Non delegare, lotta!

Non delegare, non lasciare che sia un altro a decidere per te, sii tu protagonista della tua vita, lotta!
In ambiente anarchico o autonomo questo slogan viene declinato però in un senso che non mi convince, tale senso è espresso anche nella sua variante “Non votare, lotta!”.

Il voto è, a mio avviso, uno strumento per la lotta nel contesto della democrazia, in cui tutti siamo chiamati ad esprimerci in merito a qualcosa o qualcuno. Un’analisi approfondita del voto democratico scopre una contraddizione, che però non giustifica la seconda versione dello slogan e che è più  che altro una critica alla democrazia in generale piuttosto che al voto in sé.

Il voto che conta, solitamente, è quello che ottiene la maggioranza, ignorando le altre posizioni espresse sempre mediante il voto, imponendo il volere dei più rispetto a quello delle minoranze, al di là delle loro ragioni.

Nel sistema democratico attuale la forma di partecipazione maggiore del popolo si esprime con il voto e, senza voler capovolgere lo stato attuale, questa forma di partecipazione non deve essere esclusa.

Altra forme di lotta o di partecipazione alla vita sociale e politica della propria comunità è quella di associarsi con un obiettivo sociale da perseguire; per esempio, fare parte del WWF per me è una forma di lotta in cui ci unisce per salvaguardare l’ambiente e si fa di tutto per difenderlo.
Ognuno nel suo piccolo può, con piccoli gesti quotidiani, partecipare al cambiamento della società in cui vive, partendo da se stesso verso un futuro migliore: dall’andare in bicicletta alla raccolta differenziata, per fare altri esempi.
Non è necessario delegare qualcun altro per migliorare la nostra società. Non è giusto aspettare che decida sempre qualcun altro per noi.
In una comunità complessa quale può essere una città, la delega di una persona che si assuma la responsabilità di coordinare lo sviluppo della comunità, in una dinamica dialettica con i suoi oppositori politici minoritari, è alquanto auspicabile per la praticità con cui si deve fare politica. Ciò, tuttavia, non significa mai che, una volta delegato qualcuno alla cura della nostra città, si possa poi in primis trascurarla. Anche il delegato deve avere continuo sostegno dalle persone che rappresenta, altrimenti si sentirà vano.

Il voto, quindi, è una responsabilità. Il voto è una responsabilità anche nel caso in cui si voti per un referendum oltre che un amministratore. Infatti, bisogna sempre essere coscienti che il proprio voto, unito agli altri, raggiungendo la maggioranza, sarà decisivo per l’intera comunità e per gli anni a venire, pertanto coscienti di questa responsabilità bisognerà guardarsi bene dal non cercare l’utile per noi qui e adesso ma gettare l’occhio più in là, nel futuro. Votare è un dovere morale.

Il voto è innegabilmente un diritto di ogni cittadino, e in particolare è il suo diritto ad esprimere con questo mezzo la sua libertà di pensiero sui temi che riguardano la collettività. In alcune democrazie, l’uso dell’interrogazione popolare (referendum) è prassi, non solo per abrogare le leggi oligarchicamente decise, ma anche pervotare leggi proposte. Per un livello così alto di democrazia è necessaria una coscienza della popolazione che ancora oggi agli italiani non viene riconosciuta.

Gli italiani, indigeni e oriundi, tra qualche giorno saranno chiamati a partecipare alla vita politica del Paese per la decisione del suo futuro morale, economico e ambientale.
Non perdiamo questa occasione.

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