Rivolta all’italiana

Il popolo italiano non è certo campione di rivolte e/o rivoluzioni. I moti dell’Ottocento sono stati l’ultima reale dimostrazione di intolleranza verso l’oppressione, di qualunque natura fosse, e di desiderio di cambiamento radicale.
Probabilmente l’interesse per il miglioramento della propria condizione di vita, la voglia di rispedire nella fogna l’impettito dittatore (o che ambisce ad acquisire per meriti il titolo nei libri di storia), è inversamente proporzionale alla crescita economica dell’Italia. In parole povere, più le tasche e le pance si riempivano, più negli animi diminuiva il fervore rivoluzionario.
Non si può certo dire che oggi l’italiano navighi nella ricchezza, anzi. Però quello che ha al momento(programmi Mediaset inclusi) gli consente di non sentire dentro di sé  quel malcontento che in altri Paesi sfocia, quasi naturalmente, in sommosse più o meno riuscite.
Il Nordafrica si infiamma riuscendo a scacciare dittatori in carica da decenni. Maree umane per strada, giorno e notte. Non solo intellettuali sinistroidi, non solo giovani atteggiati a Che Guevara dei poveri. TUTTI hanno protestato. Perché lì tutti, operai e borghesi, devono realmente fare i conti con la mancanza di denaro e altri gravi problemi. In Italia si protesta sì, ma chi manifesta ha il portafoglio pieno, la casa di proprietà, un’ auto per ogni membro della famiglia e una reflex per immortalarsi con uno striscione in mano e condividere la foto su Facebook.

Un esempio meraviglioso di seria lotta contro il regime è stata la manifestazione affollatissima del Popolo Viola che si è svolta davanti al Teatro Massimo di Palermo il 12 febbraio scorso. A parte i cani randagi presenti, c’erano una quarantina di persone. I curiosi erano una trentina, attirati dal cane che sonnecchiava sullo striscione. Una ragazzetta urlava dentro un megafono frasi comprate in stock al mercato del finto comunista degli anni 2000.
Scopo della protesta: provocare le dimissioni del Premier con il rumore delle pentole percosse da mestoli.

E mentre Tripoli è al momento messa a ferro e fuoco, nonostante la dura repressione del maestro del Bunga Bunga, l’Italia aspetta il 6 aprile e commenta la finale di Sanremo.

Ma nel cuore degli italiani un fuoco arde di certo, ed è un’invidia latente: i vucumprà, capri espiatori per definizione della nostra società tollerante ed empatica, hanno organizzato la loro lotta per la libertà e hanno ottenuto risultati tangibili. Noi con le nostre manifestazioni organizzate per moda e con poca convinzione possiamo tutt’al più destare lo sdegno della Santanché. E qualche rutto di Umberto Bossi.

 
<<Coloro che sono inclini al compromesso non potranno mai fare una rivoluzione>>.
(Mustafa Kemal Ataturk)

4 thoughts on “Rivolta all’italiana

  1. Solo due appunti: la manifestazione dell’indomani ha riscosso un successo senza precedenti, coinvolgendo uomini e soprattutto donne di età diverse, estrazioni sociali diverse, e diverse appartenenze politiche (anche di destra!), e in tutta Italia.

    La seconda osservazione è che c’è un motivo per tutto. Non scoppia la rivolta perché le condizioni sono diverse, anche, e un barlume di giustizia ancora c’è.

    Io condivido gran parte di quello che hai scritto, ma penso anche che il prezzo della rivoluzione, fatta in quel modo, sono centinaia di morti. E non so quanti di noi sarebbero disposti a sacrificare la vita, e non averla indietro alla fine della rivoluzione.

  2. Manju lo so che la manifestazione dell’indomani ha riscosso successo, ma l’ha riscosso tra gli organizzatori e i partecipanti stessi. Nessuno si è sentito minacciato negli alti ranghi.

    Sono anche consapevole del fatto che in Italia le condizioni sono diverse e qui non ci sono motivazioni serie per insorgere, infatti l’ho detto.

    Io penso che una rivolta si possa fare anche senza versare una goccia di sangue, infatti non condivido il modo di marocchini, tunisini e compagnia di riprendersi la libertà. Nessun dittatore vale la vita di un cittadino.
    Dico solo che in un modo o in un altro, nelle altre nazioni le proteste hanno forti ripercussioni mentre qui no.

  3. Il punto è che qui puoi fare una manifestazione con due milioni di persone e non ti rispondono con l’esercito (se non prendiamo in considerazione certe risposte estreme della polizia), lì la manifestazione è rivolta, e viene repressa nel sangue.

    comunque non volevo sminuire né criticare quanto detto da te, solo aggiungere mie sfumature di significato.

    <3

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