza” imposti. Non è una ribellione né un atto estremo (so’ quattro peli porca miseria) ma un gesto di consapevolezza, una presa di potere sul proprio corpo che, a quanto sembra, è ancora proprietà dell’uomo o meglio della società (che essendo patriarcale, è come dire che è proprietà dell’uomo).
Il mio microfemmismo preferito è quello di non spostarmi se sto camminando per strada e di fronte a me in direzione opposta viene un ragazzo/uomo. E se manco lui vedo che si sposta e rischiamo di venirci addosso, mi fermo e lo costringo a deviare. Non è un atto di maleducazione ma una rivendicazione degli spazi. Per troppo tempo ci siamo spostate per far passare gli uomini tanto che abbiamo fatto credere loro che lo spazio pubblico gli appartenesse. Ed in fondo è cosí: noi donne non possiamo andare in certi posti essendo al sicuro o senza rischiare machismi o violenze. Quindi non rompere le scatole, Giampiero, se sul marciapiede ti devi spostare tu! Continua a leggere
Spa(p)esati
E’ strano… di un’aria strana, che non si sa quanto mi appartenga e quanto no.
Mi riferisco a questo sentirsi orfani, in lutto, abbandonati.
C’è sicuramente una narrazione mainstream. Una di quelle che, se non ci stai un po’ attento, ti lasciano depresso sul ciglio della camera mortuaria ove centinaia di fedeli e non piangono uno degli ultimi aneliti di umanità fatta carne. L’agnello di Dio. Chiaramente sacrificatosi sulle braci o griglie o barbecue di questi giorni. Su questa, possiamo far finta di parlare solo (e facilmente, mainstream anche questo!) dei campi di guerra, ma invero parlo anche delle quotidiane barbarie di indifferenza che giacciono sotte le arrostute sfregolanti. …E non mi sto riferendo a principi di vegan-getarianesimo. Sto parlando direttamente dell’indifferenza nei confronti del dolore, dello stare insieme, dell’umanità che ci tocca il gomito in un qualunque supermercato. Come quel tizio col panino da pagare, maleducato, arrogante. Supera, forte del suo panino, ben 2 persone senza chiedere, senza gentilezza, né cortesia, rabbioso semmai per il mio appunto. Perché “essere umani in un mondo di umani” significa questo: essere gentili, vedersi in mezzo agli altri, non come un singleman che esiste solo lui, di per se stesso. Ovviamente, dalla cassa del mercato super si passa alle questioni politiche, alle politiche del mare & del mondo e a quelle papali, ad esempio.

Essere madre oggi #11 – “La mamma è ammalata!”
1°: Non è stato un dramma.Nel senso che, per mia fortuna, posso sfatare quella mitologia per cui “Se salti tu, va tutto a p******!”. Tutti vivi (e anche io alla fine), pupino sano e vispo come un pescetto, compagno ancora […]

Microfemminismi: rivoluzioni quotidiane
Iniziamo con le definizioni: i microfemminismi sono atti di consapevolezza quotidiana che scardinano gli automatismi del patriarcato. Sono delle pratiche giornaliere messe in atto attraverso comportamenti o linguaggio e capaci di produrre piccole crepe nelle strutture del sessismo radicalizzato. Certi […]

Spa(p)esati
E’ strano… di un’aria strana, che non si sa quanto mi appartenga e quanto no.Mi riferisco a questo sentirsi orfani, in lutto, abbandonati.C’è sicuramente una narrazione mainstream. Una di quelle che, se non ci stai un po’ attento, ti lasciano […]