La regola dell’amico (di un amico mio)

social network graphs

Non c’è cosa più bella che parlare con persone provenienti da altri Paesi: non solo si ha l’opportunità di conoscere una cultura diversa dalla propria, ma si innesca un meccanismo di confronto che aiuta a maturare una consapevolezza della propria cultura.

Da una conversazione con una ragazza russa e una polacca ho riflettuto che a Palermo, per esempio, il concetto di amicizia è così vago che il termine amico viene applicato a chiunque tu abbia parlato almeno una volta. Nel resto del mondo al massimo li chiamano “conoscenti”.
Ma cosa è che spinge il palermitano a chiamare una qualsiasi persona abbia trovato simpatica “amico”? Scarsità lessicale? Facebook? No, facebook stavolta non c’entra, noi palermitani siamo tutti amici già prima di internet!

Il palermitano è una persona con un carattere caldo, facile ad entrare in rapporto empatico con il prossimo (ovvero prende confidenza facilmente) quindi facile a trovare nuovi amici, basta che la comunicazione vada a buon fine per potersi fidare, in fondo a noi basta “la parola” che è sempre “d’onore”, oppure se ancora ci dovessero essere resistenze, basta una stretta di mano e il patto di fiducia è fatto.

Inoltre questo rapporto di fiducia non è affatto effimero, affidato alla semplice etichetta d’amico, ma si tratta di una reale fiducia senza malizia che gode di proprietà transitiva e che probabilmente si rafforza, anziché indebolirsi, nel passaggio da un amico all’altro.  L’amico di secondo grado (l’amico dell’amico) è garantito dall’amico di primo grado (l’amico mio), e questa garanzia è degna di cieca fiducia cosicché l’amico dell’amico mio è pure amico mio, senza ombra di dubbio.

Ognuno è amico di qualcun altro e tutti abbiamo amici, per questo a Palermo non diffidiamo facilmente e campiamo tranquilli.

5 thoughts on “La regola dell’amico (di un amico mio)

  1. Lol
    Eh no, Dumbar continua a dire che l’uomo è capace di mantenere solo 150 amicizie vere (cioè di mantenere un rapporto di conoscenza e frequentazione).

    Per i palermitani bisognerebbe applicare una cosa che si dovrebbe applicare anche per l’analisi sociologica di facebook (cosa che ha detto anche Dumbar qualche mese fa…e il fatto che io la dicessi da un anno mi ha fatto rimpiangere di non averci scritto un articolo…)
    Le amicizie andrebbero divise per livelli di conoscenza, bisognerebbe dare un peso agli archi del grafo li sopra.
    Tralaltro applicando contemporaneamente la teoria degli amici degli amici e la teoria del “mondo piccolo” arriveremmo alla conclusione che i palermitani sono tutti amici, visto che probabilmente riusciremmo a costruire un grafo connesso di tutta Palermo che può essere percorso da un generico punto a un punto qualunque in 3 passaggi.

    Invece considerando la relazione di amicizia come pesata la relazione di “amico di amico” sarebbe quasi in logica fuzzy, probabilistica.

  2. Si campa così tranquilli. In effetti l’italiano non consta di un sostantivo breve e non offensivo per definire qualcuno “non amico”. Tale persona la posso chiamare “collega”, “compagno”, ma sono termini abbastanza riduttivi agli ambiti di loro appartenenza. Chissà se in futuro, prendendo spunto dal linguaggio internettiano, useremo “Contatto” per chiamare qualunque frequentazione non tanto intima. Ma l’avvento di Facebook rende diffice tale cambiamento, perchè coloro che ti aggiungono si chiamano proprio “Amici”.

    Dal “filologo” Gas per ora è tutto,
    Eh, sono solo ipotesi.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.