Dei rifugi e delle pene

Arriva l’estate e con lei si presenta la consueta vagonata di cucciolate, cani abbandonati, destinati ad una fine orribile. Siamo al Sud, dunque ancora in molti luoghi vige l’usanza di trattare gli animali come oggetti. E anche quando qualcuno si esimesse dal gettare Fido dal finestrino della macchina in corsa, non avrebbe neanche la possibilità di lasciarlo in un rifugio, dove quantomeno avrebbe chi si occupa di lui. Il dolore per l’abbandono che proverebbe quel povero criaturo sarebbe ugualmente inimmaginabile, tuttavia avrebbe vitto, alloggio e una vita vissuta da quel momento in avanti nella speranza di un’adozione. Questo accadrebbe qualora il Comune di Palermo provvedesse all’apertura e al finanziamento di centri, di rifugi, dove un cittadino che trova per strada un gattino con un occhio penzoloni e l’altro inesistente può portarlo, senza dovere convivere con il rimorso di essere stato costretto a lasciarlo dove l’aveva trovato perché non può portarselo a casa per vari comprensibili motivi.
A Palermo, ci sono associazioni, pseudo-rifugi rigorosamente non a norma di legge, con tanti volontari che si fanno in quattro ma che sono sempre lì a dover fare i conti con lo sfratto che umanamente dona loro il Comune o con la penuria di fondi per comprare medicine, cibo e quant’altro. Inutile dire che queste strutture sono al collasso, sovraffollate e possono contare per lo più sull’aiuto dei privati cittadini.
Ma cosa accade se malauguratamente il tuo occhio sempre vigile sul ciglio della strada o fra le macchine di un parcheggio si imbattesse in una cucciolata di micini piuttosto mal ridotta? Ci sono due opzioni: con il cuore divenuto polpetta, giri lo sguardo e continui la tua vita come se niente fosse, perché sai che dovrai occupartene tu, dato che la gentilissima signora che gestisce il gattile sito nella zona di Boccadifalco (Palermo), quando la chiamerai, prima ti scambierà per un disturbatore, poi ti chiederà dei soldi e poi ti manderà a quel paese dicendoti che non se li può prendere. La seconda opzione è provare a nutrirli per quanto ti è possibile, con il sollievo che almeno moriranno avendo ricevuto almeno un po’ d’affetto nella loro breve vita e con il pancino pieno.
Stessa tipologia di situazione però si presenta in una cittadina in provincia di Modena: una sera di pioggia trovi un gattino piccolissimo, solo e malridotto. Non puoi portarlo a casa perché non hai lo spazio, hai già altri animali, non hai risorse economiche sufficienti. Componi un semplice numero di telefono e arrivano subito quelli del soccorso animali che lo prendono e provvederanno a curarlo per poi farlo adottare.
Molta gente riesce a fare finta di nulla, perché troppo presa dai problemi umani, perché “picchì un piensanu ai picciriddi?“, perché forse crede che gli animali non soffrano. Perché non riesce a vedere la paura nel cuore di un gattino grande quanto la tua mano, che si difende rizzando il pelo e soffiando per apparire terrificante. C’è invece chi  non riesce a voltarsi dall’altra parte senza sentirsi una persona orribile e compra latte in polvere, croccantini e medicine per provare a salvare il salvabile, rincorrendoli per strada e rischiando l’internamento in neuropsichiatria.
Poi contatti le associazioni che per aiutarti non ti aiutano, però ti consigliano di iscrivere la colonia alla ASL a tuo nome, così il condominio fa il culo a te che per legge avresti poi dei doveri in quanto responsabile della colonia. Provare a far capire a queste persone che tu non vuoi occuparti della colonia perché non hai tempo manco per portare i tuoi animali dal veterinario, che vuoi solo che qualcuno che può, che ha le strutture, tolga dalla strada e da un destino infame questi gattini indifesi, è come fare capire a Silvio che il suo canto del cigno è finito da circa mezzo secolo.  O furbamente ti dicono: “Bene, fai sterilizzare la madre” – “Ma io ho detto che non posso tenerla a casa per la convalescenza. Senza contare che è un gatto randagio inavvicinabile.” – “Allora dai il biberon ai gattini.” – “San Domenico dello zucchero filato, ho detto che sono al di là di un’inferriata, non si avvicinano e io non posso entrare perché è proprietà privata” – “Allora chiama la dottoressa della ASL che verrà a visitare la colonia…” – “Porco Giuda, ho detto che non c’è una colonia!! Dovete solo salvare quei 3 gattini!” – “Allora non sei una vera animalista”. Allora S***!
Benché sia sotto gli occhi di tutti il fatto che le associazioni sono poche, con pochi mezzi e quant’altro, ciò non toglie che se  si chiamano “SOS CANI E GATTI” sto soccorso lo debbano dare comunque. Altrimenti non ha senso.

Così ogni anno la storia si ripete. E in questa eterna lotta contro la natura crudele e spietata, c’è chi rischia, come me, secchi di olio bollente dai balconi, linciaggi e ricoveri nei reparti di malattie mentali. Se poi i gatti a cui dai da mangiare o di cui cerchi di salvare i cuccioli sono neri come la notte, beh, è inutile dire che a Palermo entri meritatamente nella lista di quelli da bruciare sul rogo in caso di ritorno della Santa Inquisizione.

One thought on “Dei rifugi e delle pene

  1. Le “gattare” nei condomini nascono proprio per una mancanza di istituzioni, o associazioni, capaci di curare, tenere, sterilizzare, rendere adottabili dei gatti o dei cani. Altro problema è l’educazione del proprio animale. Guardo spesso Dog Whisperer, uno psicologo per cani. I cani in questione sofftono di una serie di patologie psciologiche nonostante la loro “semplicità” animale. Basta poco per rimetterli in sesto da manie come ruotare continuamente cercando di mangiare le propria coda”, azzannare skateboard, tubi e scarpe, abbaiare di continuo, cercare di mangiare il postino… ma così com’è difficile fare i genitori (e di genitori falliti ce ne sono tanti in giro), è difficile fare i padroni, si fanno un sacco di errori, si mostra polso solo troppo tardi e in modo troppo blando… e si finisce per odiare il proprio animale, abbandonarlo nei peggiori dei casi. Spesso non si pensa che un animale in casa costa, necessita cure mediche che costano ancora di più, arriva l’estate e devi organizzarti, che un animale ha un proprio carattere, a volte incompatibile col tuo, che ha delle esigenze e necessita attenzioni, che prima o poi muore, prima di te, che vedrai soffrirlo. Appare evidente che non è un giocattolo. Adottare un cucciolo (meglio di comprarlo) è una importante scelta, che ti condiziona per tanti anni (anche 15 per un cane e 20 per un gatto).

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