T-shirtità

«L’abito non fa il monaco» o «un libro non si giudica dalla copertina» sono modi di dire nella lingua italiana che ci mettono in guardia della possibile discordanza tra apparenza ed essenza. Un frutto che ci appare bello dal suo colore e dalla sua lucidità può rivelarsi un frutto poco saporito e ricoperto di cera per farlo brillare ai nostri occhi, così vale letteralmente per i libri che possono avere copertine che non rimandano al contenuto del testo.

Applicare questo concetto sulle persone è quasi un modo di fare quotidiano, tanto da creare pregiudizi opposti che ci portano a diffidare dall’apparenza, ovvero dal diffidare (per seguire l’immagine che ci dà l’usuale modo di dire) da chi porta il saio, pensando che sotto sotto potrebbe non essere un vero monaco. Facciamo questo, forse, per le troppe delusioni prese nella vita da persone ipocrite che si sono avvolte in mantelli che occultavano le loro forme reali.

Nonostante  ciò, se lasciamo la malizia un attimo da parte, l’apparenza rivela già qualcosa di vero e perlomeno aiuta scoprire anche in senso negativo qual è la verità. Normalmente chi indossa il saio è veramente un monaco e, se non lo fosse, ciò si paleserebbe al primo tradimento.

Il nostro vivere quotidiano ci insegna che il nostro modo di vestire, per lo più e quando possibile, deve far apparire (nel senso di esprimere) il nostro modo di essere: eleganti, attenti ai dettagli e ordinati; trasandati, disordinati e spontanei; sportivi e dinamici e quanti altri stili riusciamo a ritagliare.

Il capo d’abbigliamento più emblematico è la T-shirt sulla quale spesso è stampato qualcosa di comunicativo, che sia uno smile che non indosseremmo mai in un momento di tristezza, o il nostro cartoon preferito o le nostre idee politiche. L’intuizione della identità-maglietta continua ad avere negli ultimi 40 anni circa un valore incredibile, infatti cerchiamo sempre delle magliettine che esprimano la nostra persona, siamo disposti a pagarla qualcosa in più rispetto alle magliette che normalmente compriamo, dall’altra parte quindi cercheranno di disegnare magliette che rispecchino categorie di personalità (dovendo produrre in massa e non su misura).
La T-shirt inoltre è diventato il merchandising più comune per chi vuole fare attività di promozione o, per le associazioni, autofinanziamento.
Io per esempio ho diverse magliette in cui compare la figura, in diversi stili e in diverse forme, la bicicletta, comprate, ricevute in dono o scambiate con altri ciclisti oppure  altre che rimandano a quell’underground nerd-hacker dei partecipanti ai Linux Day.

Vi lascio con due domande: quale T-shirt ti rappresenta di più? indossereste una T-shirt Abattoir? Chissà che non venga fuori prima o poi!

3 thoughts on “T-shirtità

  1. In fondo il pregiudizio è una forma di euristica… ci permette di giudicare molto in fretta e spesso in maniera corretta ( se l’euristica ha una sua base statistica)

    Io sono un fan delle camice però…

  2. W le t-shirt! Io normalmente preferisco senza stampe (perché le mie tette ne deformerebbero l’immagine o la scritta! ahahahah) Però le accompagno con collane colorate o “sciarpine” allegre! :)

    p.s.
    La t-shirt Abattoir.it sarebbe un ottima pubblicità! .O. sei un genio!

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