Qualche giorno fa ho alzato gli occhi al cielo e mi sono fermato con lo sguardo su una scena.
Non per stanchezza, né per contemplazione spirituale.
Mi sono fermato perché un’immagine mi ha attraversato, con la semplicità con cui un sasso si immerge nell’acqua fresca di una polla: un tonfo, poi il silenzio, ma lasciando il segno del propagarsi delle onde.
Un cavo elettrico, sospeso tra due tralicci.
E sopra, come spartito vivente, una fila fittissima di uccelli, passeriformi ordinati, immobili, come note di in un pentagramma – pardon – un monogramma silenzioso. Tutto il cavo occupato. Nessuno lasciava uno spazio.
Mi sono chiesto: cos’è che li tiene lì, così compatti, così uniti?
La risposta è nota a chiunque abbia visto almeno una volta uno stormo in volo: è la forza del gruppo, il riflesso della specie che si protegge da sola. Se uno si alza per un pericolo, si alzano tutti, e nello stormo nessuno è preda più di un altro, solo una massa che confonde qualunque predatore. Nessun capobranco, nessuna gerarchia, nessuna gara.