Come uccelli sul filo: la generosità senza scopo

Qualche giorno fa ho alzato gli occhi al cielo e mi sono fermato con lo sguardo su una scena.
Non per stanchezza, né per contemplazione spirituale.
Mi sono fermato perché un’immagine mi ha attraversato, con la semplicità con cui un sasso si immerge nell’acqua fresca di una polla: un tonfo, poi il silenzio, ma lasciando il segno del propagarsi delle onde.

Un cavo elettrico, sospeso tra due tralicci.
E sopra, come spartito vivente, una fila fittissima di uccelli, passeriformi ordinati, immobili, come note di in un pentagramma – pardon – un monogramma silenzioso. Tutto il cavo occupato. Nessuno lasciava uno spazio.

Mi sono chiesto: cos’è che li tiene lì, così compatti, così uniti?
La risposta è nota a chiunque abbia visto almeno una volta uno stormo in volo: è la forza del gruppo, il riflesso della specie che si protegge da sola. Se uno si alza per un pericolo, si alzano tutti, e nello stormo nessuno è preda più di un altro, solo una massa che confonde qualunque predatore. Nessun capobranco, nessuna gerarchia, nessuna gara.

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Sono stata molestata per strada

Ebbene sí, da quello che è partito come un “semplice” catcalling si è passati ad una molestia vera e propria. E il tutto come mai? Perché il ragazzo che mi ha fatto catcalling si è preso una bella ramanzina e non ha saputo placare il suo orgoglio machista. 

Erano quasi le 2 del pomeriggio di un sabato a Siviglia. Immaginatevi la scena: fuori quasi 40 gradi, io che tornavo da una spedizione al centro commerciale con candele e ceramiche in saldo. Stringevo la mia shopping bag ben salda evitando di non farla sballonzolare tra una fiancata e una culata. Ero quasi arrivata a casa, attraversando calle Feria, una delle strade trafficate di Siviglia, piena di negozi, bar, supermercati eccetera. Passo sotto gli alberelli per trovare un po’ di refrigerio quando un ragazzo mi sorpassa sul marciapiede e dice qualcosa a voce alta che li per li non capii bene, riuscendo a percepire soltanto “culo” e “mamacita”. Mezza stordita per la fatica e il calore non ci ho neanche fatto caso, allorché il ragazzo si avvicina e mi fa “come ti chiami” (fosse stato palermitano avrebbe aggiunto un “fragola”). Allora li è quando si sveglia la mia vena sfanculatrice e inizio a redarguirlo dicendogli che non gli avrei detto il mio nome e chiedendogli se avesse fatto dei pareri sul mio culo pocanzi. Lui si fa piccolo e comincia a dire che no, lui stava solo parlando da solo. 

Arriviamo ad un punto dove c’è un baretto con un paio di uomini seduti agli sgabelli alti sul marciapiede, lui li saluta e io proseguo, svoltando l’angolo ed entrando in una stradina laterale che mi avrebbe portato a casa. Niente, già stavo incazzata ma fiera di avergliene dette quattro! Senonché ad un tratto me lo ritrovo di fianco a me camminando quasi a toccarmi e dicendomi qualcosa di osceno che non ho nemmeno capito (non parlava bene lo spagnolo). Continua a leggere

C’è un sonno strano

C’è un sonno
strano.

Divora le teste,
succhia le menti

forte
(più forte dei viddani coi gamberi o
i babbaluci a Santa Rusulia).

C’è un clima che
Mente:

Stiamo pieni
col “nulla che avanza”.

E’ il cavallo amico
del film,
di Picasso,

atterriva l’infanzia
e annegava
sparato.

Lui muore
o depista
o confonde,
(uguale
).

C’è l’incubo di Fussli,
il sonno della ragione,
l’angoscia senza nome,

C’è un Goya che truce ingoia.

C’è un mostro nei cervelli
bestiale
fracassa
petto,
ossa,

L’attacco di panico del mondo
(almeno).

____

Così dovremmo essere,
distrutti,
tremanti,

Così dovrebbe essere,
per ogni immagine di Gaza.

____

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C’è un sonno strano

C’è un sonnostrano. Divora le teste,succhia le menti forte(più forte dei viddani coi gamberi oi babbaluci a Santa Rusulia). C’è un clima cheMente: Stiamo pienicol “nulla che avanza”. E’ il cavallo amicodel film,di Picasso, atterriva l’infanziae annegavasparato. Lui muoreo depistao […]