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Apro il file “abattoir – articoling”; ad oggi, le pagine sono 199. Contengono citazioni che mi piacciono, storie, appunti, pezzi mai finiti. I cambiamenti di stili e di contenuti sono tanti… Importante chiedersi cosa rappresentino!

Dopo tutti questi anni, non mi vergogno di considerare Abattoir un osservatorio sociale, un telescopio/microscopio sul mondo che io e i miei compagni viviamo, che utilizziamo ed entro cui guardare indietro e a volte in avanti. Tramite esso ci confrontiamo da stati e nazioni diverse e facciamo entrare in conversazione i gruppi e i luoghi e le storie che frequentiamo. Tramite esso entro in dialogo con me stessa. Tramite esso, inoltre, mi rendo conto di come il mio mondo cambi e di come cambi io con lui e per lui.

Questo file e Abattoir stesso sono “i resti” (r)esistenti di quei blog che, nella loro epoca d’oro, erano mezzi di diffusione, di controinformazione ma soprattutto di informazione e di web activism. E che portavano alla pubblica condivisione pensieri che altrimenti non avrebbero nessuna “copertura” da parte dei media “ufficiali”.

Ecco quindi alcuni stralci di appunti, di pensieri, di riflessioni. Il loro posto è qui; questo è l’osservatorio, e forse oserei dire uno spazio più vicino a un’agorà di bacheche che si scorrono col pollicione automatico come le immagini delle slot machines e dove sempre più frequenti sono censure, polarizzazioni, bispensieri e il fine implicito(?) della profilazione-fine-vendita.

Chissà in voi altri questi frammenti cosa sollecitano —>

Sono state giornate furibonde
senza atti d’amore
senza calma di vento
solo passaggi e passaggi
passaggi di tempo”
(F. De André, Anime salve).

E’ così oggi si fantastica tutti di tornare facile al mitologico, idealizzato “prima”: prima della crisi, prima della pandemia. Ma “ prima” de che?!? Qui non è mica tutto uguale a prima! E poi prima non c’era un’altra crisi?!? Unni pigghiamu pu culu…

Visione antropocentrica.

La folla solitaria”.

Conflitto individuo-comunità.

Nei suoi vissuti più intimi e umani l’uomo contemporaneo appare disperso e incapace di comprendere tutto ciò che lo sovrasta e che quindi non può prevedere e controllare. Tutta la vita più personale gli appare caotica e disordinata: la malattia, la precarietà degli affetti, la morte appaiono come entità sempre più minacciose proprio perché non esiste una cultura in grado di elaborare e spiegare i contenuti più aggressivi dell’esistenza.”

Gli eventi di per sé non sono forniti di senso, essi semplicemente accadono; ma quanto tutto ciò è accettabile dall’uomo? Quanto di fronte ad un accadimento doloroso e irreparabile sappiamo accettare l’ineluttabilità e la naturalità? Per quanto tempo è possibile all’uomo non ritrovare una spiegazione, un senso e una collocazione agli eventi?”

Se avete preso per buone
le «verità» della televisione
anche se allora vi siete assolti
siete lo stesso coinvolti”
(F. De André, Canzone del maggio).

Se la tranquillità e la sicurezza fossero state godute da tutti nello stesso modo, la maggior parte degli esseri umani che sono di solito intorpiditi dalla povertà avrebbero appreso, invece, a leggere e a scrivere e, quel che è più importante, a pensare col proprio cervello: e una volta che fossero arrivati a far questo, non avrebbero tardato, prima o poi, a capire che la minoranza privilegiata non aveva alcuna reale funzione e avrebbero fatto in modo di scalzarla. Alla lunga, una società organizzata su basi gerarchiche era possibile soltanto sul fondamento della povertà e dell’ignoranza.” (G. Orwell)

Se c’è acqua e luce possono crescere sia il cactus sia l’edera, ma il giardiniere che non sa valutare le differenze tra le due piante non le porterà alla piena fioritura.

“È meglio una testa ben fatta che una testa ben piena”. Una “testa ben fatta”, che comporti “un’attitudine generale a porre e a trattare i problemi; principi organizzatori che permettano di collegare i saperi e di dare loro senso (E. Morin).

«Liquido» è il tipo di vita che si tende a vivere nella società liquido-moderna. Una società può essere definita «liquido-moderna» se le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure. Il carattere liquido della vita e quello della società si alimentano e si rafforzano a vicenda” (S. Bauman).

[…] la dimostrazione che il comportamento normale o folle e quello criminale non sono riportabili e riducibili alla sola situazione biologica del cervello o dei geni che ne organizzano la struttura,ma occorre aggiungervi anche una componente psicologica, legata alle esperienze del singolo e in modo particolare a quelle delle prime fasi della vita, l’infanzia, oltre a un terzo fattore dato dall’ambiente, cioè dal “luogo” in cui quei comportamenti si estrinsecano: ambiente inteso come luogo geografico, ma soprattutto come relazione.
La biologia è fondamentale, ma non diversamente dagli altri fattori: e solo la loro combinazione fa emergere il comportamento folle o delinquente. Tutti e tre i fattori hanno un peso, anche se diverso caso per caso, non tale tuttavia da attribuire a uno soltanto la determinazione meccanica, e dunque quel fatalismo che era alla base del credo lombrosiano.

L’inferno non è un destino futuro, ma una condizione presente dell’essere umano: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio” (I. Calvino). …Vivere adeguandosi, conformandosi o reincantare il mondo e coltivarne la meraviglia, imparando a riconoscerla, sforzandosi di darle spazio.

L’ideale e il reale si sono nuovamente ricomposti.
Davanti a noi c’è un solo mondo possibile, quello realmente esistente.

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